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Di cosa hanno parlato gli studiosi di Ratzinger allo Schuelerkreis?

Il 24 settembre, gli allievi di Benedetto XVI hanno tenuto un simposio pubblico, come si fa ormai da qualche anno. Al centro delle riflessioni, lo sviluppo della dottrina

Ratzinger Schuelerkreis 2022 | Un momento del simposio del Ratzinger Schuelerkreis 2022 | Rudolf Gehrig / CNA Deutsch Ratzinger Schuelerkreis 2022 | Un momento del simposio del Ratzinger Schuelerkreis 2022 | Rudolf Gehrig / CNA Deutsch

Gli allievi di Ratzinger, riuniti nello Schuelerkreis, e gli studiosi giovani di Ratzinger, che formano il nuovo Schuelerkreis, si sono riuniti ancora una volta a Roma. Tre giorni di discussioni, dal 22 al 25 settembre, con un simposio pubblico il 24 settembre per discutere in pubblico, a partire dalla teologia di Benedetto XVI, di un tema specifico. E quest’anno il tema era di straordinaria attualità: “Io ho infatti ho ricevuto quello che a mia volta vi ho trasmesso (1 Cor 11,23). Verità vincolanti e sviluppo della dottrina della Chiesa”.

Il professor Helmut Moll, che di Ratzinger è stato allievo e che è stato anche relatore dello Schuelerkreis del 2017, ha discusso sul tema delle radici della teologia e del pensiero di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI. E le radici, secondo il professore, sono quattro: il mondo bavarese e la famiglia in cui è cresciuto; la liturgia e la sua importanza nella vita della Chiesa; l’interpretazione canonica della Sacra Scrittura; la religiosità dell’esistenza cristiana.

Inaugurando i lavori, il Cardinale Kurt Koch, che è responsabile dello Schuelerkreis, ha sottolineato che il punto di partenza della dottrina “è il movimento del ricevere, perché la fede della Chiesa è un dono di Dio”, e “la rivelazione di Dio è principalmente indirizzata alla Chiesa, dalla quale viene ricevuta e trasmessa”.

Ma – aggiunge – “la tradizione non deve essere intesa semplicemente come una trasmissione quasi meccanica di credenze ereditate nel senso di archiviare ciò che è accaduto. Piuttosto, è da considerarsi come un ‘processo dinamico’ in cui il tradizionale corpo di fede viene contemporaneamente reinterpretato e sviluppato per adattarsi alla particolare situazione della Chiesa”.

Il professor Uwe Lang ha ricordato: “Nel suo libro Lo spirito della liturgia, Joseph Ratzinger scrive anche in modo impressionante sull'importanza del retto modo di adorare Dio. La comprensione di Dio e del mondo da parte della fede cristiana si esprime nella liturgia della Chiesa, ed è un esercizio di incontro con il Signore, al di là di ogni debolezza e limitazione umana, che nel suo Mistero pasquale «ci attira a sé e ci attira alla comunione chiamate”.

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E nella liturgia, “Joseph Ratzinger è diventato un pioniere, ispirando una nuova generazione di ricercatori a sfidare il paradigma dominante che la storia della Messa romana in particolare ha portato dal primo sviluppo dinamico attraverso il declino medievale alla prima stagnazione moderna. Attraverso i suoi importanti contributi, Ratzinger ha anche incoraggiato una riflessione critica sulle riforme liturgiche del XX secolo e uno sguardo sobrio sullo stato attuale del culto cattolico”.

Sul tema della rivelazione, poi – ha sottolineato il vescovo Voderholzer – “l'aver elaborato l'importanza della Chiesa come soggetto di accoglienza e trasmissione della rivelazione e in questo senso come portatrice di tradizione è uno dei più originali e insieme più importanti approfondimenti teologici del giovane professore Joseph Ratzinger. Così facendo, egli – mediato dal cardinale Frings – ha preparato la costituzione rivelativa Dei Verbum in modo significativo e, soprattutto, fondamentale”.

La questione del diritto canonico è stata affrontata dal salesiano Markus Graulich. “Le norme del diritto canonico – ha detto - sono vincolate alla rivelazione e ai fondamenti teologici che ne derivano, che presenta il Magistero vivo della Chiesa. Servono al popolo di Dio per orientarsi verso la meta che gli è stata data dal Signore. Come fede Se non si può fare a meno di professare i dogmi della fede, ma in essi non si esaurisce, allora la pratica della fede non può fare a meno della norma della legge, ma non si limita ad essa.

Concludendo i lavori, il Cardinale Koch ha sottolineato come Benedetto XVI ritenga “possibile lo sviluppo dottrinale solo se realmente è sviluppato nella continuità e non cambiamento nella rottura”, e questa posizione si è vista nelle sue decisioni da Papa, e in particolare nella sua posizione sulla Messa uso antiquor o nella posizione con i lefevbriani.

E ancora, il Cardinale Koch ha notato che “il Vaticano II è stato un concilio di riforma. Non ha creato una nuova Chiesa in rottura con la tradizione, né ha inteso una nuova fede, ma una Chiesa rinnovata e un rinnovamento della fede nello spirito del messaggio cristiano, rivelato una volta per sempre e tramandato nella viva tradizione della Chiesa. Il vero rinnovamento consiste dunque nel ritorno all'originale, che è da considerarsi normativo”.

Ha poi concluso: “Quanto si può dire della riforma della Chiesa vale anche per il rinnovamento e l'ulteriore sviluppo dell'insegnamento della fede. Deve essere basato sulla rivelazione vincolante ed essere reinterpretato nel rispettivo tempo in modo tale da essere utilizzato dalle persone”.

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