Carpi , domenica, 28. settembre, 2025 10:00 (ACI Stampa).
Oggi la Parola di Dio ci interpella duramente. Da un lato il profeta Amos denuncia il benessere egoista, la ricchezza che anestetizza il cuore, l’indifferenza per la sofferenza dei poveri. Dall’altro Gesù, nel Vangelo di Luca, ci narra la parabola del ricco e di Lazzaro, due vite parallele sulla terra, due destini opposti nell’eternità: per il povero Lazzaro la felicità eterna, per il ricco la dannazione eterna. Non perché Dio sia vendicativo o crudele, ma perché la vita — le nostre scelte — costruisce già da ora il nostro destino eterno.
Il Profeta parla ad un popolo che si sente al sicuro perchè protetto dalla propria prosperità. Vive nel lusso, nel piacere, dedito alle feste e ai divertimenti. Ma…non si accorge della rovina che avanza, della decadenza morale e spirituale della comunità e dell’ingiustizia che dilaga. E’ un popolo che vive come se Dio non esistesse e, pertanto, affida la propria salvezza alla ricchezza e al potere, che generano egoismo, chiusura del cuore, imprigionano l’anima e rendono sordi alla voce di Dio e dei fratelli.
Nel Vangelo Gesù ci parla di un uomo ricco e di un povero di nome Lazzaro. Il ricco vive benissimo, sfoggia abiti preziosi, banchetta ogni giorno. Lazzaro vive alla sua porta, in condizioni miserabili, bramoso del cibo che cade dalla tavola, coperto di piaghe, ignorato. Quando muoiono le sorti si invertono: Lazzaro è accolto nel seno di Abramo, il ricco è nei tormenti. Vale la pena sottolineare che il ricco non ha commesso chissà quale azione malvagia. Il suo peccato è l’omissione. Ha fatto finta di non vedere, non si è reso disponibile ad ascoltare, ha chiuso il cuore alla presenza del povero, al grido della giustizia, al richiamo della misericordia.
Amos, dunque, denuncia la decadenza di una società che ha scelto di voltare le spalle a Dio — fonte di vita, di amore e di giustizia — e vive come se Lui non esistesse. È una civiltà che, dimenticando il proprio fondamento spirituale, si abbandona all’egoismo, all’immoralità, all’ingiustizia e alla superficialità perchè non più in grado di riconoscere la verità riguardo all’uomo. Gesù, dal canto suo, ci svela la tragedia di un’anima che si chiude all’amore di Dio e, così facendo, scivola lentamente nell’indifferenza, nell’omissione e in una sordità interiore che la rende incapace di ascoltare e accogliere il bene.
Questa Parola non appartiene a un passato lontano: parla a noi, oggi. Anche noi, spesso, viviamo dentro una bolla di benessere, circondati da comodità, ma distratti, assorbiti da ritmi frenetici. E, proprio come nella parabola, anche davanti alle nostre porte ci sono tanti "Lazzaro": volti segnati dalla povertà non solo economica, ma anche spirituale, affettiva, umana. La differenza non sta solo nell’essere ricchi o poveri, ma nel saper vedere, nell’imparare ad ascoltare, nel non restare indifferenti. E questo sguardo nuovo non nasce dallo sforzo morale, ma dalla fede: dal tornare a Dio, che è sorgente di giustizia, di vita e di verità.Non servono segni straordinari, né miracoli spettacolari. Abbiamo già tutto ciò che ci occorre: la Parola di Dio che illumina il cammino, i Sacramenti che ci nutrono e ci guariscono, Cristo stesso che si fa vicino. E abbiamo il tempo — oggi — per aprire gli occhi, per convertire il cuore, per costruire, insieme, una società più giusta, più umana, più capace di riflettere il volto di Dio.




