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Diplomazia pontificia, l’arcivescovo Gallagher in Montenegro

Secondo viaggio in pochi giorni per l’arcivescovo Gallagher: la tappa è il Montenegro, a testimoniare l’attenzione verso i Balcani

Santa Sede - Montenegro | Il tavolo di lavoro Santa Sede e Montenegro sull'applicazione dell'Accordo di Base, riunitosi a Podgorica il 22 marzo 2024 | X @TerzaLoggia Santa Sede - Montenegro | Il tavolo di lavoro Santa Sede e Montenegro sull'applicazione dell'Accordo di Base, riunitosi a Podgorica il 22 marzo 2024 | X @TerzaLoggia

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati, è in visita in Montenegro dal 21 al 24 marzo. Una tappa importante, perché il Montenegro era probabilmente l’ultimo dei Paesi dei Balcani occidentali non ancora toccato in questi anni dal Ministro degli Esteri vaticano, che testimonia l’attenzione della Santa Sede verso la Regione. Addirittura, si parlava di un viaggio di Papa Francesco nel Paese nel 2020, in una tappa che avrebbe dovuto coinvolgere Cipro e Grecia. Dopo la pandemia, rimase il programma del viaggio in Cipro e Grecia, ma non si confermò la tappa in Montenegro.

Durante la settimana, si è parlato anche di un possibile viaggio di Papa Francesco a Mosca, circostanza subito smentita. Le elezioni in Russia, che hanno visto l’affermazione del presidente Vladimir Putin con l’87 per cento dei consensi, ha suscitato diverse reazioni dal mondo ecclesiastico.

Papa Francesco ha ricevuto un invito ad andare in Andalusia durante l’incontro con il capo della Regione. È il terzo invito a visitare la Spagna in poco tempo, ma sembra che per ora ci sia solo l’intenzione di fare una tappa alle Canarie in caso di un viaggio in Argentina il prossimo novembre.

                                               FOCUS MONTENEGRO

L’arcivescovo Gallagher in Montenegro

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È cominciato il 21 marzo, si protrarrà fino a domenica 24 marzo, il viaggio in Montenegro dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati.

Il primo incontro è stato con il suo omologo di Podgorica Filip Ivanović. Il ministro degli Esteri montenegrino, in una conferenza stampa al termine dell’incontro, ha sottolineato che il Montenegro, come uno Stato multi-etnico e multi confessionale, si impegna nella protezione e nella valorizzazione delle tradizioni spirituali e culturali di tutte le comunità religiose.

Ivanović ha anche enfatizzato che il Montenegro rispetta profondamente la reputazione, l’impegno e il ruolo costruttivo della Santa Sede nella risoluzione di varie questioni politiche, economiche, sociali, e ha rimarcato che la visita di Gallagher è la prova di un impegno mutuo nello sviluppare dialogo ad alto livello.

Il ministro degli Esteri montenegrino ha ricordato che il primo concordato tra il Montenegro e la Santa Sede è stato firmato nel 1886, al tempo del principato del Montenegro, e che la firma dell’Accordo di Base con la Santa Sede nel 2011, con il conseguente stabilimento della commissione mista per la sua implementazione, rappresenta un forte fondamento per approfondire e migliore le relazioni tra i due Stati.

Da parte sua, il “ministro degli Esteri” vaticano ha sottolineato che la visita conferma i legami, la cooperazione e l’amicizia che esistono tra Montenegro e Santa Sede, e si è detto felice che il 22 marzo si sarebbe tenuta la sesta sessione della Commissione Mista, un lavoro che conferma che “il Montenegro rispetta tutte le comunità religiose e la piena libertà di religione, in accordo con i principi dello Stato di diritto”.

L’arcivescovo Gallagher ha anche detto che la Santa Sede supporta gli sforzi del Montenegro per diventare un membro dell’Unione Europea.

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Ivanović ha annunciato che Santa Sede e Montenegro collaboreranno ulteriormente nel campo della cultura, con l’impegno di “valorizzare i profondi legami teologici e la ricca eredità culturale che pervade questi legami”. La cooperazione sarà tra gli Archivi di Stato e l’Istituto Storico Montenegrino e l’Archivio Apostolico Vaticano.

Il Ministero degli Esteri di Podgorica, in un comunicato, ha anche sottolineato che “gli interlocutori hanno scambiato opinioni sulle attuali crisi globali e l’importanza di lavorare insieme per rafforzare solidarietà, dialogo e protezione del rispetto dei diritti umani”.

Il 22 marzo era previsto l’incontro di Gallagher con Jakov Milatović, presidente della Repubblica, seguito da quelli con Andrija Mandić, presidente del Parlamento, e Milojko Spajić, primo ministro.

Nella stessa giornata Gallagher ha preso parte all’apertura della Sessione della Commissione mista per l'attuazione dell'Accordo di base tra la Santa Sede e il Montenegro. L’arcivescovo ha evidenziato durante l’incontro – riporta l’account X della Segreteria di Stato vaticana – che “l’implementazione e la ripresa dei lavori sono un segno tangibile di una collaborazione proficua e costruttiva”.

Il 23 marzo, l’arcivescovo Gallagher incontra la comunità cattolica della Diocesi di Kotor, che vedrà il “ministro degli Esteri” vaticano celebrare messa nella cattedrale di San Trifone. Domenica 24, ultimo giorno di viaggio, è previsto invece l’incontro con la comunità cattolica dell'Arcidiocesi di Bar e la celebrazione eucaristica nella Concattedrale di San Pietro.

                                               FOCUS ELEZIONI RUSSE

Elezioni in Russia, la posizione del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese

Il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose, che raggruppa circa il 90 per cento delle confessioni religiose in Ucraina, ha condannato le elezioni in Russia del 15-17 marzo 2024, che hanno visto l’affermazione del presidente Vladimir Putin con più dell’85 per cento dei consensi.

Secondo il Consiglio, le elezioni sono “nulle e illegittime”, nonché criminali. Il Consiglio ha messo in luce anche come le elezioni si sono svolte anche nei territori ucraini occupati, e che i cittadini sono stati costretti a partecipare alla tornata elettorale.

Per questo, l’organizzazione delle religioni ucraine, che da dieci anni supporta la popolazione nei territori occupati, ha sottolineato che “su queste elezioni grava il peso del sangue delle persone innocenti, il peccato dell’omicidio, l’inganno della menzogna e il marchio del ladro”.

Il Consiglio Panucraino delle Chiese ha lanciato un appello affinché i risultati delle elezioni non siano riconosciuti.

"Ci rivolgiamo – scrivono - ai nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo per fare appello ai loro rispettivi governi a non essere neutrali e a condannare senza riserve questo regime che cerca di soffocare la pace in tutto il mondo e costituisce una minaccia per l'intera umanità".

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Il Consiglio Panucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose ha altresì ricordato che tra le vittime del regime vi sono persone di varie confessioni religiose che hanno sofferto a causa della loro fede. Nella dichiarazione si afferma: "Chiediamo al mondo di ricordare che nessuna 'misura elettorale' potrà mai mascherare i crimini perpetrati da questo regime”.

Dopo le elezioni in Russia, l’incertezza dei cattolici

Secondo padre Stephan Lipke, sj, segretario generale della Conferenza Episcopale Russa, c’è una crescente pressione per una conformità ideologica nei confronti dei cattolici che vivono in Russia a seguito delle elezioni del 15-17 marzo.

Padre Lipke ha detto che nel mondo cattolico la risposta elettorale è stata varia, e ha visto preferenze per Putin, ma anche voti di protesta. Le piccole minoranze – ha detto padre Lipke -  “trovano spesso più facile vivere sotto un regime autoritario che non è contro di loro e può anche sostenerli piuttosto che vivere in un sistema democratico dove risentimenti ed odio trovano espressione. Il vero problema è che non sappiamo se questa sia vera stabilità, o quanto a lungo possa durare”.

Parlando con OSV News, padre Lipke ha detto che “tutte le denominazioni religiose hanno ricevuto dal governo richiesta dal governo russo di ricordare ai suoi membri di votare”, e anche la Conferenza Episcopale Russa ha chiesto ai cattolici, in una comunicazione dello scorso 1 marzo, di “ricordare il loro dovere civico, guidati interamente dalla loro coscienza”, assicurando che la Chiesa non si è “identificata con alcun gruppo”.

Per ora – ha aggiunto padre Lipke – ci è “concesso di essere neutrali, e, dal momento che non c’è stato alcun movimento di boicottaggio, è stato più facile chiedere alle persone di partecipare”. Il fatto che fosse possibile il voto online, ha aggiunto, può anche aver diminuito il significato della partecipazione, percepita solo come un’altra attività online.

Tra i messaggi di congratulazioni arrivati per la vittoria di Putin, c’è anche quella del Patriarca Kirill, che ha detto che il voto ha “ancora una volta espresso confidenza” nel suo “infaticabile lavoro per la patria” e per rafforzare la patria.

Secondo RIA Novosti, anche Papa Francesco avrebbe inviato delle congratulazioni a Putin, dopo aver ricevuto dallo stesso presidente russo gli auguri per l’anniversario dell’elezione il 13 marzo. Tuttavia, la Santa Sede ha negato che Papa Francesco abbia inviato alcun messaggio di congratulazioni, e anche padre Lipke ha detto di non aver sentito nulla di questo genere.

Riguardo la situazione in Russia, padre Lipke ha detto che i vescovi russi seguiranno la tradizione di “pregare per la nazione” nel giorno di insediamento del presidente, e che comunque i cattolici sono oggi più sicuri del periodo sotto la presidenza 1991-1999 di Boris Eltsin, quando chiese e comunità erano a volte minacciate e attaccate.

Padre Lipke ha aggiunto che un certo sentimento anti-cattolico si è alimentato dopo la dichiarazione Fiducia supplicans sulla benedizione per le coppie irregolari, che include le coppie dello stesso sesso, e che molti preferiscono Putin perché cercano stabilità, mentre c’è pressione per una “conformità ideologica”.

Papa Francesco a Mosca? La smentita

Rilanciata da una rivista diplomatica francese generalmente piuttosto attendibile, “Intelligence online”, la notizia che Papa Francesco starebbe pianificando una visita a Mosca ha fatto rapidamente il giro delle redazioni e delle ambasciate. Ma, nella serata del 20 marzo, Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha dato all’agenzia Ria Novosti una secca smentita: “Non è vero”.

La notizia era che Ivan Soltanovsky, ambasciaore della Federazione russa presso la Santa Sede, avesse invitato Francesco ad incontrare Vladimir Putin a giugno. Notizia destituita di fondamento, e smentita poco dopo che il Papa, all’udienza generale del 20 marzo, aveva fatto l’enneismo appello perché i conflitti siano risolti attraverso il negoziato. “Non dimentichiamo mai – ha detto il Papa - la guerra sempre è una sconfitta, dobbiamo fare tutti gli sforzi per trattare, per finire la guerra, preghiamo per questo”.

Papa Francesco è stato più volte invitato a Kyiv, ma ha sempre legato un suo possibile viaggio in Ucraina con un eventuale passaggio in Russia.

Papa Francesco ha considerato la Russia un interlocutore da quando, già il 24 febbraio 2022, rompendo ogni protocollo diplomatico, volle visitare l’ambasciata russa presso la Santa Sede, chiedendo all’allora ambasciatore Avdeev di metterlo in contatto con Putin. Il collegamento non ebbe luogo, e non ci sono mai stati, a quanto si conosce, più contatti diretti con Putin, né da parte del Papa né da parte di altri membri vaticani.

Anche il Cardinale Matteo Zuppi, che è andato a Mosca come inviato speciale del Papa, fu ricevuto  dal consigliere diplomatico del presidente russo, Yuri Ushakov.

                                               FOCUS PAPA FRANCESCO

Il presidente della Giunta Andalusia da Papa Francesco

Il 21 marzo, Juanma Moreno, presidente della Giunta di Andalusia, è stato ricevuto in Vaticano da Papa Francesco.

Secondo dichiarazioni rese da Moreno successivamente, nel colloqui con il Papa si è parlato del problema della denatalità e lo spopolamento in alcune zone, la situazione in Andalusia, di Spagna e di Europa, e dei problemi che si affrontano come società.

In particolare, Moreno ha trasmesso a Papa Francesco la sua preoccupazione per i momenti di polarizzazione che si stanno vivendo non solo in Europa, ma anche in Spagna, perché “la mancanza di accordo non è la migliore ricetta per fare in modo che una società avanzi”, e dunque “dobbiamo cercare comprensioni e accordi tra le distinte formazioni politiche e collaborare tra tutti perché ci sia un dialogo molto più fruttuoso di quello che c’è oggi”.

Moreno ha anche affrontato la situazione della comunità andalusa in Europa e anche in quale modo si possano cercare differenti soluzioni a questo problema e l’importanza di dare opportunità a queste persone perché possano svilupparsi.

Moreno e Papa Francesco hanno parlato anche del cambiamento climatico e della rapidato con cui questo avvenendo, portando a situazioni drammatiche in ambito sociale ed economico in molti Paesi del mondo. Il presidente di Andalusia ha spiegato l’impegno fermo dell’Andalusia per il clima attraverso diverse iniziative poste in essere e nella rivoluzione verde che passa per la preservazione degli spazi naturali e per le energie rinnovabili.

L’Andalusia, ha ricordato, è la terza comunità europea per bioelettricità e leader in termini di energia solare, biomassa.

Il presidente ha anche sottolineato che l’Andalusia è un luogo di confluenza, dialogo culturale e convivenza tra religioni e civiltà, e che l'Andalusia è la regione d'Europa dove esistono più confraternite e confraternite e ha evidenziato il ruolo che svolgono e il valore religioso e culturale che hanno le quali hanno il loro culmine durante la Settimana Santa, a cui il lavoro sociale che svolgono è unito.

Moreno ha invitato il Papa a visitare l'Andalusia e gli ha regalato un calice di ceramica realizzato dal Centro occupazionale Javier Peña della città di Almería; una scultura in bronzo donata dall'immaginesta Juan Manuel Miñarro, con il volto del sacro lenzuolo; un campione di incenso della confraternita; un ramoscello d'ulivo piantato a suo tempo dal cantante Bono, degli U2, nell'Alhambra di Granada, come simbolo di pace e di incontro tra culture e religioni diverse, e alcuni pan di spagna marocchini del comune sivigliano di Écija (Siviglia), realizzati dalle monache del Monastero della Purísima Concepción di Osuna.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede alle Nazioni Unite, la questione dell’eguaglianza di genere

In questi giorni, la Santa Sede sta partecipando alla 68esima Commissione sullo Stato delle Donne presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York. Queste commissioni sono particolarmente impegnativi, perché è lì che vengono introdotti, a volte in maniera capziosa, concetti come il diritto all’aborto, mascherato dietro l’espressione di “diritto alla salute riproduttiva” o l’uguaglianza di genere nel senso del sesso biologico come decisione sociale.

Il 18 marzo, il dibattito riguardava appunto la “accelerazione del raggiungimento dell’eguaglianza di genere e l’empowerment (rafforzamento) di tutte le donne e ragazze affrontando la povertà e rafforzando e le istituzioni e finanziando con una prospettiva di genere”.

Una frase che già nasconde, in seno, l’idea di dover decidere eventuali finanziamenti solo sulla base di come le aziende – o gli Stati – accettano di portare avanti delle legislazioni o delle decisioni orientate sulla ideologia di genere. Papa Francesco la ha chiamata “colonizzazione ideologica”.

Intervenendo al dibattito lo scorso 18 marzo, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore della santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha ha messo in luce le diverse sfide che le donne affrontano a livello lo globale, nonostante l’impegno preso dagli Stati a rispettare i diritti umani. Tra queste sfide ci sono l’essere soggette a violenza o abuso e la negazione dell’opportunità di studiare, lavorare e avere accesso alle cure sanitarie. Il nunzio ha notato che una donna su dieci vive in povertà estrema.

L'arcivescovo Caccia ha messo in luce le modalità in cui la povertà può sia causare che esacerbare molti problemi sociali che colpiscono le donne e le ragazze, inclusa la limitazione all’accesso all’educazione di qualità e alla cura sanitaria. In particolare, ha espresso preoccupazione riguardo il fatto che non si sono fatti passi avanti nell’obiettivo di ridurre la mortalità materna a partire dal 2015.

La delegazione della Santa Sede ha dunque auspicato che gli Stati rispetteranno il loro impegno per assicurare che ogni donna riceva cura prenatale e partorisca con l’assistenza di abili ostetriche in una casa di cura.

L’arcivescovo Caccia ha infine rinnovato il supporto della Santa Sede alla Dichiarazione di Pechino del 1995 e alle sezioni della piattaforma per azioni sui “bisogni delle donne in povertà, le strategia per lo sviluppo, l’alfabetizzazione e l’educazione, sulla fine della violenza contro le donne, su una cultura di pace e sull’accesso all’occupazione, la terra, il capitale e la tecnologia”.

Santa Sede alla FAO, la promozione delle sostenibilità della pesca

Il 19 marzo, si è tenuto in Guyana il 38esimo periodo di sessioni della Conferenza Regionale per l’America Latina e i Caraibi. Monsignor Fernando Chica Arellana, osservatore permanente della Santa Sede presso le agenzie ONU dell’alimentazione, ha preso la parola su “Promozione della sostenibilità della pesca e l’acquacultura”.

La Santa Sede – ha detto monsignor Chico Arellana – “attribuisce grande rilevanza al settore peschiero e condivide la necessità di promuovere una pesca e un acquacoltura sostenibili”, motivo per cui applaude alla iniziativa della FAO chiamata “Trasformazione Azzurra”.

Ricordando i vari appelli di Papa Francesco, monsignor Chica sottolinea che “devono evitarsi metodi di pesca distruttivi, come quelli che utilizzano cianuro o dinamite, o metodi che scartano una grande proporzione di specie catturate e minacciano organismi marini come alcune forme di plancton che sono, senza dubbio, un componente molto importante della catena alimentare marina, e da cui dipendono le specie che in ultima istanza si utilizzano per il consumo umano”.

Queste iniziative – aggiunge l’osservatore della Santa Sede – hanno anche effetti negativi per “la sopravvivenza e il progresso dei pescatori artigianali e delle loro famiglie”, nonché “per i popoli indigeni, che vedono colpiti i loro diritti ancestrali e deteriorato il mondo in cui vivono da tempo immemore”.

La Santa Sede chiede “progetti di inversione sociale” e politiche pubbliche che “sostengano l’alfabetizzazione e facilitino la creazione di opportunità, come l’abbandono dell’autoreferenzialita che crea tanti mali oggi generando il consumismo vorace e compulsivo”.

Perché la Trasformazione Azzurra abbia un effetto concreto – argomenta monsignor Chica – si deve orientare verso “la realizzazione del bene comune, che è la terra fertile in cui si creino amicizie sociali e leali cooperazioni”.

Monsignor Chica nota anche l’impegno dell’opera di Apostolato di Stella Maris, i cappellani del mare, che si sforza di “sostenere umanamente e spiritualmente a quanti lavorano nel settore peschiero, alzando la voce perché si incrementi il loro benessere”, e sostenendo “tutte quelle iniziative che sono necessarie perché le persone del mare non si sentano dimenticate e possano vivere degnamente in un ambiente sano e fraterno.

La Santa Sede a New York, il giorno internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale

Lo scorso 21 marzo, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato all’incontro commemorativo in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale, dal titolo “Un decennio di riconoscimento, giustizia e sviluppo: implementazione del Decennio Internazionale per le Persone di Discendenza Africana”.

Il nunzio ha ribadito la forte condanna della Santa Sede del razzismo e della discriminazione razziale, notando come il razzismo sia basato sul credo distorto nella superiorità di una persona sull’altra, ed è un affronto alla “inalienabile dignità data da Dio a tutti gli esseri umani”.

La battaglia contro il razzismo, sottolinea la Santa Sede, deve cominciare a partire dalle radici, che sono “ignoranza e pregiudizio”, che sono spesso il risultato di una “educazione non adeguata”,  e quindi l’educazione ha un ruolo cruciale nel “promuovere relazioni fraterne”, a cominciare dalla famiglia.

L’arcivescovo Caccia ha anche notato che I molti migranti o rifugiati che provengono dall’Africa o sono forzati a lasciare le loro terre affrontano razzismo e intolleranza nelle nazioni che gli accolgono, e che ogni membro della stessa famiglia umana “merita cibo, abitazione, sanità, educazione, lavoro degno e un posto dove è compreso, incluso, amato e curato”.

                                               FOCUS AMERICA

Stati Uniti, l’ordinario militare contro la decisione dell’Amministrazione dei Veterani di fornire l’aborto

L’Arcivescovo Timothy Broglio, Ordinario Militare degli Stati Uniti e presidente della Conferenza Episcopale USA, ha fortemente criticato il Dipartimento degli Affari dei Veterani USA, che ha deciso di fornire l’aborto tra i suoi servizi durante tutti i nove mesi di gravidanza.

Il Dipartimento – ha detto l’arcivescovo – ha finalizzato una regola interna che permette la consulenza dell’aborto e le procedure dell’aborto nel Centro Medico dei Veterani durante tutti i nove mesi di gravidanza. La nozione che uccidere un bambino non nato possa essere in qualche modo considerato “cura medica o chirurgica” viola certamente la dignità della persona umana e suggerisce che alcune vite sono più importanti di altre”.

Broglio ha deplorato la decisione che “ancora una volta rimuove il diritto alla vita per gli indifesi e infligge traumi psicologici e fisici sulle madre”.

L’arcivescovo ha notato che nell’aprile 2023, l’Ordinariato Militare insieme alla Conferenza Episcopale USA ha “sollevato multiple obiezioni alla regola”, mettendo in luce che il segretariato dell’Amministrazione dei Veterani ha “ecceduto nella sua autorità espandendo la definizione di ‘cura medica e chirurgica’ fino ad includere l’aborto, e questo specialmente perché la sezione 106 della Legge sulla Cura dei Veterani limita specificamente l’aborto”.

Il Dipartimento ha infatti sottolineato che la Segreteria “non ha assolutamente autorità di permettere l’aborto all’interno della sezione 106”, perché la legge “proibisce la fornitura dell’aborto”, eppure, in maniera insensata, il Dipartimento reclama che “altri Statuti, che non menzionano mai l’aborto, creano nel loro silenzio un diritto all’aborto, seppure l’aborto è specificamente proibito nel più largo schema statutorio della cura sanitaria”.

È una retorica, denuncia l’arcivescovo Broglio, che “ignora la logica e le nozioni base della costruzioni degli Statuti, e ha alla base un instancabile tentativo ideologico dell’aborto anche quando questo è contrario alla legge”.

Non solo. La decisione va in contrasto con il fatto che “il militare protegge l’innocente”, e ci si aspetta anche che Dipartimento per gli Affari dei Veterani “rispetti almeno i diritti di coscienza del personale medico, lo staff e altri impiegati e permetta loro di astenersi da ogni coinvolgimento in una procedura immorale”.

Haiti, i vescovi non parteciperanno alla transizione politica

In un comunicato il 18 marzo, i vescovi di Haiti hanno spiegato di non avere incaricato nessuno di rappresentare la Chiesa cattolica nelle istituzioni transitorie.

I vescovi incoraggiano gli “sforzi di tutti i settori e di tutte le forze della nazione”, sebbene non invieranno nessun rappresentante della Chiesa al Consiglio presidenziale, che avrà il compito di garantire la transizione politica ad Haiti e dovrebbe essere composto dalle diverse forze politiche del Paese ma anche dalla società civile.

La Chiesa ha deciso di non inviare rappresentanti per “mantenere la distanza morale” che le permette di “compiere la sua missione profetica”, sebbene i vescovi sperino che “i colloqui in corso portino ad un’autentica intesa patriottica inclusiva e duratura nell’interesse di tutto il popolo haitiano”.

Il Consiglio di Presidenza non è stato ancora formato, mentre nel frattempo nei dipartimenti occidentali del Paese continuano le violenze, nonostante lo stato di emergenza dichiarato il 3 marzo.

L'80% della capitale Port-au-Prince è oggi sotto il controllo di cosche, accusate di numerosi abusi, in particolare omicidi, stupri e rapimenti a scopo di riscatto.

Nel loro comunicato, i vescovi haitiani invitano a “cessare gli atti che mirano a ridurre Haiti in rovine e cenere”, e chiedono “indistintamente a tutti gli haitiani di non alimentare la violenza, perché la violenza genera violenza, l’odio genera altro odio e la morte altra morte”.

Il tema del messaggio è tratto dal libro di Isaia 60,18, “Non sentiremo più parlare di violenza nel tuo Paese, di devastazione e di rovine nei tuoi confini»”, tratto dal libro di Isaia (60, 18).

I fedeli dell’America Latina e dei Caraibi sono chiamati a pregare per Haiti il prossimo 22 marzo.

                                                           FOCUS EUROPA

L’arcivescovo Pena Parra ad Ajaccio

L’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato vaticana, è stato lo scorso 18 marzo in Corsica, ad Ajaccio, dove ha celebrato la Messa per la festa della Madonna della Misericordia, conosciuta come la Madunnuccia, patrona della diocesi corsa.

La Messa è stata concelebrata dal Cardinale François-Xavier Bustillo, arcivescovo di Ajaccio.

La festa della Madunnuccia è caratterizzata da migliaia di candele e di fiaccole che giungono nella capitale della Corsica e sulla costa e illuminano ogni anno la notte tra il 17 e il 18 marzo, come testimonianza di affetto dei fedeli verso la loro patrona.

Nella sua omelia, l’arcivescovo Pena Parra ha ricordato che la celebrazione della patrona di Ajaccio  risale ai tempi in cui l’isola era minacciato dalla peste, che stava devastando in particolare Genova e dalla quale si temeva arrivasse il contagio. La popolazione allora invocò la protezione di Maria e “grazie ai venti contrari, nessuna nave riuscì ad attraccare. Il pericolo fu scongiurato e si assistette alla risposta amorevole della Madre del Cielo alle pressanti richieste ai suoi figli”.

Maria fu proclamata patrona di Ajaccio il 16 marzo 1656, con il titolo di Vergine della Misericordia, e fu costruita una cappella in suo onore all’interno della Cattedrale. E da allora, ha detto il sostituto della Segreteria di Stato, la Madunnuccia continua ad essere celebrata ogni anno “seguendo lo stesso rituale”, tanto che “l’amore, la preghiera e la fiducia che, quattro secoli fa, per materna intercessione di Maria, allontanarono i pericoli e le paure di questa bella terra e dei suoi abitanti, hanno continuato a farlo nei secoli”.

Il sostituto ha quindi invitato ad affidarsi alla Madonna, perché con Maria si impara a vivere anche “nella sofferenza l’esperienza di confidare in Dio che salva, consola e si china su tutte le nostre povertà, abbracciando la nostra solitudine perché non siamo più soli, portando con noi le croci più pesanti e accendendo le luci della speranza nelle notti della sofferenza”.

Ambasciatori UE e GRULAC, un incontro per la cooperazione

Il 20 marzo, gli ambasciatori degli Stati Membri dell’Unione Europea presso la Santa Sede hanno incontrato gli ambasciatori dei paesi del gruppo GRULAC, che unisce Paesi latinoamericani e caraibi. Ospite speciale dell’incontro è stato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Si è discusso di come i Paesi dell’UE possono aiutare le esigenze umanitarie in America Latina, le sfide ambientali e una cooperazione economica più profonda ed equa.

L’Albania celebra i dieci anni dalla visita di Papa Francesco

A dieci anni dalla storica visita di Papa Francesco nel Paese, l’ambasciata di Albania presso la Santa Sede inaugura una serie di celebrazioni con una conferenza su “Dialogo e Fratellanza Interreligiosa come garanzia della pace: il caso Albania”.

La conferenza si terrà il prossimo 25 marzo alle 16 presso la Pontificia Università Gregoriana, e vedrà tra i relatori l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, insieme al ministro per l’Europa e gli Affari Esteri di Albania Igli Hasani.

Majlinda Frangaj, ambasciatore di Albania presso la Santa Sede, terrà una relazione sulla Fratellanza Interreligiosa nella storia di Albania, e tra i relatori ci saranno anche i professori della Gregoriana Roberto Regoli, Ambrogio Bongiovanni, la professoressa Maria Gabriella Belgiorno dell’Università di Perugia e Sokol Ljulgjuraj, direttore del Centro di Collaborazione Interreligiosa di Elbasan.