Il 3 maggio, il Generale. Constantino Guveya Dominic Nyikadzino Chiwenga, Vice Presidente della Repubblica dello Zimbabwe, è stato ricevuto in Segreteria di Stato da Sua Eccellenza Mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali.
Secondo un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, “nel corso dei cordiali colloqui, sono state rilevate le buone relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica dello Zimbabwe, e ci si è soffermati su alcuni aspetti della situazione politica e socio- economica del Paese, specialmente sulla collaborazione con la Chiesa locale nell’ambito dell’istruzione e della sanità”.
Inoltre, “vi è stato anche uno scambio di opinioni su temi di carattere regionale e internazionale, rilevando l’importanza di promuovere il dialogo e la riconciliazione tra i popoli”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a New York, il ricordo di Papa Francesco
Il 29 aprile, presso la sede delle Nazioni Unite a New York, c’è stata una assemblea plenaria speciale in onore di Papa Francesco.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha ringraziato il presidente dell’Assemblea Generale e il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha partecipato ai funerali di Papa Francesco.
Il nunzio ha messo in luce l’impegno di Papa Francesco per la giustizia sociale, la dignità umana e la pace, e il suo supporto al multilateralismo. In particolare, l’arcivescovo Caccia ha ricordato tre momenti particolari: il discorso che Papa Francesco ha tenuto di fronte all’assemblea generaled elle Nazioni Unite nel 2015, la sua dichiarazione congiunta con il segretario generale nel 2020, e la preghiera della statio orbis durante la pandemia del COVID nel 2019.
L’arcivescovo Caccia ha anche notato come Papa Francesco abbia supportato il dialogo, la dignità umana e la fraternità, e ha enfatizzato l’urgente bisogno di superare quella che h a chiamato “globalizzazione dell’indifferenza”, cercando di “ripristinare la dignità per chi soffre e di costruire una società degna di questo nome”.
In particolare, l’Osservatore della Santa Sede ha chiesto a tutti I presenti di portare l’eredità di Papa Francesco come pellegrini di speranza, e di riscoprire lo spirito fondativo delle Nazioni Unite per costruire un futuro di unità, dignità e speranza.
La Santa Sede all’ONU di New York, la conferenza sul trattato di non proliferazione nucleare
Il 29 aprile, si è tenuto al Palazzo di Vetro di New York un dibattito del Terzo Comitato Preparatorio della Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione di Armi Nucleari, che si terrà nel 2026.
L’arcivescovo Caccia ha notato che, di fronte alla preoccupazione per un diffuso riarmo, l’espansione e la modernizzazione degli arsenali, in un clima deteriorante di mancanza di fiducia e minacce, c’è bisogno che la comunità internazionale abbandoni la logica della paura e abbracci un disarmo globale.
Caccia ha messo in luce la crescente instabilità che minaccia la pace e la sicurezza internazionali, e ha chiesto l’eliminazione totale delle armi nucleari. Allo stesso tempo, ha Chiesto agli stati dotati di armi nucleari di rispettare i loro obblighi all’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione.
Secondo l’arcivescovo, c’è un imperativo morale di reindirizzare le spese militari verso uno sviluppo pacifico. Caccia, sulla scia di Paolo VI e anche di Papa Francesco, ha proposto la creazione di un fondo globale per combattere la fame e la povertà, e ha incoraggiato a continuare il dialogo tra il Trattato di Non Proliferazione e il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, perché un mondo “libero dalle armi nucleari è non solo necessario, ma raggiungibile”. FOCUS AMERICA
Brian Burch passa il primo esame per diventare ambasciatore USA presso la Santa Sede
Un passo avanti verso la nomina ufficiale di Brian Burch come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Il comitato per le Relazioni Estere del Senato Usa ha votato lo scorso 30 aprile in favore della nomina, con 12 voti a favore e 10 contro. Ora, il leader della maggioranza del Senato John Thun dovrà redigere una mozione per chiudere il dibattitto, e ci sarà un voto finale, generalmente due ore dopo quella mozione.
Una volta arrivata la conferma del Senato, Burch potrà dunque prendere il suo posto come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Presenterà le sue lettere credenziali al Papa che sarà eletto nel prossimo conclave, e sarà probabilmente uno dei primi ambasciatori a farlo.
FOCUS CINA
Due vescovi nominati in Cina nonostante la sede vacante
Probabilmente tutto era già stato deciso, e c’era la doppia approvazione nel quadro dell’accordo tra Cina e Santa Sede nella nomina dei vescovi, ma colpisce la tempistica con cui Pechino abbia annunciato nei giorni scorsi la nomina di due nuovi vescovi, formalmente, secondo gli annunci, eletti dai membri locali della Associazione Patriottica, l’organismo governativo cui Pechino vuole che tutti i preti siano iscritti. Queste “elezioni” avrebbero preso luogo il 28 e 29 aprile.
Secondo AsiaNews, il 28 aprile è stato “eletto” padre Wu Jianlin come ausiliare della Diocesi di Shanghai, di cui era vicario generale. Vescovo di Shanghai è Giuseppe Shen Bin, nominato dal Partito Comunista Cinese – era secondo loro formalmente un trasferimento dalla diocesi di Haimen – e poi “sanato” come vescovo ufficiale alla guida della diocesi da Papa Francesco. L’ausiliare, tuttavia, rimaneva Thaddeus Ma Daqin, che dal 2012, da quando aveva deciso di uscire dall’Associazione Patriottica perché considerava la sua presenza incompatibile con il suo episcopato, è agli arresti domiciliari.
Il 29 aprile, invece, è stata la volta dell’elezione di Padre Li Janlin come ausiliare della diocesi di Xinxiang.
Sebbene ci sia un accordo sulla nomina dei vescovi, la decisione del Partito Comunista Cinese di nominare due nuovi ausiliari durante la sede vacante è degno di nota, anche perché, senza il Papa, non c’è possibilità per la Chiesa di approvare candidati all’episcopato, una scelta che spetta solo al Papa.
La mossa, dunque, testimonia anche il peso che la Cina dà alla relazione con il Papa. Non sono stati resi noti i dettagli dell’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi, ma è evidente che ogni nomina deve essere discussa su un canale tra Pechino e Santa Sede e che solo dopo l’approvazione del Papa la nomina può essere pubblicata. Dato che si è in sede vacante, questo tipo di interlocuzioni non possono avere luogo.
In generale, la serie di nomine episcopali che hanno avuto luogo in Cina nel periodo del rinnovo dall’accordo che va dal 2022 al 2024 hanno messo in luce come Pechino abbia sempre più anticipato le mosse del Vaticano, a volte annunciando la nomina dei nuovi vescovi prima del bollettino ufficiale della Santa Sede.
Il tema dei rapporti con la Cina sarà cruciale durante le Congregazioni generali, e colpirà in particolare il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano che ha favorito l’accordo – era stato anche tra i fautori dell’accordo con il Vietnam – e che lo scorso gennaio aveva sottolineato che l’accordo “stesse portando frutti”. A onor del vero, Parolin aveva anche fatto sapere, ai tempi del terzo rinnovo dell’accordo nel 2022, di essere dell’idea di dover cambiare alcune parti dell’accordo, cosa che però non era successa anche su input del Papa.
Finora, il tema della Cina non è occorso nelle congregazioni generali. Il Cardinale Jopseh Zen, vescovo emerito di Hong Kong, ha preso la parola alle congregazioni generali del 30 aprile, ma non ha toccato la questione della Cina. In passato, non ha mancato di esprimersi con toni critici sull’accordo, lamentando “l’incredibile tradimento” dei cattolici cinesi che il Vaticano avrebbe “venduto”.
Secondo i rapport annuali della Commissione Esecutiva del Congresso USA sulla Cina, dopo l’accordo sarebbe cresciuta religiosa in Cina.
FOCUS EUROPA
Bielorussia, parla il nuovo ambasciatore residente presso la Santa Sede
Yuri Ambrazovich sarà il primo ambasciatore residente di Bielorussia presso la Santa Sede. Presente ai funerali di Papa Francesco il 26 aprile, ha sottolineato in una intervista con l’agenzia bielorussa Belta il senso di aprire una ambasciata residente in Vaticano, dopo che per anni il rappresentante di Minsk presso la Santa Sede era distaccato presso il ministero degli Esteri.
"La politica estera della Bielorussia – ha detto Ambrazovich è esclusivamente pacifica e un obiettivo importante è stringere amicizie e, attraverso le proprie capacità, difendere gli interessi nazionali, anche nell'ambito del commercio estero e dell'attrazione di investimenti esteri. In questo contesto, il Vaticano e il Papa hanno personalmente un'enorme autorità nel mondo e un'influenza significativa sulla società e sulle élite di numerosi stati, dove la religione cattolica ha tradizionalmente avuto una profonda influenza sulla mentalità, sulla visione del mondo delle persone e sui valori umani. Questi valori sono tradizionalmente in linea con i valori della società bielorussa".
Spiegando il motivo dell’apertura dell’ambasciata bielorussa a Roma, Ambrazovich ha detto che “centinaia di milioni di persone nel mondo si identificano con i cattolici, con la religione cattolica. Un numero ancora maggiore di persone ascolta ciò che accade in Vaticano, ciò che dice il Papa. E queste persone sono guidate dai valori che tradizionalmente intendiamo per noi: la famiglia e molti altri valori importanti, accettati nella cultura cristiana generale”.
Per questo, ha detto, la Bielorussia crede che creando una ambasciata residente ritiene che “rafforzerà le nostre posizioni negli stati dell'America Latina, dell'Africa e rafforzerà anche le nostre posizioni in relazione al lavoro con le élite pubbliche, le élite statali degli stati europei e degli stati nordamericani nella parte in cui la religione cattolica ha l'opportunità di influenzare i loro approcci”.
FOCUS AFRICA
La nunziatura in Sudafrica ricorda Papa Francesco
Alla morte di Papa Francesco, le nunziature apostoliche, secondo l’usanza, espongono un libro di condoglianze. Si è fatto così anche alla nunziatura di Pretoria, Sudafrica, dove, tra il 23 e il 24 aprile, si è persino formata una coda per firmare il libro di condoglianze.
Racconta l’arcivescovo Henryk Jagodziński, nunzio in Sudafrica, che gli ambasciatori “durante i colloqui, ricordavano i loro incontri con Papa Francesco: la sua cordialità, semplicità e l'eccezionale capacità di avvicinare le persone. Raccontavano anche del lutto nazionale proclamato nei loro Paesi come segno di rispetto per il defunto Santo Padre”.
In rappresentanza del governo della Repubblica Sudafricana, il Vice Ministro degli Affari Esteri, lvin Botes, ha reso omaggio al Papa con la sua presenza e una firma nel Libro delle Condoglianze.
La messa per il corpo diplomatico a Pretoria si è celebrata in concomitanza con i funerali del Santo Padre a Roma, il 26 aprile, anche se la decisione era stata presa precedentemente al momento in cui è stata fissata la data dei funerali a Roma.
La Messa si è tenuto alla parrocchia di San Pio X a Pretoria. “Alla sinistra del presbiterio – racconta il nunzio - collocammo il ritratto di Papa Francesco — semplice ma eloquente segno della presenza di colui che, con il cuore e la preghiera, aveva unito persone di tante nazioni e confessioni. Fiori, candele e preghiere si intrecciavano in un unico grande inno di ringraziamento per la vita e il pontificato del Papa della pace e della misericordia. L’accompagnamento musicale fu curato dalla comunità Koinonia di San Giovanni Battista, il cui superiore, padre Michał Wojciechowski, concelebrò la Messa”.
L’arcivescovo di Pretoria Dabula Mpako ha tenuto una omelia, e il viceministro Botes ha espresso non solo profondo rispetto per Papa Francesco, ma anche solidarietà con la comunità cattolica, parte viva e integrante della nazione sudafricana. La sua presenza onorò sia la memoria del Santo Padre che i profondi legami di amicizia tra la Santa Sede e la Repubblica del Sudafrica”.
Il nunzio ha tenuto un discorso alla fine della Messa, rivolgendo “rivolsi parole di sincera gratitudine e commozione ai presenti”, e ricordando anche “il legame personale con Papa Francesco, sottolineando che fu proprio lui a nominarmi vescovo e a inviarmi in missione in Sudafrica”.