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Papa Leone XIV: “Gesù non è risorto a parole ma con i fatti”

L’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro

Papa Leone XIV all'Udienza Generale | Papa Leone XIV all'Udienza Generale | Credit Vatican Media Papa Leone XIV all'Udienza Generale | Papa Leone XIV all'Udienza Generale | Credit Vatican Media

“Cari fratelli e sorelle! La risurrezione di Gesù Cristo è un evento che non si finisce mai di contemplare e di meditare, e più lo si approfondisce, più si resta pieni di meraviglia, si viene attratti, come da una luce insostenibile e al tempo stesso affascinante” con queste parole papa Leone XIV ha salutato i pellegrini riuniti in piazza San Pietro per la consueta udienza generale del mercoledì. Il cielo non proprio sereno, un leggero freddo mattutino di fine ottobre, non ha certo impedito ai pellgerini di essere numerosi in piazza San Pietro. Il loro entusiasmo riscalda. Annuncia la gioia di essere con il proprio papa. Papa Leone XIV li incontra, li saluta, facendo il suo giro in papa-mobile. 

La Resurrezione, questo il tema-cardine della catechesi del pontefice. Una Resurrezione che papa Leone XIV definisce “esplosione di vita e di gioia” che “ha cambiato il senso dell’intera realtà, da negativo a positivo”. Sottoliena, inoltre, che non sia “avvenuta in modo eclatante, men che meno violento, ma mite, nascosto, si direbbe umile”.

 

E, nel concreto, poi papa Leone XIV incardina la sua riflessione. Parla di uno dei mali del nostro mondo contemporaneo, la tristezza: la Resurrezione, per il pontefice, può guarire la tristezza. Una tristezza “invasiva e diffusa” e che “accompagna le giornate di tante persone”. Quali sono gli effetti di questa tristezza? Papa Leone XIV li spiega: “La tristezza sottrae senso e vigore alla vita, che diventa come un viaggio senza direzione e senza significato”. Cita, a proposito, l’episodio evangelico di Luca dei due discepoli di Emmaus: “Essi, delusi e scoraggiati, se ne vanno da Gerusalemme, lasciandosi alle spalle le speranze riposte in Gesù, che è stato crocifisso e sepolto. Nelle battute iniziali, questo episodio mostra come un paradigma della tristezza umana: la fine del traguardo su cui si sono investite tante energie, la distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita”. Un momento delicato perché in questo episodio sembra davvero che la “speranza è svanita” e “la desolazione ha preso possesso del cuore”. Così sottolinea papa Leone XIV. 

 

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Lo definisce “triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario” quello intrapreso dai discepoli di Emmaus: i due uomini “danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce ancora impresso nei loro occhi e nel loro cuore. Tutto sembra perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso, sperando di non essere riconosciuti”. 

A questo punto, ecco allora la sopresa che nessuno si aspettava: si affianca a loro un uomo, “è Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato”. In quel momento  Gesù li ascolta, lascia che parlino con lui della loro delusione. Ma poi, “con grande franchezza, li rimprovera di essere «stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» e attraverso le Scritture dimostra che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere” continua il papa. 

 

Ed è proprio allora che “nei cuori dei due discepoli si riaccende il calore della speranza, e allora, quando ormai scende la sera e arrivano alla meta, invitano il misterioso compagno di strada a restare con loro. Gesù accetta e siede a tavola con loro. Poi prende il pane, lo spezza e lo offre. In quel momento i due discepoli lo riconoscono”. Ma, in quel momento, subito sparisce dalla loro vista . E’ stato il gesto dello spezzare il pane a illuminare i loro cuori. Tutto si chiarisce: “Il cammino condiviso, la parola tenera e forte, la luce della verità... Subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri”.

 

“Il Signore è veramente Risorto”: per il pontefice, “in questo avverbio, veramente, si compie l’approdo certo della nostra storia di esseri umani. Non a caso è il saluto che i cristiani si scambiano nel giorno di Pasqua. Gesù non è risorto a parole, ma con i fatti, con il suo corpo che conserva i segni della passione, sigillo perenne del suo amore per noi” così papa Leone XIV commenta il passo evengelico. In questo momento, “la vittoria della vita non è una parola vana, ma un fatto reale, concreto”. Questo episodio deve essere di monito a tutti - conclude papa Leone XIV - quando “il cammino si fa duro”. E, infine, dice: “Riconoscere la Risurrezione significa cambiare sguardo sul mondo: tornare alla luce per riconoscere la Verità che ci ha salvato e ci salva. Sorelle e fratelli, restiamo vigili ogni giorno nello stupore della Pasqua di Gesù risorto. Lui solo rende possibile l’impossibile!”. 

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