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Letture. Su Antonio Canova nuove prospettive sulla dimensione civile e spirituale dell’artista

Un testamento di Canova recentemente rinvenuto nell’archivio parrocchiale di Possagno

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Dettava legge nel mondo dell’arte, le grandi dame del tempo si ispiravano ai suoi modelli per vestirsi ed acconciarsi, era amato, anzi adorato dai potenti e dai più ricchi. Eppure, il suo cuore, la sua attenzione più  profonda era rivolta a  realtà ben diverse. Intanto al piccolo paese del trevigiano in cui affondavano le sue forti radici, Possagno. E alla gente umile, accogliente e sorretta da una fede semplice quanto forte. Il nome di Antonio Canova è noto universalmente per la sua formidabile arte scultoria, le sue capacità quasi sovrumana: sembra usare il marmo, il gesso, come molle creta in cui imprimere segni, trasparenze, bellezza capaci di stupire, ammaliare.  Fidia è tornato a vivere, si diceva di lui, rievocando il mitologico scultore greco termine di paragone di una maestria senza pari.

Della sua esistenza sappiamo molto, ma non tutto. La sua personalità poliedrica, ricca di sfaccettature continua a riservare sorprese, che studiosi, esperti, ammiratori (sempre moltissimi) si impegnano a restituire attraverso pubblicazioni, mostre. E scoperte. Come quella del primo, inedito testamento di Canova del 1799, recentemente rinvenuto nell’archivio parrocchiale di Possagno, offre nuove prospettive sulla dimensione civile e spirituale dell’artista. Si tratta del primo testamento finora noto, un testo inedito di grande valore.

Decisivo il ruolo del ricercatore Marcello Cavarzan cui si deve l’identificazione del testo. Alla pubblicazione del testamento stanno collaborando anche gli studiosi Giancarlo Cunial e Alberto Susin. Si tratta di un abbozzo notarile redatto da Canova a 42 anni, in un momento cruciale della sua vita: poco prima del rientro a Roma dopo la tempesta rivoluzionaria che l’aveva costretto a rifugiarsi in Veneto. Il testo, che anticipa di tre anni il testamento noto del 1802, contiene disposizioni che delineano con precisione  l’intenzione dell’artista di destinare il proprio patrimonio a fini culturali e sociali. Canova  afferma la volontà di creare una biblioteca artistica e una raccolta di gessi nella sua casa natale per l’esercizio del disegno, un’embrionale Gypsotheca. Stabilisce inoltre il lascito della maggior parte dei suoi beni alla comunità per garantire il funzionamento della scuola e la figura di un custode, e l’istituzione annuale di tre doti per giovani donne del paese che volessero sposarsi.

Marcello Cavarzan, scopritore del documento, ha raccontato, nella presentazione ufficiale del documento,  le circostanze della scoperta con emozione: «Era nascosto tra le carte dell’archivio parrocchiale, in una cartella mai aperta. Questo testamento, stilato nell’agosto del 1799, mostra una visione contabile, politica e civile straordinaria.

Cavarzan ha anche ricordato il lungo lavoro d’archiviazione e di recupero della memoria canoviana svolto con la Consulta Canoviana e le istituzioni locali: «Questo testamento non è solo un documento storico, ma una traccia della visione universale di Canova: una bellezza che diventa bene comune, una ricchezza che si trasforma in opportunità per tutti».

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E ha rievocato la straordinaria figura del fratellastro di Canova, con cui esisteva un legame unico e particolarmente fecondo. Cavarzan  ha offerto un’immagine di grande forza, in chiave biblica, per spiegare la continuità tra il sogno canoviano e la sua realizzazione storica: «Sapete cosa ci insegna la Bibbia? Che Davide, consacrato da Dio, ebbe l’idea del Tempio e cantava nei salmi “lo zelo della tua casa mi divora”. Ma a costruirlo fu suo figlio, Salomone. Così fu per Canova e Sartori: Canova è Davide, monsignor Sartori è Salomone».

Sartori, dunque, figura poco conosciuta , a cui recentemente a Padova è stata dedicata una mostra presso il Museo Diocesano. Nato nel 1775 a Crespano da Francesco e Angela Zardo (madre di Antonio Canova, rimasto orfano del padre Pietro nel 1761 e sposatasi in seconde nozze), Giovanni Battista Sartori Canova deve la sua formidabile cultura agli studi e all’educazione ricevuta frequentando  il  seminario vescovile di Padova. Diventa un abile traduttore dell’aramaico, un fine conoscitore della lingua greca antica e latina,  mentre coltiva la sua vocazione e decide per la vita religiosa. Intanto  Canova lo fa venire a Roma nel maggio 1800, visto che l’artista si trova nella Città Eterna e lavora a pieno ritmo, dando vita ad un sodalizio fondamentale per entrambi. Incontri, progetti, viaggi, una vita che sancisce la profonda  intesa  tra i due fratelli.  Dopo la morte di Antoniol’abate Sartori decide di lasciare Roma, nonostante i tanti titoli onorifici in Vaticano,  preferisce tornare in Veneto.

La decisione di fare rientro nelle terre d’origine, legata anche al lascito testamentario di Antonio,  è stata la vera fortuna per i luoghi d’origine e di formazione di Canova. E il ritrovamento del nuovo documento conferma quello che era già nei desiderata del maestro e che Sartori vuole a tutti i costi rispettare e realizzare. Si deve infatti all’impegno dell’abate la conclusione dei lavori del Tempio di Possagno e la raccolta dei migliori gessi delle opere canoviane che  fa trasportare  a Possagno e lì costruisce uno spazio che diventerà un museo dedicato proprio ai gessi, poi donato al Comune di Possagno assieme alla Casa natale, con la dichiarata richiesta di mantenere e conservare il patrimonio canoviano. Lui continua quell’attività benefica che Antonio aveva iniziato tanti anni prima, dunque il fratello si adopera perché sia aperto  il Collegio Canova. Si occupa poi di diversi lasciti di proprietà terriere sia con opere di pubblica utilità. Riceveranno importanti elargizioni anche i seminari di Treviso e di Padova. Sartori , quando arriva la sua ora, nel 1858 a Possagno, lascia come ultima disposizione quella  di essere tumulato nell’area che racchiude le ceneri di suo fratello. Una bellissima storia di amore fraterno, di carità e di speranza. Segnaliamo infine almeno due pubblicazioni per addentrarsi nell’universo canoviano, al di là delle generali conoscenze più superficiali.

Il Canova mai visto, pp.188, euro 19, Scripta comunicazione edizioni

Francesco Leone, Antonio Canova. La vita e l’opera, Edizioni Officina Libraria, pp,592, euro 42.75

 

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