Nel nostro tempo "abbondano xenofobia e la ricerca egoistica dell’interesse nazionale, la disuguaglianza tra Paesi e al loro interno cresce senza trovare un rimedio. E non abbiamo mai maltrattato e ferito la nostra casa comune come negli ultimi due secoli". Lo ha detto il Papa parlando ai Gesuiti partecipanti al convegno internazionale per il 50/mo del Segretariato per la Giustizia sociale e l’Ecologia ricevuti stamane in udienza.

Nel mondo contemporaneo - ha aggiunto Francesco - è necessaria "una trasformazione della nostra visione collettiva, dei nostri atteggiamenti, dei nostri modi di percepire noi stessi e metterci davanti al mondo. I mali sociali sono spesso incarnati nelle strutture di una società  con un potenziale di dissoluzione e morte. Da qui l’importanza del lavoro di una trasformazione lenta di strutture, attraverso la partecipazione al dialogo pubblico, in cui si prendono le decisioni che incidono sulla vita degli ultimi".

"Tutti - ha proseguito il Pontefice - siamo testimoni che il più umile, lo sfruttato, il povero e l’escluso possono e fanno molto. Quando i poveri si organizzano diventano autentici poeti sociali: creatori di lavoro, costruttori di case, produttori di generi alimentari, soprattutto per quelli scartati dal mercato mondiale. L’apostolato sociale deve risolvere i problemi, ma soprattutto deve promuovere processi e incoraggiare speranze. Processi che aiutino le persone e le comunità a crescere, che li portino ad essere consapevoli dei propri diritti, a dispiegare le proprie capacità e a creare il proprio futuro".

Concludendo, Papa Francesco ha voluto ribadire l'importanza di "costruire ponti in modo tale che l’incontro umano permetta a ciascuno di noi di scoprire negli ultimi il bel volto del fratello, in cui ci riconosciamo, e la cui presenza, anche senza parole, richiede la nostra cura e solidarietà nei suoi bisogni".