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Concilio Vaticano I, 150 anni dopo. Le ragioni di Pio IX per difendere la fede

Si aprì con una sessione solenne ed un Credo pronunciato da Pio IX. Fu il Concilio che stabilì il dogma dell’infallibilità papale. E forse quello meno compreso di tutti

Concilio Vaticano I | Una sessione del Concilio Vaticano I | Wikimedia Commons Concilio Vaticano I | Una sessione del Concilio Vaticano I | Wikimedia Commons

Con un fortissimo “Credo”, denso di riferimenti teologici e teso a rinnovare le verità di fede, Pio IX aprì l’8 dicembre 1869 il Concilio Vaticano I. La data dell’8 dicembre non era scelta a caso. Era parte di una precisa strategia di Pio IX per rinsaldare la fede della popolazione, mentre le idee liberali cominciavano a prendere piede, Roma era praticamente sotto assedio, e si cominciava a leggere la fede non con le lenti della verità, ma attraverso quelle dell’evoluzione.

Centocinquanta anni dal Concilio Vaticano I valgono bene un ricordo e una riflessione. Angela Pellicciari, che ha dedicato buona parte dei suoi studi a rileggere la storiografia risorgimentali da un punto di vista più documentale, e dunque più vero, scrive nel suo “Una storia della Chiesa: “Nell’imminenza della conquista di Roma, Pio IX convoca il Concilio Vaticano I. Dopo millecinquecento anni, torna al potere una visione pagana della vita che sconvolge in profondità le abitudini e le istituzioni della popolazione cattolica: il popolo non è solo impoverito, è scioccato, sconfortato, amareggiato”.

La storica si riferisce alla situazione risorgimentale. A partire dalla Rivoluzione Francese, passo dopo passo, le idee liberali hanno cominciato a conquistare l’Europa. Eppure, già la Rivoluzione Francese andò proprio ad attaccare la fede. Benedetto XVI, parlando del contesto in cui nacque Papa Leone XIII durante la sua visita a Carpineto Romano del 5 settembre 2010, sottolineò che “l’Europa risentiva allora della grande tempesta Napoleonica, seguita alla Rivoluzione Francese. La Chiesa e numerose espressioni della cultura cristiana erano messe radicalmente in discussione (si pensi, ad esempio, al fatto di contare gli anni non più dalla nascita di Cristo, ma dall’inizio della nuova era rivoluzionaria, o di togliere i nomi dei Santi dal calendario, dalle vie, dai villaggi…). Le popolazioni delle campagne non erano certo favorevoli a questi stravolgimenti, e rimanevano legate alle tradizioni religiose”.

Furono idee che si fecero strada, e diventarono linfa per un movimento che era anticattolico. Si è sempre pensato che Pio IX stesse difendendo lo Stato Pontificio. Per Pio IX, però, non si trattava di andare a difendere privilegi temporali, ma piuttosto di difendere la fede. Anche perché – scrive ancora Pellicciari – “come previsto dai nemici della Chiesa, il rischio che, dopo il crollo del potere temporale, crolli, per sfiducia, anche quello spirituale, è concreto”.

E allora Pio IX , continua la storica, “conforta, rassicura, dà coraggio. La parola di Gesù è eterna e vince il mondo. Il Papa è davvero infallibile perché così Cristo ha promesso a Pietro. La fiducia nell’infallibilità di Pietro ha sempre fatto parte delle convinzioni più profonde del Credo cristiano, ma è proclamata come dogma nella Costituzione Pastor Aeternus del 1870 perché la Chiesa deve rispondere alla pretesa legge del progresso utilizzata per giustificare la violenza anticattolica e l’adeguamento ai tempi della verità cristiana”.

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Non si comprende il Concilio Vaticano I senza il dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato l’8 dicembre 1854 e il Sillabo dell’8 dicembre 1864. Un progetto unitario di Pio IX, segnato dalla ricorrenza dell’8 dicembre, che punta proprio a difendere la Chiesa.

Non è un caso che il primo pensiero di un Concilio comincia a balenarsi in Pio IX poco prima della pubblicazione del Sillabo. E anche del Sillabo andrebbe fatta una rilettura, perché viene spesso usato come prova che Pio IX si opponeva alla modernità, andando a contrastare tutte le idee liberali, inclusa quella di libertà religiosa e libertà di coscienza.

Si deve, però, considerare che il Sillabo fu concepito come un atto dovuto della missione del Papa di garantire l’ortodossia cattolica, e che, certo, fu probabilmente influenzato da alcune circostanze: la politica anti-ecclesiastica di Napoleone III in Francia e dei Savoia in Italia; l’occupazione delle legazioni dell’Umbria e delle Marche; l’anticlericalismo del Risorgimento. Situazioni che portavano a far sentire il bisogno di riaccreditare la diminuita autorità del Papa.

Eppure, il Sillabo (una appendice dell’enciclica Quanta Cura) è stato a lungo studiato, da cardinali, vescovi, rettori, in un dibattito che ha coperto un arco di 15 anni, ed è destinato alla Chiesa universale, composto di 80 preposizioni secche, essenziali, che elencano gli errori della nostra epoca, ma che non hanno la natura teologica che qualifichi le idee condannate come eretiche. Questioni di sfumature, certo. Ma sfumature fondamentali. Perché mostrano come il Sillabo non avesse alcun significato politico.

Sottolinea ancora Angela Pellicciari: “Papa Mastai Ferretti difende la dottrina di salvezza di cui è custode, perfettamente compiuta in Cristo e non bisognosa di alcun miglioramento. Difende la possibilità per l’uomo di operare scelte assolute (difende i voti religiosi e l’indissolubilità del matrimonio), come la capacità del vicario di Cristo di fare scelte infallibili. Pio IX difende contro tutto e contro tutti la verità cattolica che il «feroce odio di origine chiaramente diabolica contro la nostra religione» (Gravissimum supremi, 1866) prova con tutti i mezzi a distruggere”.

Si tratta, insomma, di questioni di fede. E si arriva così a quell’8 dicembre 1869. Il Credo pronunciato da Pio IX è una dichiarazione programmatica.

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“Con fermezza di fede – afferma Pio IX - ammetto ed abbraccio le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le altre pratiche e costituzioni della stessa chiesa. Così pure accetto la sacra scrittura nel senso che ha ritenuto e ritiene la Santa Madre Chiesa, cui è riservato giudicare del senso vero e dell’interpretazione delle sacre scritture; e non l’accetterò ed interpreterò mai se non secondo l’unanime consenso dei padri”.

E poi, alla conclusione. “Io, Pio, prometto solennemente e giuro di ritenere fermissimamente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica, - fuori della quale nessuno potrà esser salvo, e che ora spontaneamente professo e ritengo veramente - integra e senza macchia fino all’ultimo respiro della mia vita, e di cercare (che essa sia ritenuta) da tutti, per quanto è in me”.

C’è un giornale, a Roma, che segue il Concilio Vaticano I passo dopo passo, nella rubrica “Cose interne”: è l’Osservatore Romano, nato nel 1861, allora ancora non giornale vaticano, ma che pure nasce con lo scopo, dichiarato al ministero dell’Interno per chiedere l’autorizzazione della pubblicazione, di “smascherare e confutare le calunnie che si scagliano contro di Roma e del pontificato romano”. Nel 1870, dopo la presa di Roma, L’Osservatore resterà l’unico giornale legato alla Santa Sede, perché il quotidiano ufficiale dello Stato Pontificio, il giornale di Roma, viene soppresso.

Ma la presa di Roma segna anche la sospensione del Concilio Vaticano I. Aveva, in quell’anno di vita , prodotto vivace dibattito tra i 700 vescovi partecipanti e due costituzioni.

La prima è la Dei Filius, che spiegava come esistesse un Dio personale che ha creato liberamente il mondo e lo governa con la sua provvidenza; che l’esistenza di Dio può essere conosciuta e dimostrata con la ragione, ma resta la necessità della rivelazione; non c’è opposizione tra fede e ragione.

La seconda è la Pastor Aeternus, che è quella sull’infallibilità in cui si sottolinea che il Papa, quando parla ex cathedra, gode “di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e i costumi.

Poi, con la presa di Roma, il Concilio fu sospeso perché non poteva più essere libero, e chiuso definitivamente solo nel 1962, quando comincerà il Concilio Vaticano II. In tutti quegli anni, era cambiato l’approccio: il Concilio Vaticano I doveva difendersi dal mondo, il Concilio Vaticano II puntava ad andare nel mondo per evangelizzarlo. Ma non può esistere il Secondo senza il Primo, e non c’è Chiesa senza verità di fede.

Centocinquanta anni dopo, restano forti gli attacchi alla dottrina della Chiesa, e molte sono state le iniziative per difenderla, come, ad esempio, il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica o la dichiarazione Dominus Iesus. Si è trattato di modi diversi di portare avanti lo stesso obiettivo, in situazioni diverse.

Certo, il Concilio Vaticano I non nasceva solo in un clima di ostilità, ma di vera e propria guerra contro la Chiesa. E se poi la perdita dello Stato pontificio fu provvidenziale, come spiegò Benedetto XVI durante il viaggio in Germania nel 2011, perché liberò la Chiesa dalle sovrastrutture, è vero che la Chiesa non si difese militarmente, ma difese piuttosto la fede dei semplici.

E lo faceva anche perché quel tempo fu tempo di rivelazioni. Da Santa Margherita Alacoque che chiede di costruire una basilica al re di Francia – auspicio che si realizzerà solo molto dopo con la costruzione della Basilica di Montmartre – alla medaglia miracolosa di Santa Caterina Labouré di cui Pio IX fece uso, alle apparizioni di Lourdes.

È un tempo difficile per i cattolici, un tempo in cui crollano le loro certezze. La Madonna viene in soccorso con rivelazioni, Pio IX prova a dare un fondamento intellettuale al tutto con il Concilio. E, sì, forse la storia andrebbe riletta al di fuori dell’ottica risorgimentale perché possa essere compresa in appieno.