Advertisement

Papa Francesco: “Solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile”

Nel giorno della solennità dei Santi Pietro e Paolo, Papa Francesco incentra l’omelia sul tema della liberazione. Dal proprio io, dalla propria inadeguatezza

Papa Francesco, Santi Pietro e Paolo | La celebrazione della solennità dei Santi Pietro e Paolo presieduta da Papa Francesco, Basilica di San Pietro, 29 giugno 2021 | Vatican Media / ACI Group
Papa Francesco, Santi Pietro e Paolo | La celebrazione della solennità dei Santi Pietro e Paolo presieduta da Papa Francesco, Basilica di San Pietro, 29 giugno 2021 | Vatican Media / ACI Group
San Pietro in Vaticano | La statua di San Pietro nella Basilica Vaticana, vestita con i paramenti per la festa dei Santi Pietro e Paolo  | Pool AIGAV
San Pietro in Vaticano | La statua di San Pietro nella Basilica Vaticana, vestita con i paramenti per la festa dei Santi Pietro e Paolo | Pool AIGAV

Pietro e Paolo sono “colonne della Chiesa”, ma lo sono perché “l’incontro con Cristo ha cambiato la loro vita” e così sono stati liberati, il primo dalla sua “inadeguatezza”, il secondo dalla “schiavitù dell’io”. E come loro, la Chiesa ha bisogno di essere liberata, perché “solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile

Solennità dei Santi Pietro e Paolo: Papa Francesco celebra Messa nella basilica vaticana, e benedice i palli dei nuovi arcivescovi metropoliti (34 quest’anno), che poi saranno loro imposti nella loro Chiesa particolare, secondo quando deciso da Papa Francesco all’inizio del suo pontificato. Anche senza l’imposizione dei pallii, è comunque una celebrazione centrale nella vita della Chiesa, e in particolare della Chiesa che è a Roma. È oggi, infatti, che si raccoglie l’Obolo di San Pietro, le offerte dei fedeli fatte direttamente al Papa, per la sua carità, ma anche per aiutare il suo lavoro di Curia. È la Curia, infatti, che aiuta il Papa nel sostenere la Chiesa in tutto il mondo, perché questa sostenga tutti.

Papa Francesco celebra in presenza di una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che – come tradizione – ha incontrato ieri. Nella festa di Sant’Andrea, sarà una delegazione ad andare a Costantinopoli. Ma c’è anche una delegazione dell’eparchia di Kosice, Slovacchia, arrivata al termine della perigratio dell’immagine miracolosa di Klokocov, a 350 anni dal fenomeno della sua lacrimazione.

Nella sua omelia, il Papa si centra proprio sulla figura di Pietro e Paolo. Perché – dice – “al centro della loro vita non c’è la bravura, ma l’incontro con Cristo che ha cambiato la loro vita”, dato che hanno “fatto l’esperienza di un amore che li ha guariti e liberati”.

Papa Francesco continua: Pietro “è stato anzitutto liberato dal senso di inadeguatezza e dall’amarezza del fallimento, che ha vissuto sia come “esperto pescatore” che spesso ha sperimentato l’esperienza di non pescare niente”, sia quando “forte e impetuoso” si è “fatto prendere dalla paura”, e quando “appassionato discepolo del Signore, ha continuato a ragionare secondo il mondo senza riuscire a comprendere e accogliere il significato della Croce di Cristo”. E anche quando, “pur dicendosi pronto a dare la vita per Lui, gli è bastato sentirsi sospettato per spaventarsi e arrivare a rinnegare il Maestro”.

Advertisement

Nonostante tutto questo, continua Papa Francesco, “Gesù lo ha amato gratuitamente e ha scommesso su di lui”, incoraggiandolo “a non arrendersi”, persino a camminare sulle acque, e così “lo ha liberato dalla paura, dai calcoli basati sulle sole sicurezze umane, dalle preoccupazioni mondane” e gli ha dato invece “il coraggio di rischiare tutto e la gioia di sentirsi pescatore di uomini”, chiamandolo a “confermare nella fede i fratelli” e dandogli “”le chiavi per aprire le porte che conducono all’incontro con il Signore e il potere di legare e sciogliere”.

Ma questo è possibile perché “Pietro per primo è stato liberato”, secondo “una nuova storia di apertura, di liberazione, di catene spezzate, di uscita dalla prigionia che rinchiude”, una “esperienza di Pasqua”.
La stessa esperienza che fa Paolo, liberato “dalla schiavitù opprimente, quella del suo io”, simboleggiata dal nome Saulo, che era il primo re di Israele, e che Gesù cambia in Paolo, che significa piccolo.

Paolo viene liberato anche “dallo zelo religioso” che lo aveva reso “accanito nel sostenere le tradizioni ricevute”, e “violento nel perseguitare i cristiani”, irrigidito dalla “osservanza formale della religione”. Liberatolo da questo, dice Papa Francesco, Paolo non viene invece “risparmiato da tante debolezze e difficoltà che resero più feconda la sua missione evangelizzatrice” – dalle fatiche all’infermità, alle persecuzioni, i naufragi, la fame e la sete – mostrandogli che “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti”, e che “niente può separarci dall’amore di Cristo”.

Papa Francesco nota che Pietro e Paolo “hanno liberato la potenza del Vangelo nel mondo solo perché sono stati prima liberati dall’incontro con Cristo”, che “non li ha giudicati, non li ha umiliati, ma ha condiviso la loro vita con affetto e vicinanza”.

Gesù “fa lo stesso anche con noi”, e noi “abbiamo sempre bisogno di venire liberati, perché solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile”.

Liberati, come Pietro, dal “nostro senso di sconfitta” di fronte alla pesca fallimentare, ma anche “dalla paura che ci immobilizza e ci rende timorosi, chiudendoci nelle nostre sicurezze e togliendoci il coraggio della profezia”.

More in Vaticano

E liberati, come Paolo, “dalle ipocrisia dell’esteriorità” e “dalla tentazione di imporci con la forza del mondo anziché con la debolezza che fa spazio a Dio”, nonché “ da una osservanza religiosa “che ci rende rigidi e inflessibili” e dai “legami ambigui col potere e dalla paura di essere incompresi e attaccati”.

Quella di Pietro e Paolo è “una Chiesa affidata alle nostre mani, ma condotta dal Signore con fedeltà e tenerezza”. È “una Chiesa debole, ma forte della presenza di Dio”, e “una Chiesa liberata che può offrire al mondo quella liberazione che da solo non può darsi: la liberazione dal peccato, dalla morte, dalla rassegnazione, dal senso dell’ingiustizia, dalla perdita della speranza che abbruttisce la vita delle donne e degli uomini del nostro tempo”.

Papa Francesco invita dunque a chiedersi quanto “le nostre città, le nostre società, il nostro mondo” hanno bisogno di liberazione, e che “noi possiamo essere collaboratori di questa liberazione, ma solo se per primi ci lasciamo liberare dalle novità di Gesù e camminiamo nella libertà dello Spirito Santo. E liberazione anche “dalle distanze che dividono i credenti in Cristo” – una frase, questa, rivolta proprio alla rappresentanza del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.

E conclude: "Preghiamo per voi, per i Pastori, per la Chiesa, per tutti noi: perché, liberati da Cristo, possiamo essere apostoli di liberazione nel mondo intero".