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Papa Francesco, sono spesso i più deboli a portare il messaggio di salvezza più importante

Nella omelia per i Vespri Ecumenici a conclusione della Settimana di Preghiera per la Unità di cristiani

Papa Francesco a San Paolo  |  | Daniel Ibanez/ Aci Group
Papa Francesco a San Paolo | | Daniel Ibanez/ Aci Group
La celebrazione dei Vespri a San Paolo  |  | Daniel Ibanez/ Aci Group
La celebrazione dei Vespri a San Paolo | | Daniel Ibanez/ Aci Group
Le spoglie di San Timoteo  |  | Vatican Media
Le spoglie di San Timoteo | | Vatican Media
L'omaggio alla tomba di san Paolo  |  | Vatican Media
L'omaggio alla tomba di san Paolo | | Vatican Media

“Sono spesso i più deboli a portare il messaggio di salvezza più importante”. Il Papa lo ha ripetuto nella omelia durante i Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 53.ma Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.

Nella basilica di San Paolo la celebrazione è iniziata con l’omaggio dei rappresentanti delle diverse tradizioni cristiane alla Tomba dell’ Apostolo, ma anche davanti all’ urna di san Timoteo compagno di Paolo nell’ altare a lui dedicato.

Il Papa ha riletto il passo degli Atti degli Apostoli da cui è stato tratto il tema della settimana: Ci trattarono con gentilezza (28, 2).

Paolo a bordo della nave che lo porta prigioniero a Roma. Tra tutti i più vulnerabili sulla nave sono i prigionieri, a Malta dopo il naufragio c’è la accoglienza che porta alla salvezza.

Il Papa sottolinea che “quanti sono deboli e vulnerabili, quanti hanno materialmente poco da offrire ma fondano in Dio la propria ricchezza possono donare messaggi preziosi per il bene di tutti”.

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Ecco allora il pensiero “alle comunità cristiane emarginate e perseguitate” perché “a Dio è piaciuto così: salvarci non con la forza del mondo, ma con la debolezza della croce”.

Occorre quindi “non dedicarci esclusivamente alle nostre comunità”, piuttosto ci si deve aprire “al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti”.

Quindi “tra i cristiani ciascuna comunità ha un dono da offrire agli altri. Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato nel desiderio di avanzare verso l’approdo comune, più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni”.

Infine dice il Papa  “da questa Settimana di preghiera vorremmo imparare ad essere più ospitali, prima di tutto tra di noi cristiani, anche tra fratelli di diverse confessioni. L’ospitalità appartiene alla tradizione delle comunità e delle famiglie cristiane. I nostri vecchi ci hanno insegnato con l’esempio che alla tavola di una casa cristiana c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa. E nei monasteri l’ospite è trattato con grande riguardo. Non perdiamo, anzi, ravviviamo queste usanze che sanno di Vangelo!”

Nel saluto finale Papa Francesco ricorda il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico,  Sua Grazia Ian Ernest, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali  che hanno partecipato.

Un saluto anche agli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa Cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che qui studiano con una borsa di studio del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse, operante presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

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Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, rivolge al Santo Padre un indirizzo di saluto.