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Aiuto alla Chiesa che Soffre lancia una petizione internazionale per la libertà religiosa

lI rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre sulla libertà religiosa nel mondo mette in luce dati preoccupanti. E per la prima volta lancia una petizione

Rapporto ACS | Il rapporto internazionale sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che Soffre, presentato il 21 ottobre 2025 | ACS Rapporto ACS | Il rapporto internazionale sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che Soffre, presentato il 21 ottobre 2025 | ACS

Tre approfondimenti, sette case history, moltissime testimonianze, un dato preoccupante: due terzi dell’umanità vedono la loro libertà religiosa a rischio. Aiuto alla Chiesa che Soffre presenta il suo Rapporto per la Libertà Religiosa, un tomo enorme che considera la situazione in 196 Paesi del mondo, e che è arrivato al quarto di secolo di vita. E, nell’occasione, per la prima volta nella sua storia, ACS ha lanciato una petizione globale che invita i governi e le organizzazioni internazionali a garantire l’effettiva applicazione dell’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che riconosce a ogni persona il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

“Perché questa petizione? Perché il diritto di credere – o di vivere secondo le proprie convinzioni – è in declino in 62 Paesi, colpendo miliardi di persone. Negli ultimi 25 anni, ACS ha documentato come la persecuzione distrugga le comunità, alimenti i conflitti e costringa milioni di persone alla fuga. Ora più che mai, la libertà religiosa deve essere difesa e protetta in tutto il mondo”, ha affermato Regina Lynch, presidente internazionale di ACS, invitando tutti a sostenere la petizione.

L’iniziativa ha come slogan: "La libertà religiosa è un diritto umano, non un privilegio". 

Quando si cominciò a redigere il rapporto, su iniziativa dell’indimenticato Attilio Tamburrini , era un mondo diverso, ancora non colpito dallo shock dell’11 settembre. Oggi, va considerata anche quella che si chiama “persecuzione educata”, ovvero l’attacco alle questioni di fede attraverso leggi discriminatorie, anche quando sono proclamate in nome delle libertà fondamentali.

Prima dei numeri, è importante considerare i temi del Rapporto. Ci sono tre approfondimenti: uno che riguarda l’evoluzione del jihadismo, un altro l’alleanza ideologica della sinistra latino-americana (ricordate gli incendi appiccati alle chiese in Cile? O gli attacchi alla Chiesa del governo del Nicaragua? O la situazione della Chiesa in Venezuela?), e l’ultimo su un tema poco sviluppato, ma presente, ovvero le migrazioni a causa proprio della persecuzione religiosa.

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Anche le case history riguardano casi che spesso non rompono il muro del silenzio mediatico: dall’esodo forzato della comunità cristiana in Burkina Faso al lavoro della Chiesa a Cabo Delgado, in Mozambico, colpita incredibilmente dalla violenza jihadista; dalle norme che bloccano l’educazione di minori in Cina alle leggi anti-conversione in India; fino all’indebolimento del diritto all’obiezione di coscienza.

Sono due terzi dell’umanità – oltre 5,2 miliardi di persone – a vivere in contesti in cui la libertà di religione o di credo è compromessa. Violazioni sistematiche della libertà religiosa si sono verificate in 60 Paesi, e tra questi 24 rientrano nella categoria, gravissima, di “persecuzione”, mentre 36 rientrano in quella di discriminazione.

Il rapporto mette in luce una complessiva erosione dell’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Solo due dei Paesi in cui la libertà religiosa è a rischio hanno sperimentato miglioramenti, e sono il Kazakhstan e lo Sri Lanka. Rientrano nella categoria della persecuzione Cina, India, Nigeria e Corea del Nord, e in 18 Paesi su 24 la situazione è peggiorata nel biennio in esame.

La discriminazione religiosa tocca 36 Paesi, ovvero 1,1 miliardi di persone potenzialmente a rischio. La lista include l'Egitto, l'Etiopia, il Messico, la Turchia e il Vietnam. Lì le minoranze religiose affrontano restrizioni sistematiche al culto, alla libertà di espressione e all’uguaglianza giuridica. Sebbene non siano soggette a repressione violenta, le discriminazioni comportano spesso emarginazione e ineguaglianza legale.

Poi ci sono 26 Paesi sotto osservazione. Ci sono dunque 940 milioni di persone che stanno sperimentando un aumento dell’intolleranza, un’erosione delle tutele giuridiche, l’estremismo religioso e l’interferenza statale nella vita religiosa .

La principale minaccia alla libertà religiosa è data dall’autoritarismo, sperimentato, ad esempio, in Cina, Eritrea, Iran e Nicaragua, dove lo Stato reprime la religione attraverso sorveglianza capillare, norme restrittive e la repressione del dissenso religioso. Il governo autoritario è tra i principali fattori di persecuzione in 19 Paesi e costituisce il fondamento dei modelli di discriminazione in altri 31.

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La violenza jihadista si intensifica, si adatta e destabilizza su una scala senza precedenti. In 15 Paesi l’estremismo religioso rappresenta uno dei principali fattori di persecuzione, mentre in altri 10 contribuisce a forme di discriminazione. Dal Sahel al Pakistan, reti jihadiste decentralizzate colpiscono sia cristiani sia musulmani che rifiutano l’ideologia estremista. Gruppi come JNIM (Jama’at Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin) e ISSP (Provincia del Sahel dello Stato Islamico) hanno consolidato il proprio controllo nel Sahel, mentre Ansar al-Sunna (ISCAP) in Mozambico e le Forze Democratiche Alleate (ADF) nella Repubblica Democratica del Congo mirano a stabilire un “califfato” nell’Africa centrale per legittimare la loro autorità e la loro ideologia.

Il nazionalismo religioso cresce e alimenta l’esclusione delle minoranze. L’identità nazionale è sempre più definita da forme di nazionalismo etno-religioso che erodono i diritti delle minoranze. In India e Myanmar, questo fenomeno si traduce in persecuzioni sistematiche; in Palestina, Israele, Sri Lanka e Nepal genera discriminazioni strutturali. L’India costituisce l’esempio più emblematico di “persecuzione ibrida”, dove strumenti giuridici e violenze di massa convergono contro le comunità minoritarie. Le narrazioni maggioritarie vengono utilizzate come strumenti politici, mentre sistemi legali e amministrativi consolidano condizioni di cittadinanza di seconda classe.

E c’è poi la questione delle migrazioni forzate e gli sfollamenti su larga scala. In Nigeria, gli attacchi di militanti fulani radicalizzati hanno devastato villaggi e comunità cristiane, provocando sfollamenti di massa. Nel Sahel — Burkina Faso, Niger, Mali — così come a causa della guerra civile in Sudan, intere comunità religiose sono state sradicate, i loro luoghi di culto distrutti e il loro patrimonio cancellato.

Il rapporto mette in luce anche come il crimine organizzato prende di mira sistematicamente comunità e leader religiosi, con i casi limite della Nigeria, dell'Haïti e del Messico, e con le chiese saccheggiate in America Latina e Africa subsahariana.

Ma la libertà religiosa è anche “vittima collaterale” dei conflitti, e succede in Ucraina, Sudan, Myanmar, Gaza e Nagorno Karabakh, dove ci sono stati, nota il rapporto “sfollamenti di massa, la chiusura di chiese e attacchi mirati contro comunità religiose, aggravando l’erosione della libertà di credo”.

In particolare, in seguito all’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023 e il conflitto a Gaza, si è registrato un forte incremento di atti antisemiti e anti-islamici in Europa, Nord America e America Latina. In Francia, gli atti antisemiti sono cresciuti del 1.000 per cento e i crimini d’odio contro i musulmani del 29 per cento. In Germania, i reati collegati al conflitto hanno raggiunto quota 4.369, rispetto ai soli 61 del 2022. Sinagoghe e moschee sono state prese di mira, individui aggrediti o minacciati e l’incitamento all’odio si è diffuso online. In molti contesti, le risposte governative sono apparse inadeguate, alimentando timori e insicurezza nelle comunità religiose.

Ma crescono anche gli episodi anticristiani nei Paesi occidentali. In Europa e Nord America è stato registrato un aumento significativo di attacchi contro siti e fedeli cristiani. Nel 2023, in Francia si sono contati circa 1.000 episodi anticristiani, mentre in Grecia sono stati registrati oltre 600 casi di vandalismo contro le chiese. In Canada, tra il 2021 e l'inizio del 2024, 24 chiese sono state incendiate. Incrementi simili sono stati segnalati anche in Spagna, Italia, Stati Uniti e Croazia, con profanazioni di luoghi di culto, aggressioni al clero e interruzioni di celebrazioni religiose, spesso motivate da ostilità ideologica, attivismo militante o estremismo anti-religioso.

Nei Paesi dell’area OSCE il diritto all’obiezione di coscienza subisce restrizioni crescenti. In Armenia, Azerbaigian, Ucraina e Russia, persone che hanno rifiutato il servizio militare per motivi religiosi o etici sono state incarcerate. Nelle democrazie occidentali, come il Belgio, le istituzioni ispirate alla fede sono sottoposte a pressioni legali sempre più forti per fornire servizi come l'aborto e il suicidio assistito, mettendo a rischio la libertà di agire secondo coscienza.

Un capitolo a parte meritano l’intelligenza artificiale e gli strumenti digitali, che vengono sempre più usati come arma contro i gruppi religiosi, con uno scambio di informazioni costante in Paesi come la Cina, la Corea del Nord e il Pakistan.

Ed è immancabile il tema delle donne, perché donne, ragazze e bambine appartenenti a minoranze religiose, anche di soli 10 anni, subiscono abusi sistematici. Il rapporto documenta i casi di gravi violazioni contro donne, in particolare in Pakistan, in Egitto, in Mozambico, dove le vittime sono state rapite e costrette alla conversione e al matrimonio forzato.

Ma è un rapporto che vuole anche mostrare speranza, perché “pur in un contesto di crescente limitazione alla libertà religiosa, hanno mostrato una resilienza incrollabile, operando come promotrici di pace e fornitrici di assistenza pastorale e d’emergenza”.

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