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Coronavirus, l’allarme dell’Ordine di Malta: “Preoccupazione per le aree di conflitto”

La diffusione della pandemia ancora più a rischio nelle zone di guerra, dove l’accesso all’assistenza umanitaria di base è scarso e insufficiente

Ordine di Malta | Una delle ambulanze dell'Ordine di Malta | orderofmalta.int Ordine di Malta | Una delle ambulanze dell'Ordine di Malta | orderofmalta.int

Una risposta congiunta alla diffusione del Coronavirus nelle aree di conflitto, perché è lì che i sistemi medici hanno più difficoltà a far fronte alle attuali esigenze: è l’appello del Sovrano Militare Ordine di Malta, Stato senza territorio che vanta una rete diplomatica che abbraccia 109 tra Stati e organismi e internazionali e conta una rete di 80 mila volontari sparsa in 120 Paesi del Mondo.

Il Grande Ospedaliere dell’Ordine di Malta, Dominique de La Rochefoucald-Montbel, nota che “le preoccupazioni crescono per le comunità che vivono in zone di guerra in tutto il mondo, dove l'accesso all'assistenza sanitaria di base è scarso e insufficiente. Gli sfollati di queste zone soffrono per la carenza di acqua potabile, cibo e servizi sanitari".

Una delle zone calde è l’Africa. Sono 25 i Paesi africani che hanno già segnalato casi di Covid 19, ma la rete dell’Ordine di Malta si espande su circa 30 Paesi africani, dove fornisce attrezzature di protezione alle equipe mediche, come materiali e prodotti di disinfezione e piccole attrezzature, tra cui tensiometri, tende a concentrazione e barelle.

Ci sono zone, nota l’Ordine di Malta, a rischio di “tsunami sanitario”, come il Sudafrica. Lì c’è Padre Gerard, fondatore e presidente della Confraternita del Beato Gerardo a Mandeni, una delle aree più povere del mondo. Padre Gerard ha notato che “il Sudafrica è un Paese di 59 milioni di abitanti, il numero di contagiati è ancora basso, ma dobbiamo affrettarci. Secondo le previsioni del ministero della Salute, il 60-70 per cento della popolazione sudafricana sarà infettata dal virus, e il modello epidemiologico prevede tra 88 mila e 350 mila morti solo per il Sudafrica”.

Preoccupazioni anche per il possibile focolaio di coronavirus in Siria, nazione da dieci anni in guerra, che ha visto la fuga di quasi un milione di persone dalla sola zona di Idlib nel corso dell’ultimo anno. Molti di questi sfollati vivono in insediamenti sovraffollati, dove le condizioni igieniche e sanitarie sono molto scarse.

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Janine Janine Lietmeyer, Team Leader Middle East del Malteser International, l'agenzia di soccorso internazionale dell'Ordine di Malta, sottolinea che “la situazione nel Nord-Ovest della Siria era già molto fragile prima dell'epidemia di Coronavirus, ora con quasi un milione di nuovi sfollati interni in movimento, una rapida diffusione del virus provocherebbe conseguenze oltre ogni immaginazione. Il sistema sanitario già ora non è in grado di affrontare le conseguenze legate alla guerra".

Il lavoro dell’Ordine di Malta sul territorio è quello di rafforzare la capacità sanitaria, ma anche di intensificare le attività nel settore idrico, igienico e sanitario, mentre è molto difficile fornire le necessarie attrezzature di protezione dal coronavirus, perché – afferma Lietmeyer – “nulla è disponibile sul mercato locale”.

Continua il lavoro dell'Ospedale della Sacra Famiglia dell'Ordine di Malta a Betlemme, L’ospedale è dotato dell'unica e sola unità di terapia intensiva neonatale in tutta la regione. Lo scorso 6 marzo, Betlemme è stata chiusa e considerata zona rossa, ma sono nati circa 150 bambini, nonostante le maggiori difficoltà di trasportare i neonati prematuri nell’ospedale, nota Michele Bowe, ambasciatore dell’Ordine di Malta in Palestina. La situazione nella regione è particolarmente preoccupante a causa della mancanza di attrezzature mediche come ventilatori e ossigeno e per la carenza di maschere, alcool e disinfettanti.

Sono preoccupazioni comuni anche ad altri Paesi che attraversano crisi umanitarie e sociali, come i Paesi dell’America Latina – le difficoltà della regione sono state tra l’altro menzionate da Papa Francesco durante l’Urbi et Orbi di Natale.

 Jelena Kaifenheim, responsabile regionale del Malteser International per le Americhe, racconta che "in Colombia, abbiamo un medico distaccato presso la segreteria sanitaria di La Guajira per sostenere la gestione delle crisi. Le severe misure di quarantena in Colombia hanno creato ulteriori esigenze. La situazione è ora drammatica, soprattutto per i rifugiati venezuelani e le popolazioni locali, che sopravvivono con lavori umili e che ora faticano a sfamarsi". La maggior parte di loro non ha accesso all'acqua, al sapone, ai servizi sanitari e non ha le condizioni di base per rispettare le norme di quarantena in materia di igiene".

Il Malteser International fa anche parte di un gruppo di crisi che comprende l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione Panamericana della Sanità (PAHO) e il ministero della sanità colombiano.

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