Città del Vaticano , venerdì, 5. dicembre, 2025 17:00 (ACI Stampa).
Durante il processo di gestione dei fondi della Segreteria di Stato, si era detto che l’Istituto per le Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana”, non poteva erogare credito. Perché, in effetti, lo IOR non è una banca, e dunque non fa prestiti, a meno che non siano dei prestiti personali ai dipendenti. Il primo rapporto di sostenibilità dello IOR parla di un’“erogazione di prestiti personali a sostegno di famiglie e dipendenti dalla Santa Sede”, che è ammontata lo scorso anno ad 859 mila euro e che riguarda “esclusivamente” abitazione, spese sanitarie, necessità familiari e domestiche ordinarie e non ricorrenti, e istruzione. In generale, si parla di 53,9 milioni di euro di “importo complessivo dei finanziamenti di ogni tipologia erogati a dicembre 2024”, cui si aggiungono iniziative sociali attraverso la società immobiliare SGIR, che mettono anche a disposizione degli immobili per alcune attività caritatevoli e di sostegno alle famiglie.
Insomma, c’è un’attività creditizia, seppure marginale, che ora viene quantificata. Il primo rapporto sulla sostenibilità dello IOR è stato richiesto da una modifica normativa del regolamento dell’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria vaticana risalente al 2023. Nel rapporto, il regolamento è datato 2015, mentre nel sito dell’ASIF il regolamento si dice risalga al 2014. Le ultime modifiche al regolamento sono intervenute al 28 agosto 2023.
Ma c’è anche un altro tema da notare. “La regolamentazione europea Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) – si legge nel rapporto - non trova applicazione nello Stato di Città del Vaticano. Tuttavia l’Istituto ha effettuato un assessment finalizzato a valutarne le caratteristiche e ha considerato le modalità di attuazione ovvero gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS)”. Tale fonte, si continua, “ha costituito per lo IOR il riferimento metodologico per individuare i temi rilevanti per l’Istituto in ambito sostenibilità, soffermandosi in particolare sul ruolo degli stakeholder e sulla metodologia di indagine della ‘doppia materialità’.”
In pratica, lo IOR si è comportato da corporate, ma non è una corporate. Ha utilizzato principi che non sono applicabili nello Stato in cui opera. E utilizza, in tutto il rapporto, un linguaggio da banca, mentre lo IOR sarebbe più che altro da assimilare ad una fondazione pubblica.
Certo, alcuni dati del rapporto di sostenibilità colpiscono più per il modo in cui sono detti. Nello schema iniziale del rapporto si sottolinea che lo IOR “è l’unico ente finanziario vaticano che svolge attività bancaria e di investimento in completa conformità con l’etica cattolica, senza ricercare esclusivamente la massimizzazione del profitto”. Ma è l’unico semplicemente perché non ci sono altri enti che svolgano attività finanziaria. Ovvio che gli investimenti abbiano un focus su “dignità umana, santità della vita, sviluppo umano integrale e cura del creato”. Il rapporto poi sostiene anche che vengano limitati gli investimenti su società di gioco d’azzardo e “intrattenimento per adulti”, salvo poi far sapere che in realtà si vuole dire che nel porno non si investe proprio, e non che si investe di meno.





