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Finanze vaticane: la vera notizia del rapporto AIF 2017 è la normalità

Tommaso Di Ruzza e René Bruelhart | Tommaso Di Ruzza e René Bruelhart, rispettivamente direttore e presidente dell'Autorità di Informazione Finanziaria vaticana | Daniel Ibanez / ACI Group Tommaso Di Ruzza e René Bruelhart | Tommaso Di Ruzza e René Bruelhart, rispettivamente direttore e presidente dell'Autorità di Informazione Finanziaria vaticana | Daniel Ibanez / ACI Group

A un osservatore distratto, il rapporto sull’attività del 2017 dell’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana può apparire la fotografia di un sistema che è entrato a regime, senza ormai né scandali da cercare né grossi malfunzionamenti da mettere a punto. Ma è proprio in questa “normalità” che sta il senso di tutto il rapporto. Perché in questi anni la Santa Sede ha messo a punto un sistema che funziona, lavorando allo stesso tempo per un cambio di mentalità all’interno delle mura della Città Leonina che sta cominciando a dare ai suoi frutti. 

Vanno letti in questa chiave i dati forniti dall’Autorità di Informazione Finanziaria. Tommaso Di Ruzza, direttore dell’Autorità, sottolinea nell’introduzione al rapporto che “le attività di vigilanza, incluse le ispezioni in loco, non ha evidenziato rilevanti criticità”, e che “l’Istituto delle Opere di Religione conferma il progressivo consolidamento delle politiche e delle funzioni di controllo”.

Sono lontani i tempi in cui, complice anche l’operazione di ridefinizione dei conti dello IOR, arrivavano all’Autorità più di 500 STR, ovvero suspicious transactions reports. Quest’anno ce ne sono 150, ancora meno di quelli del 2016, che erano 207.

Anche i numeri delle misure preventive danno una idea del percorso fatto. Nel 2016 erano state sospese 4 transazioni e operazioni sospette, per un ammontare superiore ai 2 milioni di euro. Nel 2017, nessuna. Nel 2016 era stata segnalata una operazione di blocco di conti, fondi e altre risorse numeriche, per un ammontare di poco più di un milione e mezzo di euro. Nel 2017, c’è sempre un blocco, ma riguarda la risibile cifra di 1757,40 euro.

Diminuiscono anche i rapporti al Promotore di Giustizia: nel 2016 erano 24, quest’anno solo 8. Scrive Di Ruzza: “Le Segnalazioni di Attività Sospette (SAS) inviate dai soggetti segnalanti confermano la tendenza verso una maggiore qualità, e una contestuale diminuzione nel numero, il che ha implicato anche la conseguente riduzione del numero di rapporti inviati dall’AIF all’ufficio del Promotore di Giustizia”.

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È un sistema, insomma, che si va stabilizzando e normalizzando.

René Bruelhart, presidente dell'Autorità, sottolinea in conferenza stampa che "le parole chiave sono consolidamento e normalizzazione". Di Ruzza chiosa: "La stabilizzazione che si fonda su due pilastri: la unicità della giurisdizione, e la conformità agli standard internazionali". 

Più che altro, conta il cambio di mentalità che viene portato avanti. Di Ruzza afferma che “la progressiva consapevolezza dei requisiti stabiliti dall’anti riciclaggio e Finanziamento al terrorismo da parte delle Organizzazioni senza scopo di lucro registrate nella città del Vaticano (ONP) è degna di nota”.

E questo perché le ONP hanno inviato segnalazioni di attività sospette di interesse, che hanno consentito dalla “analisi di casi di potenziale abuso nel settore” al “perseguimento di gravi reati da parte del Tribunale dello Stato di Città del Vaticano”, mentre dall’altra parte la Commissione Pontificia per lo Stato di Città del Vaticano ha approvato la Legge n. CCXI del 22 novembre 2017, che riguarda la registrazione e vigilanza delle organizzazioni senza scopo di lucro, e che include specifici requisiti per la segnalazione.

La maggiore consapevolezza delle Organizzazioni Senza Scopo di Lucro è parte di un percorso, che già lo scorso anno ha visto sempre più enti istituzionali impegnati nel segnalare attività sospette. Quest’anno, in particolare, i rapporti sono arrivati in 9 casi da Autorità della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano.

L’AIF definisce il rapporto con le Autorità della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano “costante”, e i numeri dicono che l’Autorità ha scambiato informazioni in 91 casi, con una attività rilevante di collaborazione con le cosiddette attività di law enforcement ovvero l’ufficio del promotore di giustizia - il pubblico ministero vaticano.

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È il motivo per cui “un elevato livello di attenzione – scrive ancora Di Ruzza – è stato dedicato alla trasparenza e al corretto impiego di donazioni per finalità istituzionali e caritatevoli” e inoltre le nuove “Istruzioni sugli Stati ad alto rischio promulgate dall’AIF hanno stabilito un sistema di segnalazione ad hoc funzionale anche alla tutela delle attività umanitarie e caritatevoli in contesti ad alto rischio o caratterizzate da instabilità”.

Traducendo, il sistema messo in piedi serve alla missione della Santa Sede. La finanza non è un fine, ma un mezzo, e questo mezzo risponde ad una logica paradossale: se in finanza si tende ad evitare gli  Stati considerati ad alto rischio, è proprio in quelli Stati dagli scenari difficili che la Santa Sede è chiamata ad intervenire, per portare aiuto, sostenere le missioni, supportare la popolazione. Anche lì dove non ci sono relazioni diplomatiche.

Ed è per questo che ci vuole un sistema credibile a livello internazionale. Il network di cooperazione internazionale è “essenziale”, considerando – dice Di Ruzza – “i potenziali rischi connessi alla proiezione universale della Santa Sede”.

Per questo, l’AIF ha un approccio propositivo. Nel 2017, sono state scambiate informazioni in 282 casi, e sono stati siglati due Protocolli di Intesa con Autorità di Vigilanza e Unità di Informazione Finanziaria estere, facendo arrivare a 57 i protocolli di intesa siglati dall’AIF.

Tra quelli dell’ultimo anno, spicca, ad esempio, il protocollo di intesa siglato con l’autorità di vigilanza di Malta, che non a caso è arrivato alla vigilia della denuncia dell’Istituto delle Opere di Religione al tribunale civile di Malta contro degli investitori “ritenuti responsabili di aver danneggiato l’Istituto in alcune attività di investimento cui aveva partecipato”.

Dando un quadro più generale, a partire dal 2014, l’AIF ha siglato protocolli di intesa con le autorità di vigilanza di Brasile, Germania, Italia, Lussemburgo, Malta, Polonia e Stati Uniti d’America.

Sono state scambiate informazioni sul tema della vigilanza in 14 casi (11 richieste ad autorità estere e 3 richieste da autorità estere).

Questo per quanto riguarda i rapporti bilaterali. Ma il sistema non si consolida solo con i rapporti bilaterali, ma anche con quelli multilaterali. E così, l’AIF ha partecipato attivamente agli incontri del Gruppo Egmont, che riunisce oltre 150 Unità di Informazioni Finanziarie da tutto il mondo.

Non solo. Lo scorso anno si parlava della redazione della Valutazione Generale dei Rischi. Ora, questa è stata adottata da parte del Comitato di Sicurezza Finanziaria, un organo permanente della Santa Sede (altri Stati hanno strutture più volatili) che ha lo scopo di valutare la sicurezza finanziaria dello Stato.

"La terra di missione delle limitate attività finanziarie svolte dallo Stato - sottolinea Di Ruzza in conferenza stampa - guarda ad alcune difficili regioni del mondo, e quindi le peculiarità della Santa Sede si sposano con un approccio basato sul rischio".

Si tratta - aggiunge - di "un atto molto importante svolto dal Comitato di Sicurezza Finanziaria, uno dei pilastri delle raccomandazioni GAFI (il Gruppo di Azione Finanziaria fondato nel 1989 dal G7 con l'obiettivo di combattere il riciclaggio, ndr), oggetto della raccomandazione 1 che ha effetti su tutte le altre raccomandazioni".

Questa Valutazione non ha presentato minacce consistenti a livello interno, ma piuttosto ci sono rischi connessi alle attività transfrontaliere e ai fattori internazionali. In generale, la Valutazione “si è concentrata sul sistema di contrasto al riciclaggio e al finanziamento nel terrorismo, inclusa la tutela delle attività finanziarie governative, le donazioni e le ONP registrate sulla Città del Vaticano, come conseguenza di un complessivo approccio basato sul rischio”.

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Tutto è parte di un percorso che ha puntato a creare un sistema finanziario aderente agli standard internazionali e coerente con le peculiarità della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano, dove non c’è un libero mercato, né una attività di natura privatistica”, mentre c’è un settore di natura pubblica e de facto chiuso, e non vengono emessi strumenti di debito pubblico, debito di capitale, titoli o strumenti associati.

Divisa nella sezione di vigilanza e di intelligence, l’AIF – questo è il suo acronimo – è stata istituita con un motu proprio di Benedetto XVI nel 2010. All’ottavo di vita, grazie ad un quadro giuridico sempre più rafforzato nel corso degli anni, l’AIF si configura come una autorità che sta consolidando sempre più il proprio sistema di vigilanza e allargando la cooperazione internazionale.

Il fatto che i due uffici si trovino nello stesso quadro istituzionale “garantisce un effettivo coordinamento e rappresenta un valore aggiunto ai fini dell’efficacia del sistema”, si legge nel rapporto.

Il rapporto comunica anche una ispezione in loco dell’AIF sullo IOR (unico ente vigilato, perché unico che compie attività di transizione finanziaria). L’ispezione aveva lo scopo di controllare la gestione degli attivi finanziari destinati a scopi caritatevoli”, vale a dire dei legati (le eredità) destinate a scopi caritatevoli.

Nel 2017, l’AIF ha emanato anche il regolamento n. 2 con il quale sono stabiliti le informazioni e i dati che accompagnano i trasferimenti di fondi e i requisiti tecnici per i bonifici e gli addebiti diretti in euro.

La curiosità del rapporto sono i box esemplificativi, che mostrano concretamente come opera l'AIF. 

Si fa l'esempio di “una società estera che ha siglato un contratto di appalto per la ristrutturazione di un appartamento nella Città del Vaticano”, il cui inquilino dell’appartamento era “membro del Consiglio direttivo di una Fondazione senza scopo di lucro registrata in uno Stato estero” e il presidente della fondazione ha “disposto alcuni pagamenti senza che ci fosse una chiara regione economica”, e per questo l’AIF ha “iniziato una approfondita analisi delle transazioni” e poi trasmesso un rapporto all’ufficio del Promotore di Giustizia”, e il Tribunale ha poi condannato il presidente della fondazione senza scopo di lucro.

Oppure, si presenta il caso di una donazione ricevuta da una Organizzazione Non Profit registrata in Vaticano da una società registrata in uno Stato estero e in un conto in un terzo Stato estero, e l’AIF si è attivato dopo aver ricevuto una segnalazione dell’autorità della Santa Sede che vigilava sulla ONP, approfondendo il caso fino a determinare l’origine dei fondi.

Sono tutti dettagli che hanno un peso. Quando la Santa Sede cominciò il percorso della trasparenza finanziaria, nel 2010, molti di questi temi sarebbero stati considerati rivoluzionari. Il solo fatto che vengano considerati una evoluzione naturale, arrivata dopo aver aggiustato la legge più volte, è già una piccola rivoluzione.

Ma è una rivoluzione che serve la missione della Santa Sede. Già al termine del primo rapporto MONEYVAL, la Santa Sede fece segnalare che l’adesione alla mutua valutazione era parte della sua missione. Nel rapporto, Di Ruzza sottolinea che “quando la persona umana non è considerata come il fine ultimo, ma piuttosto come uno strumento o una fonte di profitto, i sistemi di convivenza sociale sono destinati al fallimento, inclusi i sistemi economici e finanziari”.