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Papa Francesco, la speranza della pace per la Repubblica Democratica del Congo

Tshikenedi dal Papa per rafforzare i rapporti con la Santa Sede. Ratificato l’accordo quadro firmato nel 2016

Papa Francesco e il presidente Tshisekedi | Papa Francesco incontra il presidente della Repubblica Democratica del Congo Tshisekedi, Palazzo Apostolico Vaticano, 17 gennaio 2020 | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco e il presidente Tshisekedi | Papa Francesco incontra il presidente della Repubblica Democratica del Congo Tshisekedi, Palazzo Apostolico Vaticano, 17 gennaio 2020 | Vatican Media / ACI Group

Venti minuti di colloquio, la speranza di una pace duratura nel Paese, lo scambio degli strumenti di ratifica in Segreteria di Stato che fanno entrare in vigore l’accordo con la Santa Sede: Felix Tshikenedi, presidente della Repubblica Democratica del Congo, incontra Papa Francesco mentre il suo Paese vive ancora un momento difficile.

“Nel corso dei cordiali colloqui – si legge in un bollettino della Sala Stampa della Santa Sede - sono state evidenziate le buone relazioni bilaterali esistenti, nonché la soddisfazione per la ratifica dell'Accordo Quadro tra la Santa Sede e la Repubblica Democratica del Congo su materie di comune interesse”.

Delegazione congolese e la Santa Sede hanno anche sottolineato

“il contributo della Chiesa cattolica al processo democratico e in favore del bene comune e dello sviluppo integrale della Nazione, specialmente nell'ambito educativo e sanitario”. Passaggio particolarmente importante, questo, considerando come la Chiesa sia stata anche messa sotto attacco in passato per aver sostenuto le aspirazioni democratiche della popolazione.

Il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede spiega poi come “nel prosieguo dei colloqui, ci si è soffermati sulla situazione attuale del Paese, con particolare riferimento alle sofferenze della popolazione nelle provincie orientali, a causa dei persistenti conflitti armati e della diffusione del virus Ebola”.

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Nel colloquio si è anche “rilevata l'urgenza del coordinamento e della cooperazione, a livello nazionale e internazionale, per proteggere la dignità umana e promuovere la convivenza civile, a partire dai numerosi rifugiati e sfollati che affrontano una grave emergenza umanitaria”.

Con questo incontro, si rinsaldano i rapporti bilaterali tra Santa Sede e Repubblica Democratica del Congo, che avevano vissuto anche momenti di tensione.

Nemmeno un anno fa, il nunzio Montemayor era stato considerato “persona non grata”, mentre la Repubblica Democratica del Congo era nel terrore e cercava elezioni libere.

La Santa Sede inviò allora l’arcivescovo Ettore Balestrero come rappresentante pontificio direttamente dalla Colombia, andando a rafforzare la nunziatura e liberando l’arcivescovo Montemayor, inviato invece a fare il nunzio in Colombia. Solo in seguito, l’arcivescovo Balestrero ebbe il titolo di nunzio solo ad aprile 2019, quando finalmente erano avvenute le elezioni che hanno portato alla presidenza di Tshikenedi.

Il presidente congolese è arrivato a Roma con una delegazione di 12 persone e con l’obiettivo di scambiare gli strumenti di ratifica dell’accordo con la Santa Sede firmato nel 2016, ma ancora non entrato entrato in vigore.

Nell’accordo, “prendendo atto della rispettiva indipendenza e autonomia della Chiesa e dello Stato, il Documento fissa il quadro giuridico dei reciproci rapporti. In particolare, viene sancita la libertà della Chiesa nell'attività apostolica e nella regolazione delle materie di propria competenza”, si legge nel bollettino.

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L’accordo inoltre va a disciplinare “vari ambiti, tra cui le istituzioni cattoliche di educazione, l'insegnamento della religione nelle scuole, l'attività assistenziale-caritativa della Chiesa, la cura pastorale nelle Forze Armate e nelle Istituzioni penitenziarie ed ospedaliere, il regime patrimoniale e fiscale, l'ottenimento dei visti d'ingresso e dei permessi di soggiorno per il personale religioso. Prevede intese applicative tra la Conferenza Episcopale e lo Stato su alcune materie di comune interesse”. L’accordo è stato firmato in Segreteria di Stato vaticana, subito dopo l’incontro del presidente con Papa Francesco.

Questo è durato venti minuti, con l’aiuto di un interprete.

Al termine dell’udienza, Papa Francesco ha donato un medaglione con l’angelo della pace che sconfigge il diavolo, e poi come di consueto le esortazioni Evangelii Gaudium, Amoris Laetitia, Christus Vivit e Gaudete et exsultate e l’enciclica Laudato Si, il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace autografato dal Papa al mattino e la dichiarazione sulla Fratellanza Umana che Papa Francesco ha firmato ad Abu Dhabi.

Guardando il documento della Fratellanza, Tshikenedi si è congratulato con il lavoro che la Santa Sede ha fatto peri l dialogo interreligioso. Papa Francesco ha risposto: “Siamo tutti fratelli”.

Il dono del presidente per il Papa è stato un dipinto di un artista congolese che riproduce una donna sofferente. Il quadro – ha spiegato il presidente – “esprime il dolore sociale della popolazione di Beni, ma anche la speranza se la donna piange guarda gli occhi al cielo”.

Il dipinto rappresenta anche un modo di sottolineare la situazione che si vive nell’area di Butembo Beni, e in particolare nella regione di Nord Kivu.

Lo scorso 19 dicembre, è stato rinnovato il mandato della MONUSCOla missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo. Il mandato è stato rinnovato con sullo sfondo controversie e scontri nelle regioni insecure dell’Est, oggetto tra l’altro di una menzione di Papa Francesco nell’urbi et orbi del giorno di Natale.

Al rinnovo del mandato, la diocesi di Butembo Beni ha rilasciato una nota, intitolato “Appello urgente sulla situazione di sicurezza della diocesi di Beni”.

Nella lettera, la Commissione Giustizia e Pace Diocesana testimonia le atrocità imposte alle popolazioni locali, e denuncia un piano di balcanizzazione che mira a far colonizzare la parte orientale del Paese da una popolazione alloctona, a danno degli indigeni.