Roma , venerdì, 4. luglio, 2025 16:00 (ACI Stampa).
Ha sempre esplorato il fondo dell’anima umana insieme ai bassifondi delle città – Londra, soprattutto – e delle impenetrabili dimore delle campagne inglesi. Ha sempre percepito e fatto comprendere ai milioni di suoi lettori affascinati che l’esistenza, ogni esistenza, è un impasto di mistero, futilità, grandezza, infamia, coraggio. Un groviglio che è difficile sbrogliare ma che lui, Charles Dickens, è maestro nel mettere in scena. Così i suoi romanzi, in massima parte, assumono spesso un tono da racconto giallo, in un certo senso, di un thriller, sia pure fuori dagli schemi e soprattutto di altissima qualità letteraria.
In perfetta linea con questa forma mentis, per così dire, è anche il suo ultimo romanzo, incompiuto, che ora viene ripubblicato, in una nuove edizione, negli Oscar Mondadori, insieme ad una ricca introduzione di Saverio Tomaiuolo, il quale, tra l’altro, propone una ricostruzione attendibile sul possibile finale, sulla base di testimonianze coeve e delle illustrazioni, qui riportate per la prima volta in un’edizione italiana, realizzate da Luke Fildes seguendo le indicazioni dell’autore stesso. Finale che ovviamente non va svelato; in realtà, come spiega Tomaiulo, lo scrittore probabilmente non vuole svelare del tutto il senso della vicenda, mentre insiste sulla “meravigliosa impossibilità di carpire il senso ultimo delle cose”.
La trama, in sintesi, ruota intorno alle vicende di un promesso sposo che non vuole più sposarsi e sparisce nel nulla, in una notte buia e tempestosa. La domanda ovvia è: dov’è finito? E’ scappato? E’ stato ucciso? E se è così dov’è finito il corpo? Rosa, la ragazza che gli è stata promessa fin dalla più tenere età, deve difendersi della insidie di un uomo che la terrorizza, la perseguita con la sua ammirazione spinta alla follia. Il lettore partecipa con lei, segue il suo continuo tentativo di sfuggire ad un destino che lei giudica peggiore della morte. Tutto questo mentre eroi ed eroine vagano tra rovine spettrali sotto la luce lunare, quartieri e strade in rovina, soffitte sordide, fumerie d’oppio, cimiteri e cripte soffocate dalle erbacce…
Dickens nel 1870 non ha neanche sessant’anni e sta affrontato uno dei tanti periodi difficili della sua vita, ma ha iniziato un nuovo romanzo, che dovrebbe incontrare i favori del grande pubblico, ormai stregato dal genere dei “sensational novels”, quelle storie che mescolano mistero, intrighi e omicidi, amore, tradimenti e un pizzico di soprannaturale, almeno nelle coincidenze. Il protagonista è Edwin Drood e la sua fine è destinata a rimanere avvolta nelle tenebre. Perché Dickens muore prima di completare l’opera e da allora non si contano i tentativi, più o meno riusciti, di immaginare che cosa succeda al povero Drood, alla sua ex promessa Rosa, al funebre e allucinato John Jasper, a tutori, canonici, governanti, avvocati, marinai, truffatori, scalpellini ed esperti di tombe…
Un sentimento di oscurità maligna avvolge la cittadina di Cloisterham, il cui paesaggio è dominato dalla sua antica cattedrale dalla massiccia torre quadrata. A questa oscurità appartiene di certo il maestro del coro, John Jasper, insegna canto alle fanciulle educate nella vicina Casa delle Monache. Tra loro Rosa Bud, per la quale l’oppiomane Jasper nutre una passione insana e disperata. Rosa è promessa fin dall’infanzia a Edwin Drood, il nipote di Jasper rimasto orfano e affidato alle sue cure. Folle di gelosia, il maestro di musica arriva a pensare concretamente alla possibilità di un omicidio del pupillo, quando la scomparsa del giovane, la mattina di Natale, rimette tutto in discussione. Pochi altri capitoli, per raccontare i successi mesi trascorsi dopo la scomparsa del giovane, gettando qua e là indizi, segni, minacce. Poi il racconto si interrompe.