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Jurkovic: “Ecco le priorità della Santa Sede sul tema delle migrazioni”

Arcivescovo Ivan Jurkovic | L'arcivescovo Ivan Jurkovic durante una sessione delle Nazioni Unite a Ginevra | YouTube Arcivescovo Ivan Jurkovic | L'arcivescovo Ivan Jurkovic durante una sessione delle Nazioni Unite a Ginevra | YouTube

Da cinque anni, la Santa Sede è membro dell’International Organization for Migrations, rappresentata attualmente nell’organismo dall’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra. In questa seconda parte di intervista, dopo aver delineato l’impegno della Santa Sede nell’organizzazione, il diplomatico vaticano racconta quali sono le attuali priorità sul tema delle migrazioni. E spiega quale sarà l’ipegno della Santa Sede.

Tra i vari tavoli di discussione allo IOM, quali sono quelli percepiti come più urgenti oggi? E in che modo è possibile trovare soluzioni?

Uno dei temi che occupano la maggior parte delle discussioni è il cosiddetto Global Compact sui migranti, vale a dire il seguito pratico alla Dichiarazione di New York su Migranti e Rifugiati. Esso esprime la volontà politica di salvare vite, proteggere la dignità, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti, indipendentemente dal loro status migratorio. Tra gli altri temi di interesse vi sono sicuramente quello dei migranti ambientali e quello dei migranti non accompagnati, un tema a cui Papa Francesco ha voluto dedicare il suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato nel 2017. I bambini, data la loro vulnerabilità, sono spesso vittime di trafficking, di sfruttamento e l'abuso. È importante che venga data loro priorità e che vengano adottate misure adeguate per garantire loro protezione e difesa, così come affrontare le cause che provocano la fuga di minorenni dai rispettivi Paesi di origini.

Quanto pesa il problema dei migranti ambientali?

Anche se non esiste una definizione riconosciuta di “migranti climatici” o “migranti ambientali” a livello internazionale, sono milioni le persone che ogni anno sono costrette ad abbandonare le proprie terre a causa di disastri naturali, del degrado ambientale o del cambiamento climatico. Nonostante questo non vengono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e pertanto non godono di alcuna protezione e tutela normativa. Nell’Enciclica Laudato Si’, il Santo Padre ha proprio sottolineato quell’indifferenza e quella abdicazione di responsabilità verso la miseria provocata dal degrado ambientale o del cambiamento climatico.

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Ci sono piani di intervento particolari?

Negli ultimi anni, varie iniziative sono state lanciate a livello internazionale come la Nansen Initiative, la Migrants in Countries in Crisis Initiative, cosi’ come vari programmi e discussioni ad hoc dell’OIM, che ha recentemente creato una divisione totalmente dedicata agli effetti del degrado ambientale e del cambiamento climatico sui fenomeni migratori. L’OIM ha anche pubblicato quest’anno un “Atlas of Environmental Migrants” che cerca di mettere chiarezza sulle definizioni e sulla terminologia di “migranti ambientali” e una mappatura dei loro movimenti in cui fa riflettere il costante aumento del numero di persone costrette ad abbandonare le proprie terre a causa di disastri ambientali, siccità, degradazione ambientale, mancanza di acqua potabile e desertificazione. 

Cinque anni fa, l’emergenza migratoria non sembrava essere al livello odierno. Eppure, già si poteva prevedere in controluce quello che sarebbe successo. Il Sinodo sul Medio Oriente del 2010 aveva messo in luce l’esodo dei cristiani dalle terre della Bibbia, a seguito della Seconda Guerra del Golfo, ma non solo. In cosa la Santa Sede ha potuto dare un contributo in questi anni difficili di crisi migratoria? In cosa potrebbe dare ancora un contributo?

La situazione dei cristiani delle terre bibliche, la cosiddetta “orientalis varietas”, si è deteriorata in maniera significativa in tempi recenti. Un elemento che spesso si solleva all’attenzione di molti Paesi del Medio Oriente è proprio il grande esodo dei cristiani da quelle terre che essi hanno abitato per lunghi secoli. Numerose sono le cause che provocano questo fenomeno. Una delle cause principali è la mancanza di protezione dei loro diritti fondamentali inerenti alla persona umana, tra cui principalmente il diritto alla libertà religiosa. Come ben noto, inoltre, queste terre sono state e continuano a essere teatro di conflitti che hanno provocato i grandi flussi di rifugiati. Su questo punto è importante mantenere le categorie di rifugiati e migranti ben distinte, in quanto i primi godono di protezioni specifiche a livello internazionale (Convenzione sui Rifugiati del 1951 e il suo Protocollo del 1967). Anche il fattore demografico gioca un ruolo notevole qui: l’aumento della popolazione musulmana rende ancora più esiguo in proporzione il numero di cristiani.

Gli immigrati per ragioni di necessità vengono nei Paesi sviluppati per poter lavorare, ma così facendo accettano anche condizioni di lavoro inique. Il lavoro migrante può essere considerato la nuova schiavitù? E la gestione illegale dei flussi migratori è considerabile un “traffico di esseri umani”?

Le disuguaglianze persistenti e i crescenti livelli di povertà spingono molti lavoratori nei Paesi in via di sviluppo per cercare lavoro all'estero. Questo tipo di migrazione, tuttavia, è spesso associata con abusi sul lavoro inaccettabili e lo sfruttamento. Ad esempio, i lavoratori domestici migranti, la maggior parte dei quali sono donne, sono particolarmente vulnerabili e sono spesso vittime di trafficking. Gli strumenti internazionali in materia di lavoro e di migrazione adottata nel corso degli anni, sono cruciali per la salvaguardia della dignità e dei diritti dei lavoratori migranti; tuttavia, normative vigenti in molti Paesi non sono spesso in linea con le norme internazionali.

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Il problema delle migrazioni riguarda anche la presenza di migranti di fede islamica sul territorio europeo. Una presenza sempre più massiccia, che ora comincia a fare paura: prima, erano i fenomeni delle banlieu, ora sono gli attacchi mossi nel cuore dell’Europa da una presunta matrice religiosa. Si è affrontato il tema in sede internazionale? C’è stata una road map proposta dalla Santa Sede?

Mi permetto anzitutto di fare una precisazione: le migrazioni non sono un problema, ma una realtà umana che come tale deve essere gestita in maniera ordinata e consapevole. Non c'è dubbio che la migrazione sia una delle più potenti forze che modellano la vita economica, sociale, politica e culturale nel mondo di oggi. Sebbene l’impatto della migrazione sulle nostre società sia profondo, poiché l’incontro con l’altro ci porta a riflettere anche sulla nostra stessa identità, non è con la paura, l’odio e la violenza che vanno gestiti i flussi migratori.I migranti non sono persone da temere. Sono costruttori di ponti tra le culture, contribuendo con il loro duro lavoro, energia e nuove idee. Mentre i nuovi arrivati ​​hanno il diritto di preservare la loro identità culturale, allo stesso tempo hanno la responsabilità di rispettare il patrimonio culturale del Paese ospitante nella ricerca del bene comune. Certamente, ogni attacco terroristico è intollerabile e un affronto alla pacifica convivenza dei popoli e alla dignità della persona umana. Ma è inappropriato parlare di attacchi di matrice religiosa. Questi attacchi rappresentano l’uso errato del nome di Dio, non la religione.

Quali i prossimi passi della Santa Sede allo IOM in tema di migrazioni?

La Santa Sede, seguendo la voce del Santo Padre, continuerà a sostenere che le migrazioni non sono un problema da risolvere ma un fenomeno sociale che va gestito in maniera ordinata secondo principi stabiliti. Ritengo che il negoziato sul Global Compact per i migranti sarà un passo decisivo per la Comunità Internazionale. Per essere veramente efficace, tale processo dovrebbe convogliare tutti gli sforzi comuni verso il raggiungimento di risultati significativi e lungimiranti. Dovrebbe essere guidato da uno spirito di solidarietà, dalla centralità della persona umana e la sua inerente dignità e dal desiderio di promuovere uno sviluppo umano integrale, contribuendo anche a risolvere le cause della migrazione forzata, rendendo la migrazione una scelta ragionata e non una decisione traumatica.

Come verrà affrontato il fenomeno migratorio?

Si continuerà ad affrontare il fenomeno migratorio portando la voce dei gruppi più vulnerabili della società, le categorie di persone che meritano maggiore attenzione e non adeguatamente protette, come ad esempio i migranti ambientali, i minori non accompagnati, e i lavoratori migranti. Credo infine che vi sia anche la necessità di un dialogo politico e sociale all’interno di ogni nazione, dando ascolto alle legittime preoccupazioni della gente che deve assumersi le conseguenze immediate di questo processo. Solo così sarà possibile trovare soluzioni più mature, maggiormente adeguate e appropriate a quella realtà sociale e umana che rappresenta il fenomeno migratorio. Certamente non mancano neanche i pregiudizi culturali dinanzi all’arrivo dei migranti nelle nostre società, ma bisogna tener conto anche delle preoccupazioni pratiche della gente. Mentre i nuovi arrivati ​​hanno il diritto di preservare la loro identità, allo stesso tempo hanno anche la responsabilità di rispettare il patrimonio culturale del Paese ospitante per costruire insieme un futuro migliore. Quando i migranti non sono integrati nella società diventano isolati, creando una cultura di reciproca diffidenza e sospetto. Per questo è necessario sostituire tale atteggiamento con una cultura di dialogo, di incontro, e di rispetto reciproco.