Advertisement

Diplomazia pontificia, dal conflitto in Siria al pericolo delle armi robot

Cardinale Zenari | La relazione sulla Siria del Cardinale Mario Zenari al Convegno Cardinale Zenari | La relazione sulla Siria del Cardinale Mario Zenari al Convegno "Disparità Globali in materia di Salute", Aula Nuova del Sinodo, 17 novembre 2017 | Facebook - Pierre-Yves Fux

La diplomazia della Santa Sede opera a più livelli: c’è l’impegno internazionale alle Nazioni Unite e nel multilaterale, che si preoccupa di fare in modo che i trattati e i negoziati abbiano come fine il bene comune, e come focus la dignità dell’essere umano. E poi c’è la diplomazia sul campo, quella fatta dai nunzi in situazioni difficili. Una conferenza in Vaticano, la plenaria di un Pontificio Consiglio e l’impegno della Santa Sede all’ufficio ONU di Ginevra questa settimana sono unite da un particolare filo rosso, tutto da esplorare.

La relazione del Cardinale Zenari sulla Siria

Al convegno sulla “Disparità globali in material sanitaria”, che si è tenuto dal 16 al 18 novembre, in Vaticano, è intervenuto anche il Cardinale Mario Zenari, nunzio in Siria. Elevando il nunzio al rango di cardinale, Papa Francesco ha voluto testimoniare una particolare vicinanza verso il popolo siriano. In una situazione difficile definita “la peggiore catastrophe provacata dall’uomo dopo la Seconda Guerra Mondiale” da Zeid Ra’ad al Hussein, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, il Cardinale Zenari si è fatto con tenacia promotore dell’iniziativa “Ospedali aperti”, di cui ha relazionato davanti ai delegate delle strutture sanitarie di tutto il mondo.

Il Cardinale ha sottolineato che “i mattoni su cui è costruita la vita civile sono stati gradualmente distrutti, compresi forni per il pane, riserve di acqua, ospedali, scuole e luoghi di culto”, e messo in luce che “se centinaia di migliaia sono coloro che sono periti sotto le bombe, molti di più sono quelli che muoiono per mancanza di cure, di medicinali e di ricovero ospedaliero”.

Nel suo intervento, il nunzio in Siria ha notato che quello siriano era uno dei sistemi sanitari migliori del Medio Oriente, l’industria farmaceutica produceva più del 90 per cento per il fabbisogno nazionale ed esportava medicinali in 53 Paesi. Oggi, invece, metà degli ospedali pubblici sono chiusi o solo parzialmente agibili, mentre la copertura delle vaccinanzioni, dal 95 per cento del passato, è arrivata alla metà”.

Advertisement

Il Cardinale ha mostrato le devastanti immagini della guerra in Siria, ha raccontato di “bambini estratti, feriti o morti, da sotto le macerie, dilaniati da esplosioni, asfissiati da gas tossici, annegati in mare, trapassati da schegge, mutilati, traumatizzati, abusati sessualmente, arruolati. Una vera e propria strage di innocenti!”

Tra racconti strazianti, il Cardinale Zenari ha sottolineato che la Siria è diventata “una delle più vaste opere di misericordia”, dove anche gli operatori sanitari perdono la vita. I dati parlano d 750 operatori sanitari che hanno perso la vita nel conflitto, mentre l’associazione “Physicians for Human Rights” ha documentato più di 360 attacchi contro 250 “medical facilities”, dall’inizio del conflitto fino al maggio 2016.

Da qui, l’operazione “Ospedali Aperti”, nata anche dalla constatazione che i 3 ospedali cattolici della nazione (2 a Damasco e 1 ad Aleppo) non erano operanti e nel pieno delle loro funzioni. Sono ospedali “aperti” – ha raccontato il Cardinale Zenari – “ai malati poveri, senza distinzione etnica o religiosa. Progetto che richiede fondi consistenti.”

Una risposta umana alle armi robotizzate

C’è una linea di continuità tra la conferenza sul disarmo nucleare che si è tenuta in Vaticano il 10 e 11 novembre scorso e la plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura che si è tenuta in questa settimana appena trascorsa: il tema dell’intelligenza artificiale. Molte delle tecnologie che si sono sviluppate sul tema di implementare le capacità dell’essere umano si sono infatti sviluppate in ambito militare. E la minaccia, oggi, più che gli arsenali nucleari, costosissimi da mantenere, sono le cosiddette “armi emergenti”. La Santa Sede ne ha parlato la scorsa settimana a Ginevra

Il 13 novembre, si è riunito il gruppo di esperti sui cosiddetti “Lethal Autonomous Weapons System” (i sistemi di armi letali automatizzati) e l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, ha sostenuto un approccio cauto sul tema delle armi automatizzate. Nessun no, da parte della Santa Sede, ad una ricerca scientifica che possa aiutare il bene comune. Ma un no deciso alle armi automatizzate.

More in Mondo

Ci vuole – ha detto l’arcivescovo Jurkovic – “un approccio cauto in via preventiva riguardo le tecnologie emergenti nell’area dei sistemi automatici di armi letali”, perché “la condotta delle operazioni militari è un problema serio” e “ogni intervento armato deve essere considerato con cura e deve verificare in ogni momento la sua legittimità”.

L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che “un sistema autonomo” apre a una serie di “azioni non prevedibili”, perché solo un agente umano può dare risposte creative a situazioni che si creano all’improvviso. “Il rispetto e l’applicazione delle armi e dei principi richiede una comprensione adeguata e un giudizio di particolari situazioni che vanno ben al di là degli algoritmi”.

Il secondo problema evidenziato dalla Santa Sede è che i sistemi autonomi vanno a nascondere “le vere responsabilità degli attacchi” e l’incapacità di trovare un responsabile. L’uso delle armi automatiche – ha sottolineato l’Osservatore Permanente della Santa Sede – include “un certo grado di ipocrisia”, perché “si vuole causare effetti letali o danno senza dare l’impressione di essere personalmente impegnati nel tema”.

In pratica, il robot crea “una vero schermo tecnologico” che può rimuovere “le cause e gli effetti di un atto di guerra”, e in qualunque caso si potrà semplicemente lamentarsi del “malfunzionamento della macchina”.

In più, queste armi emergenti portano con sé “il rischio della proliferazione” e “una nuova corsa agli armamenti”, se non ci sono azioni preventive a livello legale internazionale.

Da dove viene la riflessione dell’arcivescovo Jurkovic?

L’intervento dell’arcivescovo Jurkovic nasce da un lungo impegno sul tema della Santa Sede. Sulla questione degli armamenti, fu anche messa sul tavolo la proposta di non brevettare a livello internazionale le invenzioni potenzialmente letali, basandosi su un articolo dei TRIPs (all’accordo sui Trade Related Aspects dei Diritti di Proprietà Intellettuale) che impedisce il brevetto e l’uso a livello commerciale di invenzioni potenzialmente letali per l’umanità.

In questi giorni, la Fondazione Caritas In Veritate, legata alla Missione della Santa Sede a Ginevra, ha pubblicato un quaderno tutto dedicato alla “Umanizzazione dei Robot e la Robotizzazione dell’essere umano”, la nuova frontiera nel campo della corsa alle armi, che renderà presto obsolete le armi nucleari, considerando che ormai le guerre sono sempre più asimettriche, non portate avanti tra Stati, ma tra gruppi interstatali. È la “terza guerra Mondiale a pezzi” di cui parla sempre Papa Francesco.

Nel quaderno di Caritas In Veritate si segnala anche il problema dei “soldati aumentati”, ovvero i soldati la cui percezione della realtà è aumentata attraverso chip impiantati negli occhi, ad esempio, per migliorare visuale e capacità di reazione.

Questo – si legge nel quaderno – “solleva diverse questioni etiche”, in particolare per quanto riguarda il dibattito con il mondo del transumanesimo, ovvero di quella corrente di pensiero che vuole “aumentare” tecnologicamente le capacità dell’essere umano. “Già oggi, con l’inteso uso della robotica nei soldati, possiamo prevedere un vaso movimento della robotizzazione dei soldati”, che pone “profonde questioni etiche e legali”, a partire dal fatto che ogni implementazione dell’essere umano debba essere reversibile, perché “oggettivizzare e aumentare artificialmente il corpo” può essere “pericoloso e contro natura”.

L’impegno sui migranti

Tra il 10 e il 13 novembre, si sono tenuti presso la Sezione Migranti del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale una serie di incontri a porte chiuse tra i responsabili del dicastero, della missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite e la Segreteria di Stato vaticana. Oggetto degli incontri, la trattativa sui due Global Compacts che si stanno discutendo alle Nazioni Unite sui migranti, uno per migrazioni sicure, coordinate e regolari e l’altro sui rifugiati. 

Advertisement

La Santa Sede è particolarmente attiva nei negoziati, e ad uno di questi incontri della scorsa settiimana ha partecipato anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, a sottolineare quanto il tema sia importante.

La sezione Migranti e Rifugiati ha già svolto altri tre incontri nel dicastero sul tema, e sviluppato una serie di linee guida. I quattro pilastri su cui basa la loro azione è nei verbi “accogliere”, “proteggere”, “promuovere” e “integrare”, e l’impegno della Santa Sede è quello di implementare questi quattro verbi nelle politiche pubbliche.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York

Questa settimana, la Missione della Santa Sede alle Nazioni Unite di New York non ha fatto interventi, sebbene abbia partecipato a molti negoziati per finalizare risoluzioni delle Nazioni Unite.

Il prossimo 30 novembre, la Missione della Santa Sede organizzerà un convegno su “Preservare il pluralismo e la diversità nella Regione di Ninive”. Tra gli speaker della conferenza, Carl A. Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo che hanno destinato fondi e risorse per la ricostruzione nella piana di Ninive, e molto si sono occupati dei cristiani perseguitati in Medio Oriente

La conferenza viene al momento giusto, dato che il Parlamento iracheno sta al momento lavorando su una risoluzione per proteggere la diversità e assicurare i diritti di tutti i gruppi etnici della società irachene, per permettere a tutti I gruppi violate di tornare a casa, creando le condizioni giuste per il ritorno. Un particolare focus è necessario sulla integrazione. Il vero problema, in generale, non è ricostruire le case, ma ricostruire la fiducia.