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Trenta anni di indipendenza Ucraina. L’appello di Bartolomeo al dialogo

C’è anche il Cardinale Pietro Parolin alle celebrazioni dei Trenta anni di indipendenza ucraina. Cosa ha detto il Patriarca al Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese

Patriarca Bartolomeo  | Il Patriarca Bartolomeo con il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose | risu.ua Patriarca Bartolomeo | Il Patriarca Bartolomeo con il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose | risu.ua

Ha incontrato il metropolita Epifaniy, capo della Chiesa Ortodossa Ucraina cui ha garantito l’autocefalia, e anche l’ex presidente Petro Poroshenko, che aveva fatto partire le pratiche per una Chiesa ortodossa nazionale. Ma il programma del Patriarca Ecumenico Bartolomeo in Ucraina è fitto, con molti incontri anche simbolici (come la visita al monumento dell’Holodomor) e un incontro cruciale, avvenuto il 23 agosto: quello con il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose.

Nato 25 anni fa, il Consiglio rappresenta il 95 per cento delle comunità religiose in Ucraina, ed ha avuto un ruolo cruciale dopo la cosiddetta “Rivoluzione della Dignità”, rimanendo vicino alle persone, ma stabilendo anche un canale di dialogo tra le fedi quando anche le confessioni cristiane rimanevano divise. L’interventismo russo sulla regione (in Ucraina la chiamano “aggressione, il Papa la ha chiamata anche “guerra ibrida) ha creato frizioni anche a livello religioso: da una parte il Patriarcato di Mosca, che da sempre considera la Rus’ come suo territorio canonico; dall’altra, chi non comprendere la vicinanza del Patriarcato alle politiche di Mosca, che fanno ricordare anche dei tempi bui della dominazione sovietica; e quindi, l’intervento del Patriarcato Ecumenico, che ha dato una indipendenza alla Chiesa Ortodossa Ucraina, anche se ancora non è riconosciuta dalle sinapsi.

In questa situazione, la presenza del Consiglio e di un dialogo costante è stata fondamentale. Alla presidenza del Consiglio attualmente siede Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, la più grande delle 23 Chiese sui iuris in comunione con la Chiesa cattolica. La Chiesa Greco Cattolica Ucraina riconosce in Costantinopoli la Chiesa madre e ha in Roma il riferimento centrale; celebra secondo gli usi bizantini, ma è in comunione con la Chiesa latina; ed è un collante, dunque, fondamentale, in una situazione che si è resa difficile.

L’approccio del dialogo è stato dunque esaltato anche dal Patriarca Bartolomeo. Il quale, parlando al Consiglio, ha affermato che “l’estremismo e l’odio cercano di privatizzare la verità”, e l’antidoto è che “nel rispetto delle nostre tradizioni di fede” si incoraggino “il rispetto reciproco e l’azione comune, nello spirito di pace e di solidarietà”.

Il Patriarca Bartolomeo si rivolge ai membri del consiglio definendoli “simbolo della speranza dell’Ucraina, e non solo individualmente, ma tutti insieme”. Il dialogo, per il Patriarca, è “un mezzo con il quale siamo chiamati a risolvere le nostre differenze, a promuovere la stabilità, a combattere i pregiudizi e l'intolleranza, a sostenere la pace e l'armonia, la solidarietà e la cooperazione”, e rappresenta dunque “uno strumento sempre più importante per costruire ponti e arrivare alla riconciliazione”.

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Bartolomeo rivendica che il dialogo interreligioso ha sempre avuto un ruolo fondamentale per la Chiesa Ortodossa, e sottolinea che “l'esperienza interreligiosa nelle nostre società multiculturali moderne è fortemente legata alla convivenza delle chiese con figure e comunità religiose di sensibilità e di tradizioni diverse”.

Tuttavia, ammonisce Bartolomeo, “allo stesso tempo avvertiamo alcune reazioni molto forti contro il dialogo interreligioso. L'ascesa del fondamentalismo e dell’estremismo religioso, dell'odio e dell'etnofiletismo è un fenomeno trasversale di tutte le tradizioni religiose che produce autoisolamento, limitazione e rifiuto del diverso: atteggiamenti che negano la vera missione della religione”.

Succede così, continua il Patriarca ecumenico, che “l'estremismo e l'odio cercano di privatizzare la verità promuovendo l’ethos di mutua esclusività”, mentre “nel rispetto delle nostre tradizioni di fede dobbiamo cercare di incoraggiare il rispetto reciproco e l'azione comune, nello spirito di pace e di solidarietà”.

Bartolomeo sottolinea infine che “la fiducia reciproca è il presupposto essenziale per un dialogo efficace”, e che “non saremo in grado di conoscere e di capire davvero l’altro, se non assicuriamo un incontro in cui prevale la fiducia. Crediamo fermamente nella forza e nella convinzione di un vero dialogo in cui non ci sono sconfitti”.

Sono tutte parole che cadono in una situazione difficile, e inaspritasi già dai tempi del Concilio Pan-Ortodosso di Creta del 2016, quando Mosca si sfilò improvvisamente. Non è un caso che Bartolomeo ricordi le conclusioni di quel Concilio, come ricordi anche altre varie iniziative di dialogo e poi il lungo lavoro di approccio con la Chiesa cattolica, cominciato da Paolo VI e dal suo predecessore.

La Santa Sede, ovviamente, non prende posizione. Ma è significativo che il 23 agosto sia arrivato, quasi non annunciato, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una visita definita dalla nunziatura di Kiev come “strettamente protocollare”. La presenza del Cardinale fa seguito anche al colloquio telefonico del presidente Zelensky con Papa Francesco in cui è stato reiterato l’invito al Papa per una visita in Ucraina, nonché al tentativo di Zelensky di accattivarsi l’appoggio e le simpatie della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, lasciando intendere di aver perorato la causa di beatificazione del metropolita Andriy Sheptytsky.

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Il Cardinale è andato perché l’Ucraina è un luogo che alla Santa Sede interessa particolarmente. La visita non è stata colorata di toni ecumenico-politici: non era il caso.