Carpi , domenica, 12. ottobre, 2025 10:00 (ACI Stampa).
Il Vangelo di questa domenica ci racconta un miracolo straordinario operato da Gesù: la guarigione di dieci lebbrosi. Un evento che, oltre al fatto storico, racchiude un profondo insegnamento spirituale.
La lebbra, nella Scrittura, non è soltanto una malattia fisica, devastante e contagiosa; essa è anche simbolo del peccato, che isola, spezza la comunione con Dio e i fratelli. I lebbrosi erano esclusi dalla vita sociale e religiosa, condannati a vivere ai margini. Eppure proprio loro gridano insieme verso Gesù: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!» (Lc 17,13). Questo grido ci porta a riconoscere che l’esperienza della sofferenza, della fragilità, del peccato può diventare il punto di partenza per un cammino di fede.
Ma Gesù non li guarisce subito. Li invia a compiere un gesto preciso: Andate a presentarvi ai sacerdoti, come prescritto dalla Legge di Mosè. Chiede un atto di obbedienza e fiducia. La guarigione, dunque non avviene all’istante, ma durante il loro andare. L’insegnamento è chiaro: Dio non sempre interviene subito. Spesso ci chiede di fidarci e di metterci in cammino, anche se non vediamo subito dei risultati. È lungo la strada dell’ascolto e dell’obbedienza che avviene il cambiamento.
Ma il cuore del brano è il gesto inatteso di uno solo di quei dieci lebbrosi: un samaritano, straniero rispetto al popolo dell’Alleanza: chi era considerato "lontano" è l’unico che torna indietro per ringraziare. Ma non si limita a questo: si prostra ai piedi di Gesù, lo adora, riconoscendo in Lui la fonte della salvezza. Gesù allora gli dice: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato» (Lc 17,19). Non solo Gesù guarisce dalla malattia, ma salva, ossia ricostruisce la relazione dell’uomo con Dio, sorgente della vera vita.
Viviamo in un tempo in cui la gratitudine sembra essere sempre più rara, forse perché diamo tutto per scontato. Eppure, essa è una delle espressioni più pure della fede. Con la parola “ringraziare” noi traduciamo il verbo greco εὐχαριστῶ , da cui deriva “Eucaristia”. Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, noi siamo come quel samaritano: ritorniamo a Cristo per ringraziare, per lodare il Padre, per riconoscere che tutto è dono. San Giovanni Maria Vianney diceva: «Non c’è niente di così grande come l’Eucaristia. Se l’uomo comprendesse questo mistero, morirebbe d’amore». La liturgia non è un semplice dovere religioso, ma il rendimento di grazie di un popolo redento. Celebrare l’Eucaristia significa riconoscere: “Tutto viene da Te, Signore, e a Te ritorna il nostro grazie”.





