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CEI, il Cardinale Zuppi: "Il Sinodo occasione di grazia per la Chiesa"

Nella sua articolata introduzione il Presidente della CEI al Consiglio Permanente fotografa la situazione della Chiesa e della società italiana

Il Cardinale Zuppi, Presidente della CEI - Siciliani-Gennari/CEI |  | Il Cardinale Zuppi, Presidente della CEI - Siciliani-Gennari/CEI Il Cardinale Zuppi, Presidente della CEI - Siciliani-Gennari/CEI | | Il Cardinale Zuppi, Presidente della CEI - Siciliani-Gennari/CEI

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della CEI, ha aperto questo pomeriggio i lavori della sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente.

In apertura il porporato ha ricordato la figura del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, morto venerdì scorso.

“Non siamo – ha esordito - una minoranza residuale ma, come dissi ricordando la felice espressione di Papa Benedetto XVI, la Chiesa è chiamata a essere minoranza creativa. La creatività nutre la missione ed è frutto del viverla, spinti dallo Spirito della Pentecoste, non subendo il mondo ma accettandone la sfida con serena consapevolezza e responsabilità. La Chiesa in Italia, in vari aspetti, è una Chiesa di popolo, realtà da coltivare, mai da disprezzare, i cui confini non debbono essere tracciati da noi con il rischio di allontanare e rendere incomprensibile l’annuncio evangelico ma con la fiduciosa speranza del seminatore. Dobbiamo annunziare e vivere il Vangelo, tutto il Vangelo e i comportamenti conseguenti”.

“Manca la pace. Il nostro mondo – ha aggiunto - ha bisogno di pace e unità. La guerra continua in Ucraina e non ci abituiamo ad essa. Il dolore di questa guerra è stampato su volti precisi: quelli dei morti, soprattutto tra i civili, e dei feriti per i bombardamenti; quello delle persone barbaramente violentate; quello delle popolazioni sfollate e costrette a migrare; quello dei bambini lontani dai propri familiari o dalle proprie case. Si tratta di un dramma alle porte dell’Europa che ci riguarda tutti, come uomini e donne di questo tempo, prima ancora che come cittadini europei. Capiamo con evidenza come siamo davvero tutti sulla stessa barca e apparteniamo alla stessa famiglia umana. L’azione del Santo Padre per la pace, oltre alle sue parole, ci ricorda che tutti dobbiamo agire e pregare per la pace. Ho personalmente sentito quanto la preghiera per la pace abbia accompagnato anche la mia missione degli ultimi mesi e ne sono intimamente grato ed edificato”.

Il pensiero del Cardinale Zuppi va poi al Sudan e al Nagorno Karabakh e al conseguente tema del fenomeno di migratorio: “si tratta di gestire con umanità e intelligenza un vasto fenomeno epocale. L’errore – non da oggi – è stato politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure. Si tratta di esseri umani prima di tutto; si tratta del futuro dell’Italia, in crisi demografica; si tratta di coinvolgere la popolazione in un fenomeno che crea scenari nuovi e non semplici. Richiede coraggio politico e responsabilità sociale. La questione migratoria dovrebbe essere trattata come una grande questione nazionale, che richiede la cooperazione e il contribuito di tutte le forze politiche. Non dimentichiamo la necessità anche di una comune visione europea, per la quale è necessario forse un ulteriore sforzo da parte nostra e delle Chiese europee. È solo la legalità che contrasta l’illegalità e può permettere una seria e indispensabile inclusione”.

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Per quanto riguarda l’Italia, il Presidente della CEI mostra la sua preoccupazione: “la società italiana non è in pace. Penso ai femminicidi. C’è in gioco il rispetto verso le donne, ma ancora più in profondità il nostro modo di essere famiglia, di vivere in una trama di relazioni. Abbiamo il compito di fornire strumenti per aiutare a guarire dalla malattia mortale che è il disprezzo del più debole e la volontà di sottomissione. Al contempo, dobbiamo trovare nuovi modi per tutelare i più deboli e fragili, per identificare il disagio e trovare soluzioni in grado di prevenire tanta violenza. Il mondo dei giovani è coinvolto dalla violenza. I social sono il tam-tam dove si documentano le gesta. Drammatici sono i dati sui suicidi degli adolescenti che stanno lievitando: per noi non devono essere solo numeri, ma sono persone, volti, storie. Ci segnalano un disagio diffuso che ci deve interpellare. Si ripropone con forza il problema dell’educazione, su cui costantemente la Chiesa in Italia ha riflettuto, riflette ed è necessario continuare a riflettere. L’educazione non è un’emergenza ma è la quotidianità della vita della Chiesa”.

Il pensiero dell’Arcivescovo di Bologna va poi “ai genitori, a quanti, cioè, hanno la gioia e la responsabilità di educare la prossima generazione. Occorre profondere uno sforzo almeno pari a quello dell’iniziazione cristiana nei confronti dei genitori e degli adulti in generale. In realtà sono loro i veri educatori con il loro stile di vita. Per noi la persona è una realtà unica e complessa, la cui affettività è in dialogo con il corpo e il suo sviluppo, con la mente e le sue conoscenze, con il cuore e i suoi valori. Forse è tempo perché anche noi credenti troviamo il coraggio di parlare di sessualità senza infingimenti, nella prospettiva dell’integrazione tra vita umana e vita spirituale. L’educazione all’affettività nasconde infatti un’esigenza ancora più profonda: l’educazione alla vita interiore, all’incontro con le profondità di sé stessi”.

Citando il Vangelo il Cardinale ricorda l’espressione “folla” che “ben si adegua alla realtà sociale, composta sovente da donne e uomini, soli o impoveriti nelle relazioni, privi di reti. Anche spaesati, spaventati di un futuro che non aspettano con nessuno. C’è troppa infelicità e insoddisfazione. La compassione è amare non un popolo anonimo, ma persone di cui si comincia a conoscere il nome, che hanno volti e storie. Evangelizzare, uscendo dai nostri recinti, non è proselitismo verso una folla. Evangelizzare è incontrare, conoscere, comunicare personalmente la Parola di Dio, divenire amici e fratelli. In questa prospettiva, cogliendo l’opportunità del processo sinodale, non dobbiamo vivere una corrente di simpatia umana, che trasmetta affezione e compassione. La Chiesa è anzitutto comunità, famiglia, dimensione domestica, personale, di relazione, perché solo così sapremo educare i giovani e trovare uno spazio per tutti nella loro diversità”.

Sinodalità – ha proseguito - vuol dire rimettere in discussione le arroccate solitudini ecclesiali nell’incontro, nella comunione, nell’ascolto, nell’impegno missionario enorme che ci attende confrontandoci con la folla e le sue sofferenze. Ci misuriamo con la realtà in cui siamo, la città, il territorio, il quartiere. Questa realtà è il centro della nostra cura e del nostro impegno. Sinodalmente: anche se viviamo in prospettive diverse, abbiamo attitudini, responsabilità e storie differenti. Niente e nessuno sono il centro. Nemmeno la parrocchia. Il centro è Gesù e il prossimo che ci affida: sono gli altri con cui vivere, cui comunicare il Vangelo. Cambia la geografia della Chiesa. Tanti sono i suoi volti su un territorio: la parrocchia, i movimenti, i religiosi e le religiose, gli stessi santuari e quanto lo Spirito ci dona. Tutte risorse per una stessa missione”.

Ricordando la GMG di Lisbona, il Cardinale Zuppi ha ribadito che “la Chiesa è lo spazio dei giovani. I giovani hanno colto il significato del ministero del Papa e il valore delle parole e del carisma di Francesco. L’affetto per il Papa tocca in profondità la comunione nella Chiesa e la sua unità: specie per noi Vescovi italiani, per cui egli è Primate d’Italia. La sinodalità è anche un cammino di comprensione piena del ministero del Vescovo di Roma. Un ministero tanto importante per la fede, l’unità della Chiesa, che si esprime anche al servizio dell’unità dei popoli in un periodo di così grandi lacerazioni”.

Tornando alla situazione italiana, Zuppi sottolinea che “la povertà in Italia può dirsi ormai un fenomeno strutturale, visto che tocca quasi una persona su dieci. Vanno sollecitati interventi pubblici per affrontare il problema. Un altro aspetto della precarietà che si vive è quello legato alla denatalità. Occorrono servizi integrati sul territorio a sostegno delle famiglie, non solo aiuti materiali. Il lavoro ha conosciuto, negli ultimi mesi, una ripresa in termini di occupazione, ma conosce ancora molta sofferenza circa la sua qualità. Lo segnala il fenomeno degli working poor: non è garantito, come in passato, a chi lavora di sentirsi al sicuro fuori dalla soglia di povertà. Incidono la precarietà dei contratti, l’incapacità di adeguamento degli stipendi al costo della vita, lo sfruttamento e la diffusione del lavoro nero in alcuni contesti. Sono tutti fattori che destano preoccupazione”.

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Non è mancata poi la denuncia della strage quotidiana sul lavoro. “Alcuni tragici recenti episodi non ci devono far dormire sonni tranquilli. La sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro è segno di civiltà. Non è barattabile con la fretta di consegnare un’opera, né con le limitazioni degli investimenti sulla sicurezza e tanto meno con la superficialità e l’irresponsabilità. È in gioco la nostra dignità umana”.

Concludendo la sua prolusione, il Cardinale Zuppi è tornato sul cammino sinodale della Chiesa Italiana. Il porporato ha ribadito come “sia forte l’aspirazione a una Chiesa aperta e che dà forma alla corresponsabilità, quanto sia diffusa l’attesa di rinnovamento di molti aspetti della nostra vita ecclesiale”. La fase sapienziale punta a “crescere insieme nel discernimento ecclesiale. Nella nuova fase i confini non si restringono: al contrario, siamo chiamati ad affrontare le tematiche e i nodi che sono emersi in questi due anni con alcune attenzioni. Tra queste c’è l’ascolto ancora più allargato, a partire dai giovani che da tempo ci diciamo non possono essere considerati solo destinatari e dagli esperti che potranno aiutarci ad andare in profondità nella lettura e nel discernimento delle varie questioni emerse”. Ricordando il prossimo inizio del Sinodo, Zuppi ha parlato di “occasione di grazia per la Chiesa, un tempo per certi versi simile a quello che è stato il tempo dell’ultimo Concilio, in cui è riecheggiata in maniera insistente la domanda: Chiesa, cosa dici di te stessa?. La prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi si troverà a far risuonare una domanda simile, sulla natura e sulla missione di una Chiesa che voglia essere tutta sinodale, declinando insieme comunione, partecipazione e missione. Il nostro Cammino sinodale” non è “un percorso parallelo a quello della Chiesa universale ma, in seno al cammino della Chiesa tutta intera, le nostre Chiese in Italia stanno offrendo il contributo delle loro peculiarità ecclesiali”.

In conclusione il Cardinale Presidente ha aperto ad una discussione che conduca ad “un cambiamento anche delle strutture stesse della CEI, del suo snellimento e ripensamento che recepisca le importanti indicazioni contenute nella riforma della Curia Romana e del Vicariato di Roma, della quale la Segreteria Generale si farà carico di presentare un primo progetto per opportuna valutazione del Consiglio Permanente e dell’Assemblea Generale”.