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Paolo VI ai romani, l'incontro con i giovani della Diocesi

La genesi delle Giornate mondiali della Gioventù

Paolo VI e i giovani |  | Vatican Media Paolo VI e i giovani | | Vatican Media

Iniziamo con i giovani! Il nostro piccolo viaggio nelle parole di Paolo VI ai Romani lo iniziamo dai giovani. Era il 1966 e nel "sacri rito" della Domenica delle Palme, prima della Riforma liturgica nata dal Concilio Vaticano II che si era chiuso il dicembre precedente, il Papa dedica la sua omelia ai giovani.

Il Papa commenta il Vangelo e dice. "Chi fu, dunque, ad accettare il Signore? Il popolo. E chi nel popolo, ebbe le prime parti? Chi accese il fervore e tradusse in gioia quell’incontro? Chi seppe interpretare la grandezza e la spiritualità unica di quel momento? Furono i giovani, i fanciulli. I primi ad avere l’intuito che la loro festa significava una cosa eccezionale, grandissima: riassumeva, nientemeno, il destino della loro patria e si proiettava misteriosamente nel futuro del mondo".

Già i giovani. Il sessattotto non era ancora arrivato, ma il Concilio lo aveva prevenuto e il Papa vedeva già quali sarebbero state le questioni. In primo piano i giovani: "La gioventù! Che cosa i giovani sentono e pensano di loro stessi? Sembra al Padre delle anime di indovinare le loro aspirazioni quando avverte quasi salire dalle loro file la coscienza che dice: adesso noi giovani vogliamo imporci; siamo noi a decidere. La società tanto si interessa di noi, che da noi attende l’iniziativa e prende disposizioni. Una volta era la società a dirigere la gioventù; adesso la gioventù, nella sua presa di coscienza, nella sua maturità, per quanto precoce, nella rapida evoluzione dovuta alla trasformazione della stessa società e ai mezzi che circondano la psicologia umana e la ridestano fin nei primi anni, ha il sopravvento. I giovani hanno, ora, la voce più forte, le energie più fresche, l’intuito delle cose nuove, l’audacia per inattesi ardimenti; la gioventù rivendica una libertà in parte ammissibile e in parte eccessiva.

La libertà dei giovani: essi sono liberi di scegliere. Che fanno di fronte a Cristo? Anzitutto essi sanno che, rivendicando a se stessi una libertà assoluta, sono come certi alunni di collegio i quali, usciti impreparati dal loro istituto, si trovano, francati da ogni disciplina e guida, sulla strada della vita, del mondo: ma non sanno dove andare. È facile, in tal modo, perdere totalmente il senso dei fini, ignorare come dirigere la vita. Non poche volte si assiste allo spettacolo di giovani, che sono la bellezza, la forza, l’idealità, la speranza, la coscienza della società e dell’avvenire, eppur rimangono attratti da particolari futili, da mète effimere, sciocche, da esteriorità senza alcuna importanza, ed ivi fanno convergere i loro intenti e ideali. Si credono autorizzati a pronunciarsi su tutto, anche su ciò che non conoscono e non possono apprezzare e valutare: ed ecco allora che, tante volte, la gioventù si presenta con un aspetto infelice e spiacevole; gode di vasto credito, ma lascia quanti la guardano - genitori, educatori, responsabili del vivere pubblico - in grave e dolorosa perplessità. Incombe il pericolo che i ragazzi diventino superficiali, opachi, privi di luminosi orizzonti, scettici, perfino cinici; non sono sicuri di niente e trascorrono la vita come gente sfaccendata e anarchica.

È gioventù questa? A ben riflettere, si direbbe che, in mezzo alle file giovanili di notevole parte della generazione presente, manca Qualcuno, manca Uno che sappia, che parli, guidi, impersoni la virtù e l’esistenza stessa; Uno che intoni il vero canto della vita. Manca il Messia acclamato dai giovani palestinesi; manca il Cristo; Colui cioè che può dare energie spirituali moltiplicate, che trae dalle anime elette - e le conosciamo, sottolinea il Santo Padre - forze straordinarie di sacrificio, di eroismo, di grandezza morale, di fermezza nelle contrarietà, di speranza là ove gli altri sono disperati e vinti. La gioventù può, dunque, realmente conseguire la salvezza se la sollecita e la chiede ove essa si trova".

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Due anni dopo questi giovani di cui parlava il Papa avrebbero dato inizio ad una epoca di secolarizzazione selvaggia dalla quale non ci siamo ancora ripresi.

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