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Bielorussia, la Chiesa celebra l’onomastico dell’arcivescovo lasciando un posto vuoto

Nella solennità di San Taddeo, onomastico dell’arcivescovo Kondrusiewicz, si è tenuta una celebrazione per la prima volta senza la sua presenza. Tensione con il presidente Lukashenko

Cattedrale di Minsk | La messa per l'onomastico dell'arcivescovo Kondrusiewicz celebrata dal vescovo ausiliare Kasabutsky, Minsk, 28 ottobre 2020 | Catholic.by Cattedrale di Minsk | La messa per l'onomastico dell'arcivescovo Kondrusiewicz celebrata dal vescovo ausiliare Kasabutsky, Minsk, 28 ottobre 2020 | Catholic.by

Per la prima volta da quando è arcivescovo di Minsk, Tadeusz Kondrusiewicz non è stato presente alla celebrazione eucaristica del suo onomastico in cattedrale. Ma la celebrazione c’è stata, la sua “cattedra” è stata simbolicamente lasciata vuota, mentre il vescovo ausiliare Yury Kasabutsky denunciava in una omelia il fatto che l’arcivescovo è ormai in esilio dal 31 agosto, impossibilitato a rientrare.

La celebrazione del 28 ottobre ha iniziato una sorta di escalation delle dichiarazioni. Perché il presidente Lukashenko, nei giorni successivi, è stato in visita dal metropolita ortodosso Venjamin, che aveva sostituito frettolosamente il metropolita Pawel, il quale è stato destinato ad altro incarico mentre montava la protesta. E, nelle dichiarazioni rese successivamente, il presidente ha parlato di una ottima collaborazione con la Chiesa cattolica e con le Chiese in generale, ma anche chiesto che ci vogliono sacerdoti bielorussi, formati in Bielorussia, e non sacerdoti che possano rispondere ad altre patrie, accusando ancora una volta l’arcivescovo Kondrusiewicz di essere andato in Polonia per ricevere istruzioni contro lo Stato.

Dichiarazioni cui il vescovo Kasabutsky ha sentito il dovere di rispondere con un lungo post Facebook, trovandosi persino costretto a giustificare la presentazione delle lettere credenziali dell’arcivescovo Ante Jozic, nunzio del Papa, a Lukashenko, con successivo colloquio ovviamente utilizzato dai media statali per creare una sorta di contrapposizione tra il Papa e il clero bielorusso.

È una situazione molto difficile, quella di Minsk. Scossa dalla pandemia, non si fermano comunque le proteste post-elettorali, sebbene in forma diversa da quella iniziale che tanto clamore aveva suscitato. L’arcivescovo Kondrusiewicz non ha potuto rientrare nel Paese, il Vaticano ha fatto di tutto per farlo rientrare, e al termine di un incontro a Roma con la Segreteria di Stato l’arcivescovo ha riconosciuto che lo sforzo vaticano nei suoi confronti è grandissimo.

È in questo clima, mentre lo stesso arcivescovo si appresta a compiere 75 anni il prossimo 3 gennaio e dunque potrebbe anche andare in pensione, che si è celebrato l’onomastico di San Taddeo nella cattedrale del Nome di Maria a Minsk.

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La celebrazione del 28 ottobre è stata proprio dedicata all’intenzione del ritorno in patria dell’arcivescovo.

Nella sua omelia, il vescovo Kasabutsky ha sottolineato che “l'espulsione del presidente della Conferenza dei vescovi cattolici in Bielorussia, che è stato illegalmente privato del diritto di tornare nel suo paese, è stata una manifestazione della grave persecuzione e oppressione delle persone, che sta avvenendo ora nel nostro paese”. 

Per questo, ha detto il vescovo, l’arcivescovo Kondrusiewicz è oggi un simbolo di tutte quelle persone che oggi soffrono innocentemente persecuzioni e persino torture nel nostro paese nel cuore dell'Europa nel XXI secolo.

Kasabutsky ha anche ripercorso il ministero di Kondrusiewicz, definito “il primo vescovo bielorusso della storia moderna”, il quale ha rivitalizzato la comunità e restaurato le parrocchie cattoliche. La sua impossibilità a rientrare in patria è stata definita “non tanto un atto contro l’arcivescovo, ma contro tutti i cattolici, l’intera Chiesa cattolica nel Paese, al fine di intimidirci in qualche modo”.

Per tutta risposta, il 2 novembre il presidente Lukashenko ha incontrato il metropolita Venjamin di Minsk e Zaslayl, facendo varie allusioni ad una possibile visita del Papa, e dicendo che avrebbe discusso con il Papa della questione, cosa della quale non ci sono conferme. Ma, soprattutto, Lukashenko ha parlato della formazione del clero bielorusso, perché il presidente vuole preti formati nei seminari bielorussi, in modo da non dover ricorrere a clero proveniente da “Paesi ostili”, facendo un riferimento preciso alla Chiesa Cattolica in Polonia, perché il governo polacco è in contrasto con quello bielorusso. Parole che sono anche un atto di accusa nei confronti dell’arcivescovo Kondrusiewicz, il quale era andato proprio in Polonia per presiedere una celebrazione mariana.

Anche in questo caso, la risposta del vescovo Kasabutsky non si è fatta attendere. Kasabutsky ha detto che le parole di Lukashenko sono “parole preparate e messe in bocca da ideologi e tecnici politici”, non ha voluto commentare le parole di insulto contro l’arcivescovo Kondrusiewicz, ha difeso i preti stranieri che lavorano in Bielorussia, e ha rimarcato che “la Chiesa cattolica oggi si oppone alla violenza, al bullismo e alla tortura, in particolare prega per i prigionieri politici, si oppone alla repressione e alla persecuzione, alle violazioni dei diritti umani, all’umiliazione, al licenziamento e all’espulsione dalle scuole per opinioni in contrasto con l’idelogia prevalente”.

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Il vescovo Kasabutsky ha aggiunto che “la Chiesa chiede unità, solidarietà, sostegno”, e questo è “considerato qualcosa di brutto” nel Paese. Da qui nasce la necessità di “sputare sulla Chiesa cattolica e versarvi del fango”.

Il vescovo ha anche spiegato che l’incontro dell’arcivescovo Jozic con Lukashenko il 3 novembre per la presentazione delle lettere credenziali è parte di una routine diplomatica di relazioni internazionali. Non è una spiegazione banale: in molti, tra i cattolici, si erano risentiti dell’incontro.