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Il segreto della Confessione non si viola in nessun caso

Una nota della Penitenzieria Apostolica che ripercorre il Magistero sul segreto

Il cardinale Piacenza  |  | Daniel Ibanez/ Aci Group Il cardinale Piacenza | | Daniel Ibanez/ Aci Group

Il sigillo del segreto della confessione è inviolabile sempre e comunque, e nessun brama di informazione o legge civile può cambiare questa che è la sua natura evangelica.

In poche parole è questo che si legge nella nota della Penitenziaria Apostolica sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale pubblicata oggi.

La nota è firmata dal Cardinale Piacenza, Penitenziare Maggiore e dal reggente il vescovo Nykiel. "La Penitenzieria Apostolica- spiega il Cardinale- che da otto secoli è il Tribunale Apostolico deputato alla trattazione delle materie che concernono il foro interno, conosce bene l’inestimabile valore del segreto sacramentale, della riservatezza, dell’inviolabilità della coscienza. Nell’elaborare la Nota che ora si presenta, essa ha inteso porsi al servizio di Pietro, della Chiesa e di ogni uomo di buona volontà, ribadendo l’importanza e favorendo una migliore comprensione di tali concetti che attualmente appaiono largamente incompresi o addirittura, in taluni casi, avversati".

Nella introduzione alla nota il cardinale Piacenza è molto chiaro e spiega le necessità di questo chiarimento magisteriale a causa della “ipertrofia comunicativa”. Scrive Piacenza: “Si è diffusa negli ultimi decenni una certa “bramosia” d’informazioni, quasi prescindendo dalla loro reale attendibilità e opportunità, al punto che il “mondo della comunicazione” sembra volersi “sostituire” alla realtà, sia condizionandone la percezione, sia manipolandone la comprensione.

Da questa tendenza, che può assumere i tratti inquietanti della morbosità, non è immune, purtroppo, la stessa compagine ecclesiale, che vive nel mondo e, talvolta, ne assume i criteri. Anche tra i credenti, di frequente, energie preziose sono impiegate nella ricerca di “notizie” – o di veri e propri “scandali” – adatti alla sensibilità di certa opinione pubblica, con finalità e obiettivi che non appartengono certamente alla natura teandrica della Chiesa. Tutto ciò a grave detrimento dell’annuncio del Vangelo a ogni creatura e delle esigenze della missione. Bisogna umilmente riconoscere che talvolta nemmeno le fila del clero, fino alle più alte gerarchie, sono esenti da questa tendenza”.

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Il Cardinale spiega anche la necessità di ribaltare il pregiudizio negativo che si forma sulla Chiesa messa alla pari di ogni altra organizzazione umana. Ma invece “questo pregiudizio, dimentico della vera natura della Chiesa, della sua autentica storia e della reale, benefica incidenza che essa ha sempre avuto ed ha nella vita degli uomini, si traduce talvolta nell’ingiustificabile “pretesa” che la Chiesa stessa, in talune materie, giunga a conformare il proprio ordinamento giuridico agli ordinamenti civili degli Stati nei quali si trova a vivere, quale unica possibile “garanzia di correttezza e rettitudine”.

La nota quindi riprende in mano il Magistero, il diritto canonico, il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica per affermare la differenza tra vita sacramentale della Chiesa e legge civile, sottolineando che la attenzione alla “ Salus animorum” percorre strade diverse.

La nota affronta in diversi livelli, il sigillo sacramentale, la riservatezza connaturata al foro interno extra-sacramentale, il segreto professionale, i criteri e i limiti propri di ogni altra comunicazione.

Da ricordare che  “in presenza di peccati che integrano fattispecie di reato, non è mai consentito porre al penitente, come condizione per l’assoluzione, l’obbligo di costituirsi alla giustizia civile, in forza del principio naturale, recepito in ogni ordinamento, secondo il quale «nemo tenetur se detegere». Al contempo, però, appartiene alla “struttura” stessa del sacramento della Riconciliazione, quale condizione per la sua validità, il sincero pentimento, insieme al fermo proposito di emendarsi e di non reiterare il male commesso”.

C’è poi a direzione spirituale il segreto pontificio, mezzi e strumenti che hanno come ratio ultimo il bene della Chiesa e la salus animarum.

C’è un criterio ecclesiale e sacramentale di comunicazione della verità che deve condurre al bene di tutti: “nella comunicazione della verità come nel silenzio riguardo ad essa, quando chi la domanda non avesse il diritto di conoscerla, occorre conformare sempre la propria vita al precetto dell’amore fraterno, avendo davanti agli occhi il bene e la sicurezza altrui, il rispetto della vita privata e il bene comune”.

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E’ quindi evidente che “in un tempo di massificante comunicazione, nel quale ogni informazione viene “bruciata” e con essa spesso purtroppo anche parte della vita delle persone, è necessario re-imparare la forza della parola, il suo potere costruttivo, ma anche il suo potenziale distruttivo; dobbiamo vigilare perché il sigillo sacramentale non venga mai violato da alcuno e la necessaria riservatezza connessa all’esercizio del ministero ecclesiale sia sempre custodita gelosamente, avendo come unico orizzonte la verità e il bene integrale delle persone”.

La nota si conclude con la certezza che “nella gelosa custodia del sigillo sacramentale e della necessaria discrezione legata al foro interno extra-sacramentale e agli altri atti di ministero rifulge una particolare sintesi tra dimensione petrina e mariana nella Chiesa”.