Roma , venerdì, 17. ottobre, 2025 18:00 (ACI Stampa).
Nessuno è come lui, un frate e insieme un grande artista, uno dei più grandi. Anche se lui sembra non considerare tutto questo, meno che mai il suo percorso spirituale – diventare beato - e la fama che lo avrebbe accompagnato per il tempo a venire. Giovanni da Fiesole vede il cielo così vicino da entrare nelle case, nelle stanze, riempiendo della sua luce tutto quel che lo circonda. Del resto, bisogna sempre ricordare che Dio ha scelto di farsi uomo, di vivere nella carne le gioie e le sofferenze dell’umanità. Frate Giovanni tutto questo lo esprime nei quadri e negli affreschi ed è anche per questo che la gente lo ama, è un uomo mite, buono (per molti è un santo), minuto, e certo non ha la forza e il carisma di tanti predicatori in giro per l’Italia e nella Firenze del Quattrocento. Ma sarà lui il gigante che aprirà le porte all’Umanesimo e poi al Rinascimento.
Giovanni, che poi passerà alla storia come Beato Angelico, ha due fortissime vocazioni: la fede e la pittura. Dio Padre e il Figlio, Maria, gli angeli, i santi che dipinge con grande maestria sono tra gli uomini, stanno per abbandonare la luce mistica bizantina e abitare in giardini, chioschi, camere con baldacchini… Beato di nome e di fatto: la beatificazione di Giovanni da Fiesole avviene il 3 ottobre 1982, ad opera di papa Giovanni Paolo II, che nel 1984 lo nomina Patrono egli artisti.
Ora Firenze lo celebra con una mostra 'doppia', a Palazzo Strozzi e al Museo di San Marco a Firenze, dal 26 settembre al 25 gennaio prossimi, presentata ieri, e che si preannuncia come mostra-evento a livello nazionale e non solo. “Beato Angelico” è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Ministero della Cultura- Direzione regionale Musei nazionali Toscana e Museo di San Marco.
L'esposizione dedicata all'artista simbolo dell'arte del Quattrocento, che ha richiesto quattro anni di preparazione, affronta attraverso oltre 140 opere la produzione, lo sviluppo e l'influenza dell'arte di Beato Angelico e i suoi rapporti con pittori straordinari quali Lorenzo Monaco, Masaccio, Filippo Lippi e scultori come Lorenzo Ghiberti, Michelozzo e Luca della Robbia. A cura di Carl Brandon Strehlke, curatore emerito del Philadelphia Museum of Art, con Stefano Casciu, direttore regionale Musei nazionali Toscana e Angelo Tartuferi, già direttore del Museo di San Marco, “Beato Angelico” rappresenta la prima grande mostra a Firenze dedicata all'artista esattamente a 70 anni dalla monografica del 1955.
Molti saggi, studi, perfino racconti e romanzi hanno, nel tempo, cercato di esplorare, di indagare il segreto della pittura che possiede in se’ un sapore di eternità. E del resto, come nella mostra fiorentina, scorrendo davanti alle sue opere si ha quasi l’impressione di sfogliare un corposo libro che, pagina dopo pagina, trascina in un racconto di meraviglie. Nell’Annunciazione di San Marco l’angelo reca l’annuncio sconvolgente a Maria in un chiostro, un perfetto recinto marmoreo oltre il quale crescono tenui erbe e fiori in un angolo di giardino; in fondo, dietro una palizzata, si intravvede un folto di alberi ritratti con precisione Non ci sono più oro e solennità, i colori diventano più sfumati ma anche più intensi, i santi si abbracciano, si lasciano andare a gesti affettuosi, la grandezza non è solenne, ma quotidiana e colma di tenerezza. Il divino, sembra suggerire l’artista, è un’esperienza che si può toccare con mano, che trasforma ogni cosa, solo che si decida di lasciarla entrare nella propria esistenza. E via via ecco entrare in scena ancora angeli, demoni, santi, cavalieri, contadini, abitanti di città che stanno cambiando il proprio volto sotto la spinta poderosa delle nuove idee artistiche e sociali.





