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Giovanni Paolo II in Tailandia, tra buddisti e rifugiati dell' ex Indocina

Il Papa incontra il Patriarca dei Buddisti e visita il campo dove si ammassa il boat people sfuggiti al comunismo

Giovanni Paolo II e Vasana Tara nel 1984 |  | pd
Giovanni Paolo II e Vasana Tara nel 1984 | | pd
Giovanni Paolo II nel campo dei rifugiati di Phanat |  | pd
Giovanni Paolo II nel campo dei rifugiati di Phanat | | pd

“ Dio non ha mai detto che la sofferenza in se stessa è un bene, ma egli ci han insegnato, per mezzo di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, che ha sofferto ed è morto per i nostri peccati , che le nostre sofferenze, se unite a quelle di Cristo, hanno valore per la salvezza del mondo”.

Era l’ 11 maggio del 1984, Papa Giovanni Paolo II , lo ripeteva alle migliaia di indocinesi rifugiati in Tailandia nel campo di Phanat. Un dramma della storia asiatica. Gli sconvolgimenti seguiti alle vittorie comuniste, nel 1975, nelle ex colonie francesi dell’Indocina – Viet Nam, Cambogia e Laos – causarono la fuga, nei due decenni successivi, di più di tre milioni di persone.

Tra i paesi dove si rifugiarono c’era appunto la Tailandia che ne accoglie 130 mila dove però il clima politico non era certamente facile.

Per questo in aereo nel volo di ritorno da Bangkok verso Roma un giornalista solleva la questione. E lo fa in chiave politica: “Lei ha posto il problema politico dei rifugiati, ha avuto delle risposte politiche?” Il Papa lo interrompe con veemenza: “ Umano, è umano!!! È politico, naturalmente, i politici sono obbligati a risolvere questo problema, il problema è umano!” Il giornalista incalza: “Il governo tailandese prenderà dei provvedimenti per alleggerire la sorte di questi rifugiati che abbiamo visto dietro il filo spinato?” E il Papa: “Ma Dio mio! Il governo tailandese ha lasciato a questi rifugiati un posto per vivere. Se loro trovano un posto per vivere lo trovano soprattutto in Tailandia. Ma il problema internazionale è il problema morale! Ridurre questo alla politica è un falso concetto. Noi non viviamo solamente nelle categorie politiche. Voi dovete, voi signori giornalisti, saperlo. La dimensione fondamentale della umanità dell’uomo è la dimensione morale”.

Ecco questo era Giovanni Paolo II, la dimensione dell’uomo è una dimensione morale.

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Con questo spirito il Papa aveva affrontato la visita in Tailandia, una tappa ma un itinerario che passava anche per la Corea e le Isole Salomone.

Venticinque anni dopo quel viaggio storico nel 2009 la Chiesa thai era in festa celebrata con una messa nella  cattedrale dell’Assunzione a Bangkok, presieduta dal cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong.

 Il porporato cinese era l’inviato speciale di Benedetto XVI. Tra i celebranti anche Joseph Chusak Sirisut, allora vescovo di Nakhon Ratchasima, uno dei 25 sacerdoti ordinati nel 1984 da Giovanni Paolo II: “L’11 maggio 1984, ha dichiarato allora, è stato il giorno più importante per noi. È incredibile pensare che un giorno il Papa, sempre visto in televisione e sui giornali, sia venuto in Thailandia, un Paese con meno di 250mila cattolici (allora) e sia stato tra noi”. In ricordo dell’anniversario, davanti alla cattedrale di Bangkok, sono state benedette due statue: una raffigura San Pietro e l’altra Giovanni Paolo II.

Oltre agli incontri politici e con la piccolissima comunità cattolica il Papa aveva incontrato il “patriarca” dei Buddisti. Vasana Tara aveva  86 anni. Accoglie il Papa seduto, è Giovanni Paolo II a togliersi le scarpe e sedersi accanto a lui. Un incontro che il Papa stesso racconta alla stampa. Come è andato? Chiedono, e il Papa “Beh! Come con un buddista! Come con buddista! Lui vive nel suo mondo. Però era, direi, molto umano. Era silenzioso, ma ha detto le cose direi semplici. Per esempio ha detto: ma come può vivere in questo caldo terribile nel nostro paese? E poi ha detto rimane solamente una giornata…dovrebbe rimanere più a lungo .. .allora era con questa sua posizione buddista classica,( sorride parlando) era molto umano”.

Il Patriarca aveva detto al Papa: “Benché le nostre religioni siano differenti, abbiamo qualcosa in comune: possiamo cooperare nel portare la felicità e pace all’umanità con il nostro insegnamento, affinché gli uomini purifichino la loro mente”.

Nella omelia della messa per la Pace nel Mondo il 10 maggio a Bangkok Giovanni Paolo II aveva ricordato che la “eredità del popolo tailandese è intimamente legata alla tradizione buddista indigena, che prepara il terreno fertile perché il seme della Parola di Dio proclamata da Gesù Cristo possa attecchire e crescere. (..)I frutti di una sapienza “pacifica” “mite” sono manifestamente evidenti nel carattere tailandese e sono stimanti e rispettati  da coloro che hanno la fortuna di incontrarvi e di venire a conoscenza di questa qualità spirituale che è in voi”.

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