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In Polonia di Tusk si vuole intimidire le voci pro-life

Spettacolare arresto di un sacerdote che critica il medico abortista

L'arcidiocesi di Przemyska |  | pd L'arcidiocesi di Przemyska | | pd

La Polonia è stata scossa da un fatto gravissimo: all'ospedale di Oleśnica è stato ucciso con un'iniezione di cloruro di potassio nel cuore un bambino (con il nome di fantasia Felek) alla 37a settimana di gravidanza che era pronto per nascere! “La colpa” del bimbo che sarebbe in grado di sopravvivere fuori dal corpo della madre è la diagnosi di osteogenesi imperfetta. Alla madre di Felek è stata offerta la possibilità di partorire il bambino con un taglio cesareo per poi offrirgli assistenza medica specialistica. Ovviamente la madre poteva farlo in anonimato e lasciare il bambino per l’adozione. Ma su sollecitazione degli attivisti pro-aborto, lei ha rifiutato tale soluzione e si è recata all'ospedale di Oleśnica, dove una ginecologa abortista, Gizela Jagielska, ha effettuato un aborto, anche se in questo caso bisognerebbe parlare piuttosto di omicidio.

L’opinione pubblica polacca è stata scossa da questo fatto gravissimo e la gente esprimeva il suo sdegno anche nei media sociali. Tra coloro che non sono rimasti indifferenti a questo brutale omicidio c'è stato anche don Grzegorz della diocesi di Przemyśl, che ha inviato una e-mail indirizzato all’ospedale di Jagielska esprimendo la sua indignazione. Per questo è stato arrestato e trasportato dall’altra parte della Polonia per essere interrogato a Oleśnica dove lavora la dottoressa abortista.

I dettagli dell’arresto sono scioccanti. Il 22 aprile, il giorno dopo Pasqua don Grzegorz, affetto di bronchite e molto stanco dopo l'intenso Triduo pasquale, ha fatto la visita a sua madre e sorella. Quando il sacerdote è ripartito, verso le ore 15,00 alla casa dei familiari si sono presentati tre uomini in abiti civili chiedendo se il “signor Grzegorz” fosse in casa. Quando hanno saputo che il sacerdote è ripartito per la città dove lavora, hanno chiesto alla sorella di richiamarlo subito e hanno iniziato a perquisire la casa alla ricerca di apparecchi elettronici. Per la madre di don Grzegorz, una donna anziana ed ammalata, è stato uno shock.

Quando è tornato il sacerdote ha sentito le accuse: la sua e-mail inviata all'ospedale di Oleśnica era stata recepita come contenente minacce criminali contro Gizela Jagielska. A tali accuse don Grzegorz ha risposto che aveva scritto la verità, perché il ginecologo aveva ucciso il bambino che era sotto il cuore della madre.

La polizia ha perquisito anche la sua parrocchia: il parroco ha dovuto consegnare il computer del fratello.

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Il sacerdote ha trascorso la notte tra il 22 e il 23 aprile alla stazione di polizia di Krosno in una cella di detenzione. Pregava tutta la notte. Il giorno successivo è stato portato con un furgone per trasporto dei detenuti a Oleśnica. Un viaggio traumatico di 500 km. Si sentiva umiliato ed aveva problemi di respirazione. Come raccontano i suoi familiari a causa dello stress, don Grzegorz ha perso tanti capelli e gli altri sono diventati grigi.

A Olesnica ha sentito le accuse: è accusato di diffamazione e di minacce indirizzate contro Jagielska. È stato sottoposto alla sorveglianza della polizia e deve presentarsi alla stazione di polizia ogni due settimane. Inoltre, non può avvicinarsi a Jagielska e gli è vietato parlare dell'ospedale di Oleśnica. Alla conclusione delle procedure presso la procura è stato rilasciato: senza cellulare, senza soldi, a 500 km da casa. Grazie all'aiuto degli amici e dei sacerdoti della città è tornato a casa.

L’arresto e le accuse mosse contro un sacerdote, come anche contro altre due persone coinvolte nello stesso caso, hanno causato un’ondata di sdegno. Ha reagito, con un comunicato anche la Curia Metropolitana di Przemysl. Pur sottolineando che non vuole commentare “contenuto di alcuna e-mail o dichiarazione rilasciata da don Grzegorz, poiché si tratta di opinioni personali e qualsiasi decisione in merito è rimessa a un tribunale indipendente", ha espresso “la profonda indignazione per il modo in cui il sacerdote in questione è stato trattato dalle forze dell’ordine, che è stato del tutto sproporzionato rispetto alle esigenze della situazione ed estremamente repressivo rispetto a qualsiasi potenziale responsabilità per l’atto di cui era accusato”. La Cura sottolinea che si poteva convocare il sacerdote per interrogarlo presso la locale unità di polizia o la procura e svolgere lì le attività necessarie. Nel comunicato si legge: “Riteniamo che l'arresto del sacerdote nella casa di sua famiglia, l'ammanettamento, la perquisizione della canonica, la sua detenzione a Krosno per trasportarlo il giorno dopo a Oleśnica, per oltre 500 km, per svolgere attività processuali che avrebbero potuto essere svolte a Krosno e, infine, l'abbandono del sacerdote per strada a Oleśnica dopo aver completato le attività processuali, costituiscano una misura di repressione ingiustificata, violenza ingiustificata e umiliazione e, pertanto, una manifestazione della lotta contro la Chiesa cattolica”.

La Curia non ha dubbi che “lo scopo di queste azioni fosse unicamente quello di provocare un linciaggio mediatico del sacerdote” ed è di avviso che “tali azioni hanno costituito un ingiustificato abuso di potere da parte delle autorità preposte all'applicazione della legge”. Nel comunicato si sottolinea che “non c'erano motivi per giustificare un simile provvedimento nei confronti del sacerdote, poiché questi non si è nascosto, non ha distrutto le prove e non ha adottato altre misure per ostacolare il procedimento penale”.

Il coinvolgimento di alcuni media in tutti questi eventi “potrebbe indicare che si è trattato di un processo preparato per screditare un sacerdote della Chiesa cattolica”. Perciò il comunicato della Curia di Przemysl finisce con una amara conclusione: “L'evento sopra descritto è estremamente doloroso per la nostra comunità e lo percepiamo come un attacco alla Chiesa cattolica”. Ecco la Polonia ben vista a Bruxelles: la Polonia pro-choice, la più anticlericale dalla svolta democratica del 1989.