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Abusi: crimini e atrocità. La lettera di Papa Francesco al Popolo di Dio

Papa Francesco  |  | Daniel Ibanez CNA Papa Francesco | | Daniel Ibanez CNA

Gli abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate” sono “un crimine che genera profonde ferite di dolore e di impotenza, anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nell’intera comunità, siano credenti o non credenti. Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi. Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità” . E’ l’incipit della Lettera al Popolo di Dio scritta dal Papa e pubblicata questa mattina. 

Riferendosi al recente rapporto sugli abusi negli Stati Uniti, Papa Francesco sottolinea che “che le ferite non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità, come pure a concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte; le ferite non vanno mai prescritte”.

“Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale - prosegue il Papa - ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli”.

Francesco cita le parole del Cardinale Joseph Ratzinger durante la Via Crucis del 2005 dedicate alla sporcizia nella Chiesa. Se prima si rispondeva omettendo, oggi la risposta dovrà essere - aggiunge - “la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente”. Papa Francesco rivendicando la “tolleranza zero”, ammette il ritardo nella applicazione di “azioni e sanzioni così necessarie, ma sono fiducioso che esse aiuteranno a garantire una maggiore cultura della protezione nel presente e nel futuro. Unitamente a questi sforzi, è necessario che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno. Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria e ci porta a guardare nella stessa direzione dove guarda il Signore”.

Francesco invita il Popolo di Dio alla preghiera e alla penitenza: “è impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio. Di più: ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita”.

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Francesco punta il dito poi contro il clericalismo che “genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo”.

Secondo Francesco infine “l’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio. E’ imprescindibile che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili”.