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Diplomazia pontificia, la geopolitica del Conclave

L’elezione del primo cardinale proveniente dagli Stati Uniti ha un impatto anche sugli equilibri geopolitici. Cosa significa la scelta di Leone XIV e quali sono le sfide?

Leone XIV | Leone XIV saluta per la prima volta piazza San Pietro, 8 maggio 2025 | Vatican Media Leone XIV | Leone XIV saluta per la prima volta piazza San Pietro, 8 maggio 2025 | Vatican Media

Con un nuovo Papa proveniente dagli Stati Uniti, Leone XIV, cambia completamente il quadro dell’azione diplomatica USA nei confronti della Santa Sede. Il Segretario di Stato USA Marco Rubio, cattolico, ha subito fatto sapere che si sarebbero dovute migliorare le relazioni con la Santa Sede, il presidente USA Trump, che tra l’altro, nel suo endorsement papale aveva sostenuto Dolan, ha reso noto che avrebbe incontrato il Papa. Sono lontani i tempi della freddezza tra USA e Santa Sede, quando Papa Francesco inviava una lettera ai vescovi USA per criticare il concetto di ordo amoris nel modo in cui era stato delineato dal vicepresidente JD Vance. Lo stesso vicepresidente che è stata l’ultima figura pubblica a incontrare Papa Francesco prima della sua morte.

Il nuovo Papa, però, ha a che fare anche con una geopolitica in mutazione. La sfida della Cina, quella della mediazione pontificia per la pace in Ucraina o in Terrasanta, sono le due grandi sfide. Leone XIII fu un grande mediatore, ed ebbe modo anche di aver un impatto sulla Conferenza per la Pace dell’Aja del 1899, cui la Santa Sede, invitata dalla Russia sebbene stato senza territorio dopo la presa di Roma, non partecipò per via dell’opposizione italiana. Erano i tempi della Questione Romana, e Italia e Santa Sede non erano in buoni rapporti.

Ma il Conclave racconta anche di una serie di equilibri geopolitici tutti da esplorare, considerando anche la provenienza dei cardinali elettori.

                                                           FOCUS CONCLAVE

Quali sono gli equilibri geopolitici del Conclave?

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È stato eletto Papa uno statunitense, il Cardinale Robert Francis Prevost, che ha preso il nome di Leone XIV e ha rinnovato, sin da subito, l’appello alla pace. Pace è la parola che ricorre di più nel suo primo discorso dopo l’elezione, per ben cinque volte, mentre tre volte si parla di dialogo.

La scelta del nome di Leone XIV rimanda a Leone XIII, che fu il Papa della Dottrina Sociale ma anche il Papa delle grandi mediazioni pontificie, colui che, perso lo Stato della Chiesa, non pensò a ricostituirlo, ma piuttosto a restituire alla Santa Sede credibilità internazionale. Sarà questo anche il programma di Leone XIV?

Papa Leone è stato votato da un conclave di 133 elettori provenienti da 71 Paese e tre pontificati. 108 di loro erano nominati da Francesco, 20 da Benedetto XVI e cinque da Giovanni Paolo II.

Si è scelto uno statunitense, che racchiude l’esperienza di tre mondi e che probabilmente manterrà come Segretario di Stato il Cardinale Pietro Parolin.

Ma Leone XIV lavorerà insieme, e non su binari paralleli, della Segreteria di Stato. Non ci sarà da aspettarsi che ci siano di nuovo inviati speciali, come è stato il Cardinale Zuppi in Russia, Ucraina, Stati Uniti e Cina, e come è stato il Cardinale Gugerotti quando era nunzio e fu inviato in Bielorussia a negoziare con il governo il re-ingresso in patria dell’Arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz.

Piuttosto, c’è da aspettarsi una attività ancora maggiore sugli scenari in cui la Santa Sede può promuovere la pace, senza però sortite personali e personaliste del nuovo Papa.

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Leone XIV è statunitense e repubblicano, ma non è un trumpiano. Non è un liberale, ma non è un seguace della cultura woke. La sua presenza potrà forse assorbire il trumpismo duro e puro, e di conseguenza anche tutti i nazionalismi.

Il grande tema sarà quello della Cina. Il nuovo Papa porterà avanti l’accordo sulla nomina dei vescovi, difeso tra l’altro dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano come accordo pastorale? E, soprattutto, prenderà una posizione sulla nomina di due vescovi da parte di Pechino mentre si era in piena sede vacante, tra cui un ausiliare nella diocesi di Shanghai in una posizione retta da Thaddeus Ma Daqin, ai domiliciari dal 2012?

L’accordo con la Cina è un successo della Segreteria di Stato guidata da Parolin, ma la Segreteria di Stato  è finita ai margini della Curia, ha ceduto la gestione di immobili e denaro all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, si è vista scavalcare nelle decisioni da Papa Francesco.

I cardinali fanno un appello per la pace

Pace è stata la parola più usata da Leone XIV nel suo primo discorso. Ma già il Collegio Cardinalizio aveva voluto, il 6 maggio, fare una dichiarazione per la pace. “Noi – si legge nella dichiarazione - Cardinali di Santa Romana Chiesa, riuniti in Congregazione Generale prima dell’inizio del Conclave, costatato con rammarico che non si sono registrati progressi per favorire i processi di pace in Ucraina, in Medio Oriente e in tante altre parti del mondo, anzi che si sono intensificati gli attacchi specialmente a danno della popolazione civile, formuliamo un sentito appello a tutte le parti coinvolte affinché si giunga quanto prima ad un cessate il fuoco permanente e si negozi, senza precondizioni e ulteriori indugi, la pace lungamente desiderata dalle popolazioni coinvolte e dal mondo intero. Invitiamo tutti i fedeli a intensificare la supplica al Signore per una pace giusta e duratura”.

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La Santa Sede a New York, l’intelligenza artificiale

Il 6 maggio, si è tenuto un incontro speciale dell’Ecosoc (il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite) sul tema dell’Intelligenza Artificiale.

L’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, è intervenuto all’incontro sottolineando che “scambiarsi idee su come assicurare le considerazioni etiche” riguardo l’intelligenza artificiale resta “al centro dello sviluppo e della diffusione dell’intelligenza artificiale”.

Caccia ha notato che la comunità internazionale ha la importante responsabilità di regolare l’uso dell’intelligenza artificiale in molte forme, mettendo in luce che si deve fare in modo che l’AI resti sempre al servizio di uomini e donne, promuovendo fraternità e preservando il pensiero critico e la capacità di discernimento.

In questo senso, la Santa Sede ha rimarcato la Rome Call for AI Ethics, il manifesto per una etica dell’intelligenza artificiale lanciato dalla Pontificia Accademia per la Vita e siglato anche da diverse multinazionali tecnologiche. Si tratta, ha detto il nunzio, di un “esempio di sforzo per mettersi insieme per bilanciare innovazione e regolamentazione dell’intelligenza artificiale”.

La Santa Sede a New York, Scienza, Innovazione e Tecnologia

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Il 7 maggio, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, ha diffuso un intervento al Forum su Scienza, Tecnologia e Innovazione per lo sviluppo sostenibile.

Il nunzio si è detto preoccupato del fatto che si dà troppa affidabilità all’intelligenza artificiale, e ha invitato gli stakeholders ad adottare strategie bilancia di intelligenza artificiale, considerando il loro impatto potenzialmente negativo sulle relazioni sociali e il rischio di esacerbare le diseguaglianze.

Ricordando il paradigma tecnocratico e i suoi pericoli, l’arcivescovo Caccia ha chiesto il rispetto dei fondamentali principi etici, come trasparenza, imparzialità, inclusione e responsabilità – prinicpi che sono parte della Rome Call for AI Ethics.

Infine, ha enfatizzato l’importanza di stabilire dei principi etici comuni nello sviluppo di meccanismi di governance dell’intelligenza artificiale come il Dialogo Globale e il Panel scientifico.

La Santa Sede all’OAS, l’omaggio a Papa Francesco

Come già successo alle Nazioni Unite, anche l’Organizzazione degli Stati Americani ha voluto rendere omaggio a Papa Francesco con una sessione il 7 maggio cui hanno preso la parola anche il rabbino amico del Papa defunto Abraham Skorka e l’imam Marwan Gil.

Nel suo discorso, monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, osservatore della Santa Sede presso l’OSA, ha ripercorso la vita di Papa Francesco. “Durante i suoi dodici anni di pontificato, il Papa

Francesco è stato l’artefice dell’incontro e del dialogo a favore della pace. Ha visitato 66 paesi; Di questi, 10 si trovano in questo continente, vale a dire: Brasile, Ecuador, Bolivia, Paraguay, Cuba, Stati Uniti e Sedi delle Nazioni Unite, Messico, Colombia, Cile, Perù, Panama e, per ultimo, il Canada”.

Monsignor Cruz Serrano ha aggiunto che “sebbene questi viaggi siano classificati come pastorali, ha avuto incontri con i Capi di Stato e le autorità locali. In tutti questi lavori egli ha invocato il dialogo reciproco come unica forma d'arte possibile. per promuovere la pace e costruire ponti di comprensione”.

Quindi, ha aggiunto che “a livello multilaterale, numerosi sono stati gli incontri con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e i suoi interventi nei consessi internazionali. Ha invitato con insistenza il multilateralismo a perseguire i propri obiettivi, per garantire la pace e la stabilità, la lotta contro la fame e lo sviluppo”.

Guardando poi all’operato di Papa Francesco, monsignor Cruz Serrano ha ricordato che “Papa Francesco ha anche ampliato i percorsi di intesa con gli attori politici, dal mondo della cultura e dell'arte, con diverse confessioni religiose e con coloro che non ne hanno nessuna. La sua Enciclica Fratelli tutti, del 3 ottobre 2020, ci invita alla fraternità e all’amicizia sociale che ci unisce tutti. Papa Francesco è stato anche servitore degli ultimi e degli gli esclusi, desiderosi di raggiungere le periferie strutturali ed esistenziali della società e del vivere tutti. Per questo è andato incontro a realtà diverse che hanno bisogno di essere accolte, resi visibili e curati”.

In particolare, l’Osservatore della Santa Sede ha messo in luce le visite in ospedali e case famiglia nel continente sudamericano, e il fatto che “nella sua parola ha voluto mettere al centro la persona, riconoscendone la dignità che va rispettata, apprezzata e amato”, nonché il tema dell’ecologia integrale e della sua attenzione per l’Amazzonia.

In conclusione,  la Delegazione della Santa Sede ha espresso “la speranza che l'eredità di Papa Francesco, primo Pontefice di questa regione, possa egli continuare a vivere in questa Istituzione e nelle nostre relazioni diplomatiche e personali, chiamate all’incontro e al dialogo fraterno in vista del bene comune dei Paesi e di ogni persona delle Americhe”.