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Da Paolo VI a Leone XIV, i Pontefici ad Istambul e il dialogo con gli ortodossi

Il buon rapporto con il Patriarcato ecumenico e le difficoltà con gli altri Patriarcati

Paolo VI e Atenagora |  | Vatican Media Paolo VI e Atenagora | | Vatican Media

Tra  l'incontro di Paolo VI e il Patriarca Atenagora a in Terra Santa e la visita del Papa ad Istanbul passano tre anni. Nella chiesa patriarcale di San Giorgio il patriarca saluta colui che è "vescovo di Roma, il primo in onore [e che] ‘presiede nella carità’ (Ignazio, Lettera ai Romani)". Paolo VI risponde con il pensiero dei Padri, che vissero in queste terre e i grandi concili dei primi secoli della Chiesa, che vi si celebrarono.

"La carità- dice il Papa parlando in francese-  ci permette di prendere maggiormente coscienza della profondità stessa della nostra unità, mentre allo stesso tempo rende più dolorosa l'attuale impossibilità di vedere questa unità realizzarsi nella concelebrazione, e ci spinge a fare tutto il possibile per accelerare la venuta di quel giorno del Signore. Vediamo così più chiaramente che spetta ai capi delle Chiese, alla loro gerarchia, guidare le Chiese sulla via che conduce alla piena comunione ritrovata. Devono farlo riconoscendosi e rispettandosi come pastori della parte del gregge di Cristo loro affidata, avendo cura della coesione e della crescita del popolo di Dio ed evitando tutto ciò che potrebbe disperderlo o creare confusione nelle sue file. Così, fin da ora e proprio grazie a questo sforzo, potremo rendere una testimonianza più efficace nel nome di Cristo, che ha voluto che fossimo uno affinché il mondo credesse".

A poco più di un anno dalla sua elezione, dal 28 al 30 novembre 1979 in occasione della festa dell’apostolo Sant’ Andrea, Giovanni Paolo II si reca in visita a Costantinopoli per incontrare il patriarca Dimitrios I, successore di Atenagora, morto nel 1972. Nell’arco di appena due giorni, il 29 e il 30 novembre, il Papa e il Patriarca si incontrano per ben tre volte. Il viaggio è segnato dall’annuncio dell’imminente inizio del dialogo teologico ufficiale tra le Chiesa cattolica e tutte le Chiese ortodosse. Nei vari discorsi Giovanni Paolo II ricorda che per un millennio le "due Chiese sorelle hanno saputo crescere insieme", poi, nel secondo millennio, per molte cause e problematiche, esse si sono "fissate nella loro separazione".

E con lo sguardo a Maria ad Efeso ripete: "Di una cosa, in particolare, noi vogliamo oggi assumere l’impegno ai piedi di questa nostra comune Madre: noi ci impegniamo a portare avanti, con ogni nostra energia e in atteggiamento di totale disponibilità ai suggerimenti dello Spirito, il cammino verso la piena unità di tutti i cristiani. Sotto i suoi occhi materni noi siamo pronti a riconoscere i nostri reciproci torti, i nostri egoismi, le nostre lentezze: ella ha generato un Figlio unico, noi purtroppo glielo presentiamo diviso".

Benedetto XVI si è recato ad Isatanbul il 28-30 novembre 2006. Al centro dei discorsi del Papa e del patriarca Bartolomeo I tornano i ricordi dei numerosi avvenimenti che dal Concilio Vaticano II in poi hanno riavvicinato le due Chiese. Nella Divina Liturgia de 30 novembre il Papa sottolinea: "I nostri sforzi per edificare legami più stretti fra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse sono parte di questo compito missionario. Le divisioni esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo ed un ostacolo per la proclamazione del Vangelo. Alla vigilia della propria passione e morte, il Signore, attorniato dai discepoli, pregò con fervore che essi fossero uno, così che il mondo possa credere (cfr Gv 17,21). È solo attraverso la comunione fraterna tra i cristiani e attraverso il reciproco amore che il messaggio dell'amore di Dio per ogni uomo e donna diverrà credibile. Chiunque getti uno sguardo realistico al mondo cristiano oggi scoprirà l'urgenza di tale testimonianza".

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Il viaggio di Papa Francesco avviene nel cinquantesimo anniversario dell’approvazione del decreto Unitatis redintegratio sull’impegno ecumenico della Chiesa cattolica. Nella omelia della Divina Liturgia Papa Francesco dice: "Voglio assicurare a ciascuno di voi che, per giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme, alla luce dell’insegnamento della Scrittura e della esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze: l’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come Vescovo di Roma, “la Chiesa che presiede nella carità”, è la comunione con le Chiese ortodosse".

Per molti aspetti è semplice seguire la linea del pensiero dei Papi riguardo al rapporto con il mondo Ortodosso dopo il Concilio Vaticano II, ma è anche vero che Bartolomeo I non affatto rappresentativo di tutto il mondo ortodosso. Ed è in questo che sta la difficoltà. Ci sono tante differenti chiese per lo più nazionali come quella Russa, e non certo pronte all'unione con Roma non tanto per questioni teologiche, ma piuttosto politiche. Proprio con il mondo ortodosso legato al Patriarcato di Mosca ci sono le maggiori difficoltà. La dichiarazione firmata da Papa Francesco a Cuba insieme al Patriarca Kirill nel 2016 ha di fatto lasciato tutto come era prima.

Il vero viaggio che i Pontefici sognano e che farebbe la differenza è a Mosca. Ma non è nell'orizzonte attualmente possibile.

A Istanbul il Papa riceverà anche un richiesta del Patriarca per poter riaprire il seminario di Halki?

Anche la questione annosa è sempre sul tavolo dei viaggi pontifici. Un seminario antico e illustre chiuso dal governo turco decenni fa.

 

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