"Continuiamo a pregare insieme in questo momentoi di pandemia, per gli ammalati, i familiari, per i genitori con i bambini a casa, ma soprattutto preghiamo per le autorità che devono decidere su misure che non piacciono al popoli, ma è per il nostro bene. E spesso l'autorità si sente sola, no capita. Preghiamo per i governanti che devono decidere queste misure, che si sentano accompagnati dalla preghiera del popolo". Lo ha detto il Papa, stamane, nell'omelia della Messa celebrata a Santa Marta riferendosi alla pandemia di coronavirus.

Commentando il Vangelo, che parla dell'episodio del ricco e del povero Lazzaro, Francesco ha osservato che "questo racconto è chiaro, semplice. Gesù indica la possibilità che tutta l'umanità viva così, due uomini uno soddisfatto che sapeva vestirsi bene, e poi che se la passava bene, era felice così, non aveva preoccupazioni, era tranquillo. Alla sua porta stava il povero Lazzaro, lo sapeva che c'era il povero... Io me la passo bene e questo... si arrangi così è la vita. Così passò la vita dei due. Entrambi sono passati per la legge di noi tutti: morire. Il Vangelo dice che Lazzaro è nel seno di Abramo, il ricco è stato sepolto. Due cose colpiscono: il fatto che il ricco sapesse che c'era questo povero e sapesse il nome. Non gli importava, gli sembrava naturale. Il ricco faceva i suoi affari che andavano contro i poveri. Conosceva chiaramente questa raltà. La seconda cosa che mi tocca tanto è la formula grande abisso che Abramo dice al ricco. E' lo stesso abisso che nella vita c'era tra il ricco e Lazzaro. L'abisso incominciò qua. Quale sarebbe il dramma di quest'uomo? Il dramma di essere molto informato ma col cuore chiuso. Le informazioni non arrivavano al cuore, non si sapeva commuivere del dramma altrui. Il dramma dell'informazione che non scende al cuore. Questo succede anche a noi. Quanti bambini patiscono la fame, non hanno le medicine, non possono andare a scuola? Lo sappiamo e dicmao poveretti... Tanti di noi vivono in questo distacco tra quel che sanno e quello che sentono. Il cuore è staccato dalla mente: sono indifferenti. C'è l'abisso dell'indifferenza. A Lampedusa quando sono andato ho detto della globalizzazione dell'indifferenza. Noi oggi siamo preoccupati perchè i negozi sono chiusi, o perchè non posso passeggiare... preoccupati per le nostre cose dimenticando i poveri, che è nei confini cercando la libertà, i migranti forzati che trovano un muro fatto di ferro e filo spinato. Sappiamo che esiste questo ma viviamo nell'indifferenza. Il dramma di esser bene informato ma non sentire: è l'abisso dell'indifferenza".

"Sappiamo il nome del povero, Lazzaro. E anche il ricco - ha detto ancora il Papa - lo sapeva. Ma non sappiamo il nome del ricco. Il Vangelo non lo dice. Non aveva nome, aveva perso il nome. Aveva gli aggettivi: ricco, potente... Questo è quello che fa l'egoismo, fa perdere la nostra identità. Ci porta a valutare gli aggettivi e la mondanità aiuta, siamo caduti nella cultura dell'aggettivo. Ma hai perso il nome e l'indifferenza porta a questo. Siamo gli aggettivi. Chiediamo al Signore la grazia di non cadere nell'indifferenza per fare invece qualcosa per gli altri".