Kiev , mercoledì, 10. dicembre, 2025 9:00 (ACI Stampa).
Quella dell’Ucraina è una vittoria che, se verrà, rappresenterà la vittoria della luce sulle tenebre, e non solo una mera vittoria militare. Perché in un mondo in cui il diritto della forza ha soppiantato la forza del diritto, superare una difficile situazione di una guerra arrivata al dodicesimo anno, ma che da quattro anni è ormai ad alta intensità, sarebbe solo volontà di Dio.
I vescovi del sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina lo scrivono in una lettera pastorale per l’Avvento densa di contenuti messianici e a suo modo drammatica, perché indirizzata ad un popolo che sembra aver perso la speranza. Sebbene i temi siano rimasti quelli ormai ricorrenti nella risposta pastorale alla guerra, c’è, nel tono, una forza nuova, una nuova tensione drammatica che si adatta ai tempi che si stanno vivendo”.
La lettera, firmata a nome del Sinodo da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, prima di tutto sottolinea che il Natale è una “opportunità per rinnovare la fede”, specialmente oggi, in un tempo di “grande prova”, mentre “davanti ai nostri occhi, si sgretola l’ordine globale, vengono distrutte le basi dell’esistenza umana costruite sul diritto e sulla giustizia”, e “il diritto della forza, come nei secoli bui del passato, di nuovo espelle la forza del diritto”.
La guerra in Ucraina è descritta come “guerra esistenziale”, e “uno scontro di civiltà”, perché il mondo è diviso tra “chi aspira alla libertà e chi sceglie le tenebre e la violenza”. Ed è una guerra che si trascina da dodici anni, ma da quattro in conformazione totale, e si sente “stanchezza, ma non sconfitta”.
I vescovi greco-cattolici ucraini sottolineano che sì, c’è ancora possibilità di vincere, ma che prima di tutto si deve vivere una “disponibilità duratura a formare e difendere una comunità di amici, sia tra connazionali che tra altri popoli”, poiché “la vera forza del popolo nasce dalla disciplina interiore”, e servono “limitazione e autocontrollo”, ma anche “digiuno, preghiera, misericordia verso i bisognosi, rinuncia agli eccessi e alla tentazione dell’egoismo”, perché “chi ha padronanza di sé e sa compiere un autosacrificio consapevole merita la vittoria”, la quale “inizia con la capacità di superare le proprie passioni, con la prontezza a porre il bene della comunità al di sopra del comfort personale”.




