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La Madonna e le radici cristiane d’Europa. Contro protestantesimo e turchi

I santuari mariani di Austria, Germania e Slovenia raccontano la storia dell’Europa che riesce a rimanere cristiana nonostante gli assalti turchi, che arrivano fino ad assediare Vienna nel 1683. E di nazioni in cui il cattolicesimo resiste

Mariazell | La Basilica di Mariazell, in Austria | Wikimedia Commons Mariazell | La Basilica di Mariazell, in Austria | Wikimedia Commons

Da una parte, la Riforma protestante, che penetra nella nazione e va a toccare la fede delle persone. Dall’altra, l’avanzata dei turchi, che arrivano fino alle porte di Vienna nel 1683. Nel mezzo, un culto mariano vivo, che permea la nazione austriaca e resta vivo anche in Germania, nonostante tutto. È a Maria che il popolo guarda quando c’è bisogno di trovare soccorso. E Maria risponde. Sempre.

L’Austria si definisce come Stato nel IX secolo, dopo aver precedentemente subito le invasioni di franchi, avari e slavi. Subito, il culto mariano è centrale. Nel Medioevo, i rifugi dei vescovi avevano sempre una chiesetta annessa dedicata alla Vergine.

Nel XVI secolo, furono Carlo V e il gesuita Pietro Canisio a ridare prestigio al cattolicesimo dopo la Riforma protestante. Fu in quel periodo che si diffusero ampiamente le confraternite mariane.

In particolare, si diffuse molto la devozione verso Maria Hilf (Maria Ausiliatrice), che si irradiò da Passau intorno a un quadro di Luca Cranach regalato dall’elettore protestante di Sassonia al principe vescovo di Passau. I pellegrinaggi furono subito numerosissimi.

Così, nel 1647, l’Austria guidata dall’imperatore Ferdinando III viene consacrata all’Immacolata. Nel 1683, 200 mila soldati turchi arrivano alle porte di Vienna. Il loro obiettivo è sferrare un attacco via terra a tutta Europa. Ma tutti si coalizzarono intorno all’esercito mariano, anche il re polacco Giovanni Sobieski. La vittoria fu attribuita all’intercessione della Vergine Aiuto dei Cristiani.

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Dopo Vienna, i santuari mariani continuano a crescere. Si forma uno stile comune, un particolare barocco, che li caratterizza.

È dall’Austria, tra l’altro, che nel 1955 viene lanciata la “Crociata del Rosario per la Pace del Mondo”, ad opera del francescano Petrus Pavliceck. L’Austria aveva sperimentato, nei sessanta anni precedenti, la caduta dell’impero, l’anschluss nazista, la Seconda Guerra Mondiale e l’occupazione delle grandi potenze che si protrasse fino al 1955. La Crociata ha subito successo. Pavliceck dice di averla pensata dopo aver appreso il messaggio di Fatima durante la prigionia.

I santuari, come detto, sono numerosi. Quello di Mariazell è probabilmente il più famoso. Ha origine dalla cella (zell) el monaco Magnus, che si stabiliì tra i monti con una statua mariana fatta in legno di tiglio. Fu meta di grandi pellegrinaggi da parte della famiglia imperiale, tra il XVII e il XVIII secolo, una tradizione cominciata nel 1370, quando a visitare il santuario fu Luigi d’Angiò re d’ Ungheria.

Mariazell è un santuario ponte tra oriente e occidente. Durante gli anni del comunismo, il santuario non poteva essere visitato dalle vicine popolazioni slave e ungheresi, ma i cattolici austriaci avevano il compito di far pervenire ai loro fratelli dell’Est l’espressione della sollecitudine e dell’amore della Chiesa verso di loro.

Altro santuario importante è quello di Maria Palin, a Salisburgo, nato dall’edicola in cui Rudolf van Grimming collocò un quadro mariano di sua proprietà nel 1652.

Quindi, c’è il santuario di Maria Saal, il più antico della Carinzia, fondato da San Modesto e più volte saccheggiato.

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Va ricordato anche il santuario di Santa Maria della Consolazione a Graz. Si trova su un castello dove fu costruita una cappella. Sotto il periodo di Giuseppe II, ci fu un forte attacco alla religione. L’imperatore attaccò i santuari e i pellegrinaggi, arrogò allo Stato il diritto di organizzare la vita ecclesiale, sequestrò tutti i monasteri e conventi che non erano impegnati nell’apostolato parrocchiale o scolastico. È un’epoca buia, chiamata “giuseppinismo”, che avrà risvolti anche negli altri territori soggetti all’impero.

La storia della Germania è diversa. Il territorio tedesco fu evangelizzato tra il VII e l’ VIII da San Ruberto e San Bonifacio. Durante quel periodo, molti luoghi di culto pagani furono trasformati in cappelle mariane. Quindi, Carlo Magno diede ulteriore splendore al culto mariano.

Ad Aquisgrana, nel palazzo dell’Imperatore, c’è la cosiddetta Cappella Palatina dedicata a Maria, con reliquie mariane provenienti da Costantinopoli, tra cui una veste e una cintura che sarebbero appartenute alla Vergine.

Le prime immagini mariane vengono introdotte in Germania nel 1100. Quasi sempre, sono Madonne assise in trono. Sempre in quel periodo, nascono le maggiori cattedrali tedesche, e molte sono dedicate alla Vergine, come la cattedrale di Spira, quella di Magonza, quella di Basilea (ora in Svizzera) e quella di Strasburgo (ora in Francia). Nascono anche molti monasteri dedicati alla Vergine. Tra questi, quelli di Colonia, Treviri, Rechenau, Ratisbona e Maria Laach, dove c’è una ininterrotta tradizione di studi teologici e liturgici.

A Colonia nasce anche lo spettacolare duomo, dedicato alla Vergine e nello stile gotico importato dalla Francia, mentre le sacre rappresentazioni sono parte della vita quotidiana e terminano con il pianto di Maria di fronte il figlio morto.

Tutto concorre, in qualche modo, a sviluppare il culto mariano. Geltrude La Grande (1252 – 1302) pone l’accento sulla passione di Cristo e sui dolori della Vergine: nasce l’iconografia della pietà.

Sembra strano pensarlo oggi, in un periodo di crisi, ma nel XIV la vitalità religiosa tedesca era immensa. A migliaia, i pellegrini arrivavano a Roma, Santiago di Compostela, la Terrasanta.

Erano masse facilmente sobillate da visionari ed eretici. Martin Lutero, lui stesso un grande partecipante ai pellegrinaggi, si scagliò poi con violenza contro il culto popolare. Il protestantesimo arrivò così ad abbattere altari e bruciare immagini delle reliquie. Pitture e immagini delle chiese passate alla riforma non vennero distrutte, ma nelle città e regioni passate alla riforma vennero stroncate le tipiche espressioni di culto popolare.

Verso la fine del XVI secolo, comunque, nelle zone cattoliche c’è una grande ripresa religiosa. Quando viene riorganizzato il cattolicesimo, gesuiti e cappuccini hanno il grande merito di riportare il culto mariano in auge. San Pietro Canisio, in particolare, scrive un enorme volume per rivendicare la legittimità del culto a Maria.

Qui Austria e Germania sono simili, perché anche in territorio tedesco l’iconografia di Maria Hilf (Aiuto dei Cristiani) si diffonde moltissimo.

Anche nel 1800, dopo un periodo di crisi, i pellegrinaggi mariani tornano di attualità. Sono anche un mezzo per contrastare la propaganda socialista e le questioni operaie. Si creano movimenti come quello di Schoenstatt e quello di monsignor Mosterts, si sviluppano le Congregazioni Mariane. Il nazismo sopprime tutte queste associazioni, ridotte in clandestinità.

Dopo la seconda Guerra mondiale, ci si trovò con molti santuari distrutti, come la chiesa di Santa Columba a Colonia, la cui statua mariana rimase intatta.

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Nel 1954 si tenne la peregrinatio Mariae che si concluse a Fulda con la consacrazione della Germania al Cuore Immacolato di Maria. I protestanti abbandonarono la polemica antimariana, e a Darmstatt sorse addirittura una associazione analoga a un ordine religioso protestante ispirato alla Vergine. Il lavoro ecumenico fu fatto soprattutto dalle Sorelle di Maria

Tra i santuari più noti, quello di Altoetting di Nostra Signora dei Prati Verdi. Fondato da San Ruperto, ha una “Cappella delle grazie” di forma ottagonale che fu fatta ricostruire da Carlo Magno. C’è, al suo interno, una immagine mariana del 1300. Negli anni di immediato Dopoguerra, nella Germania semidistrutta e piena di profughi provenienti dall’Est, Altoetting rappresentò un segno di conforto e speranza.

Altro santuario fondamentale è quello della Consolatrice degli Afflitti di Kevaler. È uno dei luoghi di culto tra i più frequenti di Germania. Si tratta di un santuario nato intorno ad una cappella dove due soldati, nel 1600, collocarono una piccola stampa su carta che riproduceva una immagine mariana venerata in Lussemburgo. Era il periodo della Guerra dei Trenta anni, e non era facilissimo muoversi. Eppure, l’afflusso dei pellegrini fu subito incredibile. Attorno alla cappella si costruirono così varie chiesette.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il santuario si trovò in zona di operazioni e fu evacuato. Gli abitanti del villaggio pregarono perché non fosse distrutto. Quando l’esercito tedesco si ritirò, un ufficiale che proveniva da un paese la cui parrocchia era dedicata alla Vergine, trasgredì l’ordine di far brillare le mine collocate intorno agli edifici sacri. Fu così che il santuario si salvò. L’ufficiale fu arrestato e condannato a morte per alto tradimento, e riuscì a salvarsi solo perché fu fatto prigioniero dagli Alleati.

In Nostra Signora di Aquisgrana, le reliquie presenti vengono esposte ogni sette anni. Tra queste, anche i cosiddetti pannolini di Gesù Bambino. Nel 1937, in pieno regime nazista, arrivarono 800 mila fedeli. Fu una solenne professione di fede che si opponeva silenziosamente al dominio nazionalsocialista.

Il santuario di Passau è una meta di pellegrinaggi tale che nel solo 1677, quando ancora non c’era una abitudine della Messa quotidiana, si distribuirono centomila comunioni. Le guarigioni ottenute in quell’anno occupano cinque grossi volumi.

Infine, da segnalare il santuario di Mater Ter Abilis (la Madre Tre Volte Abile) di Schoenstatt. Si trova sul terreno dove sin dal 1100 c’era un monastero di suore agostiniane, e dove si venerava la Madonna assisa in trono. Il luogo andò distrutto, e nel 1901 vi si stabilirono i padri Pallottini, che vi eressero il seminario. Padre Kentenich, il rettore, diede poi a questo seminario un connotato mariano.

Diversa la situazione della Slovenia, che però ha molti posti in comune con l’Austria. Non solo perché il Patriarcato di Aquileia copriva una area che ora comprende più di quaranta diocesi, dalla stessa Aquileia fino a Regensburg, ma anche perché alcune parti del territorio sloveno si trovano in località attualmente di là del territorio austriaco.

San Modesto fu inviato in Slovenia alla fine del VII secolo dal vescovo di Salisburgo. Fondò il santuario di Maria Saal (Gospa Sveta, Santa Signora) da un antico tempio pagano. Questo santuario è il centro religioso, ma anche politico, della Slovenia. Lì si incoronava anche il duca della Carinzia.

Ma la storia della Slovenia mariana si lega a quella di molti territori vicini, facendone una sorta di ponte tra diversi popoli e nazioni. Ad esempio, il santuario di Castelmonte, nella parte orientale del Friuli, rappresenta una area comune tra italiani e sloveni, e infatti ha anche un nome sloveno, Stara Gora.

A Balaton, oggi in Ungheria, sorse una cattedrale che fu consacrata alla Vergine, mentre negli ultimi secoli del Medioevo ebbero grande importanza nella vita religiosa del popolo le confraternite mariane, tra cui quella dei Sette Dolori, della Purificazione di Maria Santissima delle Grazie, nella Confraternita del Rosario.

È indicativo il fatto che un proverbio sloveno sottolinea che “i due pilastri della nazione sono polenta e rosario”.

La Slovenia fu per larga parte di storia sotto dominazione austriaca, e fu anche interessata dall’invasione dei turchi che puntavano su Vienna. In quel periodo, il culto mariano ebbe una duplice funzione dal punto di vista religiosa e politica. La vittoria di Vienna del 1683, in Slovenia, fu attribuita all’intercessione della Vergine Immacolata

Chiese e santuari mariani in Slovenia servivano anche per la difesa militare.

Il santuario di Ptujska Gora, secondo la tradizione, vide la chiesa annerita e dunque invisibile di fronte all’esercito turco, salvando così la popolazione che vi si era rifugiata e dopo l’episodio fu rinominato Crna Gora, montagna nera. Sotto il dominio comunista, la chiesa fu trasformata in un museo. Con la caduta del comunismo, il culto mariano ha ricevuto un nuovo impulso.

 

(5 – continua)