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Cardinale Stepinac, una targa per il suo titolo cardinalizio. Finora sconosciuto

Una storia lunga 70 anni, quel del titolo cardinalizio del Csrdinale Stepinac. Di cui fino ad oggi non si aveva notizia

Targa beato Stepinac | L'ambasciatore Pelicaric pone la targa in memoria del Beato Stepinac nella chiesa di San Paolo alla Regola. Il cardinale Monterisi la benedirà di lì a poco, Roma, 22 dicembre 2020 | Ambasciata Croata presso la Santa Sede
Targa beato Stepinac | L'ambasciatore Pelicaric pone la targa in memoria del Beato Stepinac nella chiesa di San Paolo alla Regola. Il cardinale Monterisi la benedirà di lì a poco, Roma, 22 dicembre 2020 | Ambasciata Croata presso la Santa Sede
Cardinale Stepinac | La targa per il cardinale Stepinac posta nella chiesa di San Paolo alla Regola, sua diaconia | Ambasciata di Croazia presso la Santa Sede
Cardinale Stepinac | La targa per il cardinale Stepinac posta nella chiesa di San Paolo alla Regola, sua diaconia | Ambasciata di Croazia presso la Santa Sede

Incredibile a dirsi, ma il titolo cardinalizio del Beato Cardinale Aloizije Stepinac (1898 – 1960) non era mai stato pubblicato. Perché il cardinale non poté partecipare al concistorodel 1953 con cui Pio XII gli avrebbe imposto la berretta rossa. E perché, probabilmente, rendere pubblico il suo titolo avrebbe potuto creare dei problemi. Ma ora si può dire, grazie alla ricerca di un ambasciatore, che il titolo del Cardinale Stepinac è la diaconia di San Paolo alla Regola. E il 21 dicembre, una Messa proprio a San Paolo alla Regola ha sancito questa titolarità con una targa posta proprio dallo Stato croato. E il cardinale Francesco Monterisi, attuale titolare della diaconia, ha benedetto la targa al termine della celebrazione.

L'ambasciatore è Nevan Pelicaric, che rappresenta la Croazia presso la Santa Sede dal 2016. In questi quattro anni, il caso del Cardinale Stepinac è stato più volte dibattuto. Tutto era pronto per la canonizzazione, persino un miracolo approvato già da commissione medica e teologica, ma Papa Francesco, per evitare ogni dubbio di fronte alle riserve del Patriarcato Ortodosso di Serbia, ha voluto stabilire una commissione mista cattolica – ortodossa per definire se davvero il cardinale, processato e incarcerato dai comunisti, potesse essere canonizzato al di là di ogni dubbio storico, considerando che dalla Serbia arrivavano accuse di collaborazionismo con gli ustascia. La commissione ha concluso che spetta alla Chiesa cattolica decidere, e il Papa si è preso ancora del tempo, contando sul fatto che c'è già un culto autorizzato a livello locale perché il Cardinale Stepinac è già beato.

Questo è il background. Che il cardinale Stepinac fosse un martire, lo testimonia anche la scelta di Pio XII di crearlo cardinale. E la storia ricostruita dall'ambasciatore Pelicaric, che ne redatto un dettagliato articolo pubblicato il 20 dicembre, parte proprio da un dettaglio: il modo in cui la notizia della berretta rossa a Stepinac viene ricevuta nella ex Jugoslavia.

È il 29 novembre 1952, ed è il giorno in cui Giovan Battista Montini (futuro Papa Paolo VI), appena nominato pro-segretario di Stato per gli affari ordinari, invia il suo primo telex criptato nella nuova carica alla sede della Nunziatura Apostolica di Belgrado annunciando che c'è anche Stepinac tra i nuovi cardinali che Pio XII avrebbe creato il 12 gennaio 1953. Al tempo, Stepinac era arcivescovo di Zagabria, ma soprattutto era in carcere.

È qui che comincia la storia del titolo di Stepinac. Pelicaric racconta che “è sorprendente come i numerosi esperti che hanno lavorato alla causa di beatificazione, così come i suoi biografi, non abbiano colto che mancava sempre il suo titolo cardinalizio”.

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Era impossibile che il titolo non fosse stato assegnato, semplicemente perché tutti i cardinali devono avere una diaconia e un titolo assegnato a Roma, per essere parte del clero romano insieme al Papa. E Stepinac era cardinale, sebbene non avesse mai potuto andare a Roma a ritirare la berretta cardinalizia. Non solo. Non fu nemmeno possibile al nunzio consegnare a Stepinac la bolla di nomina e le insegne cardinalizie.

Questo perché la notizia telegrafata da monsignor Montini si “diffuse come un incendio boschivo negli ambienti diplomatici, governativi ed ecclesiastici”.

Racconta Pelicaric: “In due telegrammi inviati il ​​5 e 6 dicembre 1952, su 14 pagine densamente dattiloscritte con numerosi allegati (ben 66 pagine!), monsignor Silvio Oddi (al tempo addetto di nunziatura a Belgrado) dà una dettagliata relazione sulle ‘prime reazioni’.”

E le reazioni erano sconcertanti. Al ricevimento per la festa della Repubblica di quel 29 settembre 1952, il maresciallo Tito presentava al grande pubblico la moglie Jovanka Broz, che aveva sposato in gran segreto il 15 aprile 1952. Ma l’attenzione era tutta rivolta alla notizia della prossima creazione a cardinale di Stepinac.

Ovviamente, il regime yugoslavo non poteva accettare una scelta del genere. E così, fece arrivare una serie di proteste “spontanee” (o spintanee?) da uomini della cultura, operai, membri del mondo accademico, fino alla rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, con tanto di espulsione del nunzio e di tutto il personale di nunziatura.

È una situazione difficile, che porta ad una situazione insolita: il titolo cardinalizio di Stepinac non viene comunicato. Pelicaric racconta di aver cercato anche negli Acta Apostolicae Sedis o negli annuari pontifici dell’epoca, e in tutte mancava questa informazione.

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L’ambasciatore ha continuato le ricerche, e – all’apertura degli archivi del pontificato di Pio XII – ha spulciato gli archivi della Congregazione per le Cause dei Santi, della Congregazione per i vescovi, della segreteria del Collegio Cardinalizio, delle due sezioni della segreteria di Stato. Non c’era niente.

Era difficile anche risalire all’originale, perché – racconta Pelicaric - “è noto dalle dichiarazioni di testimoni oculari che le autorità comuniste hanno intercettato l'avviso di nomina originale e lo hanno danneggiato”.

La scoperta è avvenuta però nell’archivio dell’Ufficio delle Cerimonie Liturgiche del Papa, dove negli scritti di preparazione di quel concistoro si trova appunto l’assegnazione a Stepinac della diaconia di San Paolo alla Regola.

Una scelta raffinata, in linea con l’ideale di Pio XII. San Paolo alla Regola è una chiesa antichissima, che sorge su quello che era il quartiere ebraico, dove San Paolo alloggiò mentre attendeva un giudizio da Roma, cui si era appellato. Lì, si dedicò, come gli altri, alla fabbricazione di tende e vele, di cui sembrava essere esperto, e visse del suo lavoro mentre era in cattività. Come Paolo era prigioniero, così lo era Stepinac – aveva probabilmente pensato Pio XII assegnandogli quel titolo.

E che Pio XII fosse particolarmente attento a quelle circostanze lo testimonia anche un fatto: tra i 24 cardinali creati da Papa Pacelli in quel concistoro, c’è anche Stefan Wyszynski, primate di Polonia, anche lui impossibilitato a partecipare a quel concistoro. Poté andare a Roma solo nel 1957, e lì chiederà di poter avere il titolo di Santa Maria in Trastevere al posto di quello previsto di San Quirico e Giulitta, perché a Santa Maria in Trastevere è sepolto il cardinale polacco Stanislao Osio, primo nunzio presso il Sacro Romano Impero e Camerlengo, e perché quella fu la prima chiesa dedicata al culto della Madre di Dio, cui Wyszinski era particolarmente devoto. La richiesta fu accolta.

Ma la cosa ancora più curiosa è che a Pio XII nel 1958 succede Giovanni XXIII, anche lui creato cardinale in quel concistoro del 1953. E nel concistoro quasi immediato convocato dal Papa buono il 5 dicembre 1958, viene assegnato al Cardinale Giuseppe Fietta, nunzio apostolico in Italia praticamente in pensione (ci andò nel giorno del concistoro) proprio la diaconia di San Paolo alla Regola.

Stepinac, però, era ancora in vita. Come mai l’assegnazione di quel titolo? Spiega Pelicaric: “Sembra che monsignor Dante (il cerimoniere, ndr) si sia semplicemente ‘dimenticato’ di spostare la chiesa assegnata a Stepinac dalla lista delle chiese ‘libere’ alla lista delle chiese cardinali ‘occupate’. I suoi successori oggi dicono che potrebbe essere l'unico errore di tutta la sua opera”.

E così, accertato che il titolo del Cardinale Stepinac fosse proprio quello di San Paolo alla Regola, l’ambasciata di Croazia presso la Santa Sede ha fatto apporre una targa commemorativa su una cappella della chiesa denominata Schola Sancti Pauli.

La targa recita:

BEATO ALOISIO S.R.E. CARDINALI STEPINAC HVIVS TEMPLI NACTO TITULUM | QVOD IN VINCVLIS DETENTVS NVMQVAM INTRAVIT | L̅X̅ INTERVENIENTE DIE NATALI QVO IN CAELVM MIGRAVIT LEGATIO REI PVBLICAE CROAZIA APVD S. SEVEN POSVIT | ANNO DOMINI. M̅M̅X̅X̅

Vale a dire:

“Al Beato Aloijzije, di Santa Romana Chiesa cardinale Stepinac, è stato concesso il titolo di questa chiesa, di cui, detenuto in carcere, mai ne ebbe il possesso. L'ambasciata della Repubblica di Croazia presso la Santa Sede, nel 60 anniversario del suo transito in cielo, ha posto (questa lapide)”.

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L’evento è stato accompagnato da una messa celebrata dal Cardinale Francesco Monterisi, già arciprete della Basilica di San Paolo Fuori le Mura e titolare della diaconia di San Paolo alla Regola. Il Cardinale Monterisi è stato, tra l’altro, il primo nunzio in Bosnia. E si è conclusa così, con la celebrazione del 21 dicembre, una lunga ricerca che ha aggiunto un ulteriore tassello alla vita del beato Cardinale Aloizije Stepinac.