Città del Vaticano , giovedì, 27. novembre, 2025 12:30 (ACI Stampa).
Tra l'incontro di Paolo VI e il Patriarca Atenagora a in Terra Santa e la visita del Papa ad Istanbul passano tre anni. Nella chiesa patriarcale di San Giorgio il patriarca saluta colui che è "vescovo di Roma, il primo in onore [e che] ‘presiede nella carità’ (Ignazio, Lettera ai Romani)". Paolo VI risponde con il pensiero dei Padri, che vissero in queste terre e i grandi concili dei primi secoli della Chiesa, che vi si celebrarono.
"La carità- dice il Papa parlando in francese- ci permette di prendere maggiormente coscienza della profondità stessa della nostra unità, mentre allo stesso tempo rende più dolorosa l'attuale impossibilità di vedere questa unità realizzarsi nella concelebrazione, e ci spinge a fare tutto il possibile per accelerare la venuta di quel giorno del Signore. Vediamo così più chiaramente che spetta ai capi delle Chiese, alla loro gerarchia, guidare le Chiese sulla via che conduce alla piena comunione ritrovata. Devono farlo riconoscendosi e rispettandosi come pastori della parte del gregge di Cristo loro affidata, avendo cura della coesione e della crescita del popolo di Dio ed evitando tutto ciò che potrebbe disperderlo o creare confusione nelle sue file. Così, fin da ora e proprio grazie a questo sforzo, potremo rendere una testimonianza più efficace nel nome di Cristo, che ha voluto che fossimo uno affinché il mondo credesse".
A poco più di un anno dalla sua elezione, dal 28 al 30 novembre 1979 in occasione della festa dell’apostolo Sant’ Andrea, Giovanni Paolo II si reca in visita a Costantinopoli per incontrare il patriarca Dimitrios I, successore di Atenagora, morto nel 1972. Nell’arco di appena due giorni, il 29 e il 30 novembre, il Papa e il Patriarca si incontrano per ben tre volte. Il viaggio è segnato dall’annuncio dell’imminente inizio del dialogo teologico ufficiale tra le Chiesa cattolica e tutte le Chiese ortodosse. Nei vari discorsi Giovanni Paolo II ricorda che per un millennio le "due Chiese sorelle hanno saputo crescere insieme", poi, nel secondo millennio, per molte cause e problematiche, esse si sono "fissate nella loro separazione".
E con lo sguardo a Maria ad Efeso ripete: "Di una cosa, in particolare, noi vogliamo oggi assumere l’impegno ai piedi di questa nostra comune Madre: noi ci impegniamo a portare avanti, con ogni nostra energia e in atteggiamento di totale disponibilità ai suggerimenti dello Spirito, il cammino verso la piena unità di tutti i cristiani. Sotto i suoi occhi materni noi siamo pronti a riconoscere i nostri reciproci torti, i nostri egoismi, le nostre lentezze: ella ha generato un Figlio unico, noi purtroppo glielo presentiamo diviso".
Benedetto XVI si è recato ad Isatanbul il 28-30 novembre 2006. Al centro dei discorsi del Papa e del patriarca Bartolomeo I tornano i ricordi dei numerosi avvenimenti che dal Concilio Vaticano II in poi hanno riavvicinato le due Chiese. Nella Divina Liturgia de 30 novembre il Papa sottolinea: "I nostri sforzi per edificare legami più stretti fra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse sono parte di questo compito missionario. Le divisioni esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo ed un ostacolo per la proclamazione del Vangelo. Alla vigilia della propria passione e morte, il Signore, attorniato dai discepoli, pregò con fervore che essi fossero uno, così che il mondo possa credere (cfr Gv 17,21). È solo attraverso la comunione fraterna tra i cristiani e attraverso il reciproco amore che il messaggio dell'amore di Dio per ogni uomo e donna diverrà credibile. Chiunque getti uno sguardo realistico al mondo cristiano oggi scoprirà l'urgenza di tale testimonianza".




