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Finanze Vaticane, pubblicata la valutazione generale dei rischi

Piazza San Pietro | Una veduta di piazza San Pietro | Wikimedia Commons Piazza San Pietro | Una veduta di piazza San Pietro | Wikimedia Commons

La Santa Sede non è un Paese finanziariamente a rischio. I rischi sono connessi principalmente alle attività internazionali e transfrontaliere, non sono provocati dalla cornice legale, che è adeguata, anche se prima delle riforme fatte in tema di trasparenza finanziaria era più vulnerabile.

Lo spiega la “Valutazione Generale dei rischi” pubblicato la scorsa settimana sul sito dell’Autorità di Informazione Finanziaria. Si tratta di un buono strumento per comprendere lo stato della sicurezza finanziaria della Santa Sede.

Nell’introduzione, Monsignor Paolo Borgia, Assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato e Presidente del Comitato di Sicurezza Finanziaria (COSIFI), sottolinea come “il documento mostra come, considerata anche la unicità e la conformazione geografica della giurisdizione, i potenziali rischi provengono principalmente dall’esterno e risultano connessi alle attività internazionali e transfrontaliere”, mentre “sul piano interno, sono stati individuati alcuni specifici ambiti nei quali rafforzare i presidi, come le donazioni, i contratti pubblici di appalto e gli enti senza scopo di lucro registrati nello Stato di Città del Vaticano”.

Già nel Rapporto Annuale dell’AIF pubblicato nel 2018, il Direttore Tommaso Di Ruzza, Segretario del COSIFI e coordinatore della Valutazione Generale dei Rischi, aveva notato comunque come la valutazione “non ha evidenziato minacce a livello interno”.

In particolare, le raccomandazioni sono quelle di: potenziare la struttura dell’Autorità di Informazione Finanziaria; potenziare la struttura dell’ufficio del promotore di Giustizia e la sezione per i reati in materia economico-finanziaria; potenziare la struttura del Tribunale e della Corte d’appello presso i Tribunali dello Stato di Città del Vaticano.

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Sono raccomandazioni che si potevano dedurre anche dai rapporti AIF e dai rapporti del Comitato del Consiglio d’Europa MONEYVAL: da una parte, c’è la necessità di rafforzare l’Autorità di Informazione Finanziaria, così da garantire la sostenibilità della notevole attività attualmente svolta sul piano della vigilanza e dell’intelligence finanziaria, dall’altra quella di specializzare e rafforzare i tribunali, così da dare adeguato seguito sul piano delle indagini e dell’attività giudiziaria ai rapporti trasmessi dall’AIF, come appunto raccomandato anche dal Comitato Moneyval nel 2015 e nel 2017.

La valutazione, svolta anche in attuazione della Raccomandazione n. 1 del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), organismo internazionale che stabilisce gli standard in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, e che ha chiamato tutti i Paesi a svolgere un “risk assessment”. Questo, come si legge nel documento, è stato elaborato seguendo la metodologia della Banca mondiale.

L’immagine è quella di una Santa Sede perfettamente inserita nel contesto internazionale, dove ormai si è messo a punto un sistema che funziona, e che continua ad essere migliorato, come testimonia il Regolamento AIF n. 5 in materia di segnalazione delle attività sospette, sul quale si aggiorneranno lo IOR e gli uffici rilevanti della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano.

C’è, comunque, un quadro istituzionale e normativo che si definisce “adeguato”, frutto di varie fasi che hanno portato poi alla legge n. XVIII del 2013, che ha delineato il quadro di vigilanza del sistema finanziario della Santa Sede.

Santa Sede che con il COSIFI ha stabilito un organismo stabile di coordinamento delle politiche e delle strategie per la lotta ai potenziali crimini finanziari. La composizione del COSIFI è stata allargata nel 2016. Membri del Comitato sono: l’Assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, che lo presiede; il Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati; il Segretario Generale del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano; il prelato Segretario Generale della Segreteria per l’Economia; il Promotore di Giustizia presso il Tribunale dello Stato di Città del Vaticano; l’Ufficio del Revisore Generale; il Direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria; il Direttore dei Servizi di Sicurezza e di Protezione Civile del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano; il Comandante della Guardia Svizzera Pontificia.

Quello che emerge è un quadro nel quale matura sempre più la consapevolezza dei potenziali rischi e la capacità di prevenzione. Il numero di segnalazioni di attività sospette all’AIF diminuiscono nel numero ma come si legge anche nei rapporti dell’AIF aumentano di qualità. Sempre i rapporti AIF riferiscono di incontri regolari tra Ufficio del Promotore di Giustizia, Gendarmeria e AIF per un sempre più stretto coordinamento operativo delle attività di intelligence e di indagine finanziaria.

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Tra il 2011 e il settembre 2018, ci sono stati 366 scambi di informazioni tra l’AIF e le autorità della Santa Sede e dello Stato. Nello stesso periodo i casi di collaborazione tra AIF e Unità di Informazione Finanziaria (UIF) estere sono stati più di 1.500.

Come detto, specifiche valutazioni sono state fatte a tutela dei settori delle donazioni e degli appalti.

Le donazioni sono raccolte attraverso canali istituzionali ad hoc, tra i quali ci sono l’Ufficio dell’Obolo di San Pietro, l’Elemosineria Apostolica e le Pontificie Opere Missionarie. Queste ultime sono soggette alle giurisdizioni dove operano.

Si tratta, insomma, di un sistema che funziona e che ha un quadro istituzionale e legale solido, tanto che dal 21 novembre 2018 lo Stato di Città del Vaticano è ammesso nella SEPA (l’Area Unica dei Pagamenti in Euro) dal Consiglio Europeo dei pagamenti: questo semplifica le operazioni finanziarie nella regione europea.

Come è fatta l’economia della Santa Sede? Non si può assegnare “un valore lordo” alle attività economiche svolte entro i confini dello Stato di Città del Vaticano, anche perché questo reddito deriva dal gettito che viene dalla gestione del patrimonio e dagli introiti dei servizi resi al personale dipendente e alle loro famiglie. In più, nello Stato della Città del Vaticano non ci sono un libero mercato o proprietà privata.

Lo Stato di Città del Vaticano non ha un “settore bancario”. Ed è per questo che la Valutazione Generale dei Rischi si concentra su un mondo finanziario piuttosto limitato, incardinato in un contesto peculiare come quello dello Stato della Città del Vaticano, che è “di natura pubblica e de facto chiuso”.

Perché nello Stato – si legge ancora nella relazione - “non è presente nessun mercato finanziario; non vengono emessi titoli del debito pubblico, strumenti di capitale o altri titoli o strumenti correlati; non esistono compagnie assicurative, istituti di moneta elettronica, società fiduciarie, società di cartolarizzazione; non vi sono filiali, succursali o uffici di enti finanziari esteri”.