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Padre Enzo Fortunato: il presepe è una gioia mai provata prima

La storia di san Francesco e della scena della Natività

La grotta del presepe a Greccio |  | pd La grotta del presepe a Greccio | | pd

La storia della nascita del presepe che compie 800 anni è riportata nel libro del francescano p. Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi ed autore del libro ‘Una gioia mai provata’ con la prefazione di mons. Domenico Pompili, ora vescovo a Verona e fino poco tempo fa vescovo a Rieti, nel cui territorio c’è Greggio.

Infatti è a san Francesco d’Assisi che si deve l’invenzione del presepe nel borgo di Greccio, un piccolo villaggio, alle pendici del Monte Lacerone in provincia di Rieti, ai confini con l’Umbria, ritornando da Roma: un luogo incantato per Francesco che vide e percepì in quel luogo l’atmosfera simile e a quella della Terra Santa. Così decise di rievocare la Natività: Assisi diventa Betlemme grazie all’aiuto di messere Giovanni Velita, al quale Francesco chiese aiuto, per creare il primo presepe della storia.

L’opera racconta l’origine del presepe, del suo significato, dei ruoli di Maria, Giuseppe, Gesù, degli Angeli, dei Magi, la stella cometa. Inoltre nel libro p. Fortunato accenna anche alla nascita della canzone che tutti abbiamo canticchiato nelle festività natalizie ‘Tu scendi dalle stelle’, autore fu Sant’Alfonso Maria de Liguori. L’ultima parte del libro sono testimonianze inviate a p. Fortunato da persone che hanno accolto il suo invito a raccontare i ricordi e le speranze legate al presepe.

Nella prefazione mons. Pompili ha sottolineato il messaggio del presepe: “Un messaggio che oggi arriva fino a noi a ben 800 anni di distanza dall’epoca di Francesco, eppure ci appare così estremamente attuale da lasciarci turbati. Seppur lungi dal tempo sanguinario delle crociate, l’individualismo sfrenato del nostro tempo e la nostra tendenza a calpestare le esigenze del prossimo a favore del nostro tornaconto personale pare necessitare di un ritorno costante quella grotta, tanto fredda quanto intrisa di calore umano. Come siamo ormai avvezzi ad inquadrare in maniera nitida, attraverso gli schermi dei nostri smartphone, le scene degne di nota che si presentano dinnanzi ai nostri occhi, occorre reimparare a fissare nei nostri cuori la nitidezza di una solidarietà senza pretese e senza riscontri”.

A padre Enzo Fortunato chiediamo di spiegarci il motivo per cui il presepe è una gioia mai provata: “Il titolo è tratto da un’espressione delle persone che invitate da san Francesco nella notte di Natale 1223 a partecipare al presepe. Dopo quell’ ‘invenzione’ gli astanti esclamarono la propria felicità e tornarono a casa, affermando che era una gioia ‘mai provata’. Credo che questa affermazione sia straordinaria e genuina, perché la ripetiamo continuamente intorno al presepe, che abbiamo fatto. E’ un’esperienza indelebile nel cuore di ciascuno di noi. E’ straordinaria, perché il senso vero del Natale è una gioia ‘mai provata’: è l’incontro vero ed autentico con Gesù”.

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Perché san Francesco volle fare proprio un presepe?

“Nel 1223 san Francesco vive uno dei momenti più importanti della sua vita. Tornava da Roma, dove era stata appena approvata la Regola; contemporaneamente viveva momenti di difficoltà con l’Ordine che aveva fondato. Di lì a poco sarebbe stato dalla guida dell’Ordine. La  Chiesa e la società civile vivevano guerre fratricide molto forti come le Crociate, dove la Croce veniva usata come spada, mentre il santo assisiate va in Egitto disarmato. Egli difende il presepe, mettendoci davanti ad una provocazione interessante: il bue e l’asinello con Gesù bambino e basta, perché in quell’epoca il bue e l’asino rappresentavano il popolo ebraico e quello mussulmano. Mettendo questi animali accanto a Gesù è come se Francesco ci dicesse che questo Dio che si incarna viene per ogni uomo. Il presepe è la forma più alta di inclusione”.

Quale segno lascia nella società il presepe?

“Il presepe lascia molti segni per la nostra società. Il primo ci dice che la porta del cuore di Gesù è sempre aperta: se vuoi vivere il presepe fa in modo che il tuo cuore sia libero ed accogliente. Il secondo segno è quello che ci dice che in ogni difficoltà c’è una luce: nella notte di Natale arriva l’annuncio di pace. Gesù in questa notte ci dice: non temere, ogni notte ha la sua luce. E’ un invito confortante. Ed infine il presepe ci chiede di vivere la fraternità, perché nel presepe ci sono il ricco, lo scienziato ed il re magio insieme al povero, al pastore ed alla massaia. Quindi la nascita di Gesù è  la definizione della fraternità. Infine l’altro segno è quello della stella che ci guida, cioè dai valori nella vita, che ti conducono fuori dal guado”.

Dopo 800 anni quale è la bellezza del presepe oggi?

“Oggi si può considerare il presepe una delle massime espressioni educative. Credo che tutti dovremmo fare il presepe. Anzi questo libro è un invito a fare il presepe. Ho scritto che i mussulmani  ed i non credenti dovrebbero invitarci a fare il presepe, perché è uno dei segni dell’amore di Dio, Fare il presepe significa migliorare la nostra società, perché educa all’amore vero, alla solidarietà ed al rapporto con gli altri”.    

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