"Non l’amore che sale, ma quello che scende; non quello che prende, ma quello che dona; non quello che appare, ma quello che si nasconde". É questa la carità secondo Papa Francesco che nella udienza generale di oggi ha parlato di carità, cioè di amore. Non quello che "anche ai nostri giorni l’amore è sulla bocca di tanti “influencer” e nei ritornelli di tante canzoni. “Ma l’altro amore”".

E come San Paolo il Papa pensa che il rischio è che "si faccia confusione e che della virtù teologale, quella che ci viene solo da Dio, in realtà non ci sia alcuna traccia" in quello che viene definito amore. " E se anche a parole tutti assicurano di essere brave persone, di voler bene alla propria famiglia e ai propri amici, in realtà dell’amore di Dio sanno ben poco".

Poi ricorda che ci sono tanti tipi di amore "agape" e non solo "ma c’è un amore più grande, che proviene da Dio e si indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, e ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio. Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l’amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. È l’amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Questo è “teologale”, cioè viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi". Amate i vostri nemici, ripete il Papa, mentre noi chiacchieriamo contro i nemici.

L'amore come virtù teologale, spiega il Papa " è un amore difficile, anzi impossibile da praticare se non si vive in Dio. La nostra natura umana ci fa amare spontaneamente ciò che è buono e bello. In nome di un ideale o di un grande affetto possiamo anche essere generosi e compiere atti eroici. Ma l’amore di Dio va oltre questi criteri. L’amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono, e quanto amore ci vuole per perdonare benedice quelli che maledicono. E noi siamo abituati a rispondere agli insulti e alle maledizioni. È un amore così ardito da sembrare quasi impossibile, eppure è la sola cosa che resterà di noi. È la “porta stretta” attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché alla sera della vita non saremo giudicati sull’amore generico, ma proprio sulla carità, sull'amore che noi abbiamo avuto in concreto".