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Papa Francesco: "Amare Dio e il prossimo è un comandamento inscindibile"

Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, il Papa si scaglia contro la globalizzazione dell'indifferenza

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Il Signore sostiene i forestieri, assieme alle vedove e agli orfani del popolo. Sono i senza diritti, gli esclusi, gli emarginati, per i quali il Signore ha una particolare sollecitudine. Il Signore ammonisce il popolo di non maltrattare in alcun modo le vedove e gli orfani, perché Egli ascolta il loro grido. Lo stesso avvertimento viene ripreso due volte nel Deuteronomio, con l’aggiunta degli stranieri tra le categorie protette”. Lo ha detto il Papa nell’omelia pronunciata stamane in occasione della Messa per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Concelebrano con il Pontefice tra gli altri il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Cei,il Cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale e il Cardinale Angelo De Donatis, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma.

Nel Messaggio pubblicato per questa Giornata il Papa ricorda di non parlare genericamente solo di migranti ma anche “di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che, assieme ai migranti e ai rifugiati, sono vittime della cultura dello scarto. Il Signore ci chiede di mettere in pratica la carità nei loro confronti; ci chiede di restaurare la loro umanità, assieme alla nostra, senza escludere nessuno, senza lasciare fuori nessuno”.

Viviamo in un mondo elitista, ma la carità - ammonisce Francesco - non basta. E’ necessario “riflettere sulle ingiustizie che generano esclusione, in particolare sui privilegi di pochi che, per essere conservati, vanno a scapito di molti”.

Il Pontefice punta il dito contro la “cultura del benessere” che “ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”.

Come il ricco del Vangelo con Lazzaro - prosegue Papa Francesco - “anche noi, troppo presi dal preservare il nostro benessere, rischiamo di non accorgerci del fratello e della sorella in difficoltà. Ma come cristiani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione di chi non appartiene al nostro gruppo. Non possiamo rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire. Chiediamo al Signore la grazia di piangere, il pianto che converte il cuore davanti a questi peccati”.

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Bisogna rispettare - aggiunge - il comandamento di amare Dio e il prossimo che “non si possono separare! E amare il prossimo come sé stessi vuol dire anche impegnarsi seriamente per costruire un mondo più giusto, dove tutti abbiano accesso ai beni della terra, dove tutti abbiano la possibilità di realizzarsi come persone e come famiglie, dove a tutti siano garantiti i diritti fondamentali e la dignità. Amare il prossimo significa sentire compassione per la sofferenza dei fratelli e delle sorelle, avvicinarsi, toccare le loro piaghe, condividere le loro storie, per manifestare concretamente la tenerezza di Dio nei loro confronti. Significa farsi prossimi di tutti i viandanti malmenati e abbandonati sulle strade del mondo, per lenire le loro ferite e portarli al più vicino luogo di accoglienza, dove si possa provvedere ai loro bisogni”.

Dobbiamo - conclude il Papa - “impegnarci nella costruzione della famiglia umana secondo il progetto originario, rivelato in Gesù Cristo: tutti fratelli, figli dell’unico Padre”.