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Papa Francesco: “Dio chiederà conto a chi non ha cercato la pace”

Nel discorso conclusivo dell’incontro per la pace “Nessuno si salva da solo”, Papa Francesco sottolinea che “Il mondo ha un’ardente sete di pace”

Papa Francesco, Patriarca Bartolomeo | Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo al Campidoglio di Roma per l'incontro per la pace Papa Francesco, Patriarca Bartolomeo | Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo al Campidoglio di Roma per l'incontro per la pace "Nessuno si salva da solo" organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, 20 ottobre 2020 | Daniel Ibanez / ACI Group

Papa Francesco lo sottolinea a chiare lettere: “La fraternità, che sgorga dalla coscienza di essere un’unica umanità, deve penetrare nella vita dei popoli, nelle comunità, tra i governanti, nei consessi internazionali”. È un appello che nasce in un mondo che “ha un ardente bisogno di pace” e di artigiani della pace, come dice il Papa e come recita l’appello finale per la pace recitato da tutti i leader religiosi convenuti a questo appuntamento. Perché la pace è “priorità di ogni politica” e Dio chiederà conto a chi non la ha cercata.

Si conclude in Campidoglio, l’incontro di preghiera per la pace “Nessuno si salva da solo” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Dopo il momento di preghiera in luoghi diversi delle varie confessioni religiose convenute (il Papa era a Santa Maria in Ara Coeli con i cristiani), ora è il momento di riunirsi in Campidoglio, per un appello congiunto sulla pace.

A Papa Francesco spetta di chiudere, con la sua riflessione, la preghiera per la pace, che la Comunità di Sant’Egidio celebra ogni anno nello spirito dell’incontro di Assisi convocato da San Giovanni Paolo II nel 1986. “In quella visione di pace – sottolinea Papa Francesco - c’era un seme profetico che, passo dopo passo, grazie a Dio è maturato, con inediti incontri, azioni di pacificazione, nuovi pensieri di fratellanza”.

Il Papa non nega che ci siano stati anche fatti dolorosi in questi anni, come “conflitti, terrorismo, radicalismo”, a volte persino “in nome della religione”, vanno riconosciuti comunque “i passi fruttuosi nel dialogo tra le religioni”, che ha portato al Documento sulla Fraternità Umana firmato dallo stesso Papa Francesco e dal Grande Imam di al Azhar Ahmed al Tayyeb ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019.

Papa Francesco sottolinea che i credenti “hanno compreso che la diversità di religione non giustifica l’indifferenza e l’inimicizia”, che piuttosto proprio a partire dalla fede “si può diventare artigiani di pace e non spettatori inerti del male della guerra e dell’odio”.

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“Le religioni – sottolinea Papa Francesco – sono al servizio della pace e della fraternità”. Il Papa lo reitera: “C’è bisogno di pace! Più pace!!”

Anche perché “il mondo, la politica, la pubblica opinione rischiano di assuefarsi al male della guerra”, i cui dolori sono oggi “aggravati dalla pandemia del coronavirus e dall’impossibilità, in molti Paesi, di accedere alle cure necessarie”, mentre “i conflitti continuano e con essi il dolore e la morte”.

Per Papa Francesco, “mettere fine alla guerra è dovere improrogabile di tutti i responsabili politici di fronte a Dio”, perché “la pace è la priorità di ogni politica” e “Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti, di tutti i giorni, i mesi, gli anni di guerra che hanno colpito i popoli!”

Papa Francesco ricorda il “Basta!” di Gesù di fronte ai discepoli che prima della passione gli mostrano due spade, e sottolinea che questo basta è “è l’implorazione di noi tutti, degli uomini e delle donne di buona volontà. È il sogno di tutti i cercatori e artigiani della pace”.

Si domanda Papa Francesco: “Come uscire da conflitti bloccati e incancreniti? Come sciogliere i nodi aggrovigliati di tante lotte armate? Come prevenire i conflitti? Come pacificare i signori della guerra o quanti confidano nella forza delle armi?”

Il Papa sottolinea “nessun popolo, nessun gruppo sociale potrà conseguire da solo la pace, il bene, la sicurezza e la felicità. Nessuno”. Ed è questo che ci insegna la pandemia.

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Per questo, il futuro è nella fraternità, che “deve penetrare nella vita dei popoli, nelle comunità, tra i governanti, nei consessi internazionali”, in modo da far lievitare “la consapevolezza che ci si salva soltanto insieme, incontrandosi, negoziando, smettendo di combattersi, riconciliandosi, moderando il linguaggio della politica e della propaganda, sviluppando percorsi concreti per la pace”.

Conclude Papa Francesco: “Siamo insieme questa sera, come persone di diverse tradizioni religiose, per comunicare un messaggio di pace. Questo manifesta chiaramente che le religioni non vogliono la guerra, anzi smentiscono quanti sacralizzano la violenza, chiedono a tutti di pregare per la riconciliazione e di agire perché la fraternità apra nuovi sentieri di speranza. Infatti, con l’aiuto di Dio, è possibile costruire un mondo di pace, e così salvarsi insieme”.

Al termine dell’incontro, viene diffuso l’appello per la pace di tutti i leader religiosi.

Questi si impegnano “a vivere e a proporre solennemente ai responsabili degli Stati e ai cittadini del mondo questo Appello di Pace”.

Nello stesso Campidoglio in cui si strinse il patto dell’Europa Unita, i leader religiosi voglio dire con forza che “nessuno può salvarsi da solo, nessun popolo, nessuno!”

Prosegue l’appello: “Le guerre e la pace, le pandemie e la cura della salute, la fame e l’accesso al cibo, il riscaldamento globale e la sostenibilità dello sviluppo, gli spostamenti di popolazioni, l’eliminazione del rischio nucleare e la riduzione delle disuguaglianze non riguardano solo le singole nazioni”.

Questo si capisce oggi, in un mondo sempre interconnesso, e per questo i leader religiosi sottolineano che “è tempo di sognare di nuovo con audacia che la pace è possibile, che la pace è necessaria, che un mondo senza guerre non è un’utopia”.

I leader religiosi riconoscono che “purtroppo, la guerra è tornata a sembrare a molti una via possibile per la soluzione delle controversie internazionali”, ma loro riaffermano che piuttosto “la guerra è un fallimento della politica e dell’umanità”.

Per questo, i leader religiosi si appellano “ai governanti, perché rifiutino il linguaggio della divisione, supportata spesso da sentimenti di paura e di sfiducia, e non s’intraprendano vie senza ritorno. Guardiamo insieme alle vittime”.

Poi si rivolgono ai responsabili degli Stati, chiedendo di “lavorare insieme per una nuova architettura della pace”, di unirsi “per la vita, la salute, l’educazione e la pace”, perché “è arrivato il momento di utilizzare le risorse impiegate per produrre armi sempre più distruttive, fautrici di morte, per scegliere la vita, curare l’umanità e la nostra casa comune”.

L’appello chiede di “cominciare dagli obiettivi raggiungibili”, prima di tutto nel “contenere la diffusione del virus”. E si rivolge infine a tutti i credenti, alle donne e agli uomini di buona volontà, chiedendo di farsi “con creatività artigiani della pace”, di costruire “amicizia sociale” e fare propria la cultura del dialogo “leale, perseverante e coraggioso” che “è l’antidoto alla sfiducia, alle divisioni e alla violenza”.

“Il dialogo – conclude l’appello - scioglie in radice le ragioni delle guerre, che distruggono il progetto di fratellanza inscritto nella vocazione della famiglia umana. Nessuno può sentirsi chiamato fuori”.

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Insomma, “siamo tutti corresponsabili. Tutti abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati. Le ingiustizie del mondo e della storia si sanano non con l’odio e la vendetta, ma con il dialogo e il perdono”.