Roma , venerdì, 29. agosto, 2025 16:00 (ACI Stampa).
“Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all'inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva sant'Agostino: "Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te".
Papa Leone XIV si presenta così, con questo richiamo al suo padre spirituale, sin dai primi moneti del suo pontificato. E, in questo modo, indica le vie maestre ecclesiali e pastorali ch vuole scegliere. Partendo innanzitutto dall'eredità di pensiero e di dottrina di sant'Agostino, appunto, e dei due papi che lo hanno preceduto nel ministero petrino: Papa Benedetto XVI, per il quale Agostino è stato il primo dei maestri che hanno segnato la sua vita e la sua opera, e Papa Francesco, con cui si è posto in una sostanziale linea di continuità su tutti i temi fondamentale della missione della Chiesa.
Si è appena celebrata la festa di questo gigante della fede e del pensiero (tutto il pensiero occidentale, anche quello che ama definirsi laico) e dunque questo è un ennesimo buon motivo e aggancio concreto alla quotidianità per tornare a meditare sulla sua figura e sull’opera, anche grazie ad una recentissima pubblicazione che mette in relazione stretta proprio l’opus agostiniano e papa Leone. Anzi un ritratto di Leone XIV che parte innanzitutto dall’eredità di pensiero e di dottrina del suo padre spirituale, sant’Agostino: è il libro «Papa Leone XIV – Figlio di Sant’Agostino» (Il pozzo di Giacobbe) scritto da Giuliano Vigini, saggista e docente dell’Università Cattolica di Milano. Suddiviso in quattro parti, il volume riflette sul legame tra il primo Pontefice agostiniano della storia e il vescovo di Ippona, fin da quando era solo padre Robert Francis Prevost. Emerge così un intimo ritratto spirituale del nuovo Papa, segno di speranza per la Chiesa e per il mondo.
Sono molti i temi che attraversano queste pagine; temi essenziali, in ogni caso, ma certo quello che si impone all’attenzione, purtroppo anche alla luce dei tragici eventi contemporanei, è quello della pace.
Agostino ne ha parlato e scritto in numerose opere, in particolare nel libro XIX de La città di Dio, ricordando che la pace è il «sommo bene» al quale gli individui, la comunità e lo Stato ardentemente aspirano. Ma questa pace a cui allude Agostino non nasce spontanea tra gli uomini: bisogna volerla, perché essa è il frutto di un’«ordinata concordia». La pace è un concetto complesso, che assimila e interagisce con i concetti di concordia e ordine, ma anche di unità, giustizia e carità. Non è solo cessazione di guerre, o di non intervento, di semplice tolleranza, ne’ tantomeno uno slogan da sbandierare all’occorrenza. E’ un percorso difficile, da conquistare passo dopo passo.
Altro tema fondamentale, che si intreccia con quello della pace: l’amicizia, come viene sottolineato da Vigini. “In tutte le cose umane nulla è caro all'uomo senza un amico”, scriveva Sant’Agostino in una Lettera (130,2,4) a Proba, nobildonna romana dell’illustre famiglia degli Anicii che gli aveva chiesto come pregare e cosa domandare a Dio. Nella lettera il vescovo di Ippona tra i veri beni che gli uomini devono ricercare annovera l’amicizia. Ed esorta a non contenerla «in limiti angusti», poiché «abbraccia tutti quelli a cui sono dovuti affetto e amore, quantunque si rivolga con più propensione verso alcuni e con più esitazione verso altri», e «si estende sino ai nemici, per i quali siamo tenuti anche a pregare. Così - prosegue - non c'è alcuno nel genere umano a cui non si debba amore, basato, se non sulla vicendevole affezione, almeno sulla partecipazione alla comune natura umana».



