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La "sacrilega e repentina invasione" di Roma obbliga Pio IX a fermare il Concilio vaticano

Postquam Dei munere, la Lettera con la quale il Papa dichiara sospesa l'assise che aveva riunito i vescovi del mondo otto mesi prima

Papa Pio IX in un ritratto fotografico  |  | Wikipedia Papa Pio IX in un ritratto fotografico | | Wikipedia

“Tra l’apertura e la proroga del Concilio, otto mesi circa sono passati. In questo intermezzo la Chiesa, interrogando con un solo sguardo e la sua tradizione infallibile e gl’imminenti pericoli della collettività cattolica, ha riconosciuto un dogma necessario, dove alcuni non volevano vedere che una dottrina fosse incerta e in ogni caso inopportuna”.

Era l’8 dicembre del 1871 quando Louis Veuillot corrispondente de L’ Univers religieux, organo del cattolicesimo francese, ultramontanista, scriveva questa pagina prima di lasciare Roma dopo aver seguito tutto il Concilio.

“Contando sull’assistenza divina promessa alla sua preghiera,- si legge nelle pagine di Veuillot-  la Chiesa esaminò un’ultima volta questo dogma che emergeva da se stesso dall’ombra relativa in cui i secoli precedenti lo avevano lasciato. Lo verificò con una discussione larga e libera, e infine lo collocò al suo posto, tra le fondamenta dell’edificio sempre identico  e sempre ingrandito in cui Ella mette al sicuro il genere umano. Perché la Chiesa è la dimora permanente ed innalzata da Dio. Non varia e non si aggiunge niente e non si stacca niente, ma s’ingrandisce perpetuamente, con una perpetua espansione della luce. La missione del tempo è di prorogare la fiaccola che di giorno in giorno e di secolo in secolo ci rivela la sua immensità.”

Non c’è nessun riferimento politico nel testo dello scrittore francese. Troppo doloroso forse per un convinto sostenitore non solo dell'infallibilità pontificia ma anche del potere temporale del Papa.

Ma il 18 luglio, il giorno stesso della proclamazione del dogma, mentre a San Pietro risuonava il Te Deum e il Veni Creator, scoppiava la guerra franco-prussiana, che suggerì a non pochi membri dell’episcopato europeo di tornare nelle proprie diocesi.

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I lavori che si erano aperti l’8 dicembre del 1869, continuarono in qualche modo, ma il 20 settembre  entrano a Roma le truppe piemontesi. Pio IX  il 20 ottobre scrive la Lettera Apostolica in forma di motu proprio Postquam Dei munere, con la quale rimanda i lavori del Concilio sine die.

Non è un testo facile da trovare on line, nè in latino e tanto meno in italiano. Se ne trova una edizione francese. Sembra quasi che lo si voglia dimenticare.

Invece è un testo potente anche se giuridico. Il Papa parla di una “sacrilega e repentina invasione” della Città, proprio mentre il Concilio stava lavorando per il bene della Chiesa ma anche della “società umana”. Uno stato delle cose “luttuoso” che non permette ai Padri un lavoro in libertà perché, scrive il Papa, “poiché ci è impedito in molti modi l’uso libero e completo della suprema autorità donataci da Dio”.

Pio IX è però il Vicario di Cristo e invece di lanciare scomuniche rinnova la indulgenza in forma di giubileo per chi prega per il Concilio. Che sarà ripreso solo quando la Sede Apostolica lo deciderà.

Dei 50 schemi preparati dalle commissioni preparatorie e di quello aggiunto in corso d’opera sull’infallibilità ne vengono approvati solo due: Pastor Aeternus e Dei FiliusUn lavoro sui temi sociali sarà ripreso dal Leone XIII nella Rerum Novarum, molti temi saranno riproposti nel Vaticano II. Secondo perché Giovanni XXIII chiuse formalmente il primo.

Ecco una libera traduzione del testo integrale. Sarà utile rileggere le parole del Papa e cosa davvero aveva provocato la presa di Roma proprio nel momento del Concilio ecumenico, la massima Assise della chiesa cattolica.

More in Vaticano

 

Dopo che per un dono di Dio abbiamo potuto iniziare la celebrazione del Concilio ecumenico vaticano lo scorso anno, abbiamo visto grazie alla sapienza, la virtù e la sollecitudine dei padri, che erano venuti numerosi da ogni parte della terra, questa opera importante e santa procedere così bene, che ci illuminava una speranza certa di vederne uscire felicemente quei frutti che desideravamo con forza, per il bene della religione e della Chiesa di Dio e per l’utilità dell’umana società.

Si erano già tenute quattro sessioni pubbliche e solenni, e avevamo pubblicato e promulgato alcune costituzioni salutari e opportune per la causa della fede, approvate dal sacro Concilio, mentre altre questioni sulla fede e sulla disciplina della Chiesa erano state rinviate all’esame dei padri per poter presto essere approvate e promulgate dalla suprema autorità della Chiesa docente.

Confidavamo che questi lavori potessero avere dei progressi attraverso l’impegno e lo zelo comune e fraterno, e che potessero essere condotti al risultato desiderato attraverso una strada facile e prospera.

Ma la sacrilega e repentina invasione di questa nobile città, Nostra Sede, e delle restanti regioni sotto il nostro potere temporale, questa invasione che, in disprezzo di ogni giustizia, ha violato con una perfidia e una audacia incredibili i diritti imprescrittibili del Nostro principato civile e della Sede Apostolica, ci ha gettati in quello stato di cose per cui siamo stati posti totalmente sotto una ostile dominazione e potere, cosa che Dio ha  permesso per i suoi imperscrutabili giudizi.

In questo luttuoso stato delle cose, poiché ci è impedito in molti modi l’uso libero e completo della suprema autorità donataci da Dio, e poiché abbiamo ben compreso che i Padri del Concilio vaticano non avrebbero minimamente in questa nobile città, per il tempo che perdurerà questa situazione, la libertà, la sicurezza, e tranquillità necessarie per trattare convenientemente le questioni della Chiesa con Noi; e allorché inoltre nel mezzo di grandi calamità e degli avvenimenti che agitano l’Europa e sono bene noti, le necessità dei fedeli non permettono che un così grande numero di pastori siano assenti dalle loro chiese;

Per questi motivi Noi che vediamo con grande afflizione del nostro cuore la impossibilità per il concilio Vaticano di seguire il suo corso in tali circostanze, abbiamo, di nostra propria iniziativa, dopo matura riflessione, deciso di sospendere la celebrazione di detto Concilio ecumenico Vaticano fino ad  un’epoca più opportuna e più conveniente da definire da questa Santa Sede.

 E questa sospensione noi la pronunciamo grazie alla nostra autorità apostolica per il tenore della presente e l’annunciamo pregando Dio fondatore e vendicatore della sua chiesa  di allontanare infine tutti questi ostacoli  e rendere presto alla sua sposa fedelissima la libertà e la pace.

E perchè più sono numerosi e gravi i pericoli e i mali che affliggono la Chiesa, più bisogna raddoppiare  le preghiere e implorare notte e giorno  Dio Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, Padre di misericordia e Dio di tutte le consolazioni, Noi vogliamo e ordiniamo che le disposizioni della nostra Lettera Apostolica  dell’ 11 aprile dello scorso anno (1869) con la quale abbiamo accordato a tutti i fedeli  una indulgenza plenaria in forma di giubileo in occasione del Concilio ecumenico, restino in vigore secondo i modi prescritti dalla Lettere stessa, come se la celebrazione del Concilio fosse ancora in corso.

Questo noi decidiamo, proclamiamo, vogliamo e ordiniamo nonostante qualsiasi obiezione contraria, che sia vuoto e nullo tutto ciò che sarà fatto da chiunque e con qualsiasi autorità sia consapevolmente che per ignoranza.

Che non sia quindi permesso ad alcuno di infrangere il nostro mandato e il nostro decreto della sospensione, proclamazione e volontà, né di opporvisi con temeraria audacia.

Se qualcuno lo osasse sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo.

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Al fine che la presente Lettera sia conosciuta da tutti coloro che li riguarda, Vogliamo che sia pubblicata e affissa alle porte della chiesa del Laterano e della basilica del Principe degli Apostoli e di Santa Maria Maggiore in Urbe e che, pubblicata e affissa, obblighi tutti gli interessanti come se l’avessero ricevuta personalmente e nominalmente.

Data a Roma, San Pietro, sotto l’anello del Pescatore il 20 ottobre del 1870 venticinquesimo del nostro pontificato.