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Diplomazia pontificia, le delegazioni al concistoro

C’è un mondo diplomatico anche intorno al Concistoro. Ecco chi e perché ha partecipato. Appello del CCEE per il Nagorno Karabakh.

Concistoro 2023 | I nuovi cardinali al termine del Concistoro del 30 settembre 2023 | Vatican Media / ACI Group Concistoro 2023 | I nuovi cardinali al termine del Concistoro del 30 settembre 2023 | Vatican Media / ACI Group

Quando c’è un Concistoro, c’è un mondo diplomatico che si muove. Gli Stati da cui provengono i nuovi cardinali inviano delegazioni ufficiali, anche perché un porporato è considerato un rappresentante diretto del Papa, un qualcosa ancora più importante del nunzio, che del Papa è l’ambasciatore, e anche un segno di prestigio per il Paese. Per questo, i Paesi da cui provengono i cardinali sono soliti inviare delle delegazioni ufficiali, al di là dei loro rappresentanti diplomatici, all concistoro per la creazione dei nuovi cardinali. Non è successo diversamente con il concistoro del 30 settembre, con varie delegazioni di alto livello sul sagrato di San Pietro.

Anche il Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa si è unito agli appelli per la crisi umanitaria in Nagorno Karabakh. Il ministro degli Esteri israeliano Cohen e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher hanno avuto una telefonata lo scorso 5 ottobre.

                                                           FOCUS CONCISTORO

Concistoro, le delegazioni ufficiali

Un concistoro per la creazione dei nuovi cardinali rappresenta anche un momento importante per le nazioni da cui questi cardinali provengono. Per questo, alla celebrazione del Concistoro, oltre al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, invitato come di consueto alle Cappelle Papali, ci sono spesso delegazioni di alto livello dei governi dei nuovi cardinali.

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Non ha fatto eccezione il concistoro dello scorso 30 settembre. La Spagna ha annoverato tra i nuovi cardinali l’arcivescovo José Cobo Cano di Madrid, ed è stata rappresentata dal ministro della presidente Félix Bolanos Garcia.

Viene dalla Corsica il neo-porporato Javier Bustillo, vescovo di Ajaccio, e per questo era presente il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, che ha la delega per gli affari religiosi. C’era anche il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi.

Da tradizione, l’Italia festeggia i nuovi cardinali italiani con una colazione offerta dal presidente della Repubblica ai nuovi porporati del Belpaese. Questa ha avuto luogo il 4 ottobre, ed erano presenti, secondo un comunicato del Quirinale, il Cardinale Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le chiese Orientali, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, il Cardinale Agostino Marchetto, Nunzio Apostolico. Insieme a loro, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, il Cardinale Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia e unico neo porporato non italiano, e Francesco Di Nitto, Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede.

Tornando al concistoro, la Polonia ha inviato il ministro della presidenza Grazyna Ignaczak-Bandych per festeggiare il Cardinale Gregorz Rys, mentre dal Portogallo – che annovera tra i nuovi porporati Americo Alves Aguiar – è arrivato il ministro per gli Affari Parlamentari Ana Caterina Mendes.

È stato creato cardinale anche l’arcivescovo di Bogotà Rueda Aparicio, e dalla Colombia è venuta Verónica Alcocer Garcia, consorte del presidente.

L’Argentina, che annovera tra i nuovi cardinali l’arcivescovo Angel Sixto Rossi di Cordoba, era rappresentato dall’ambasciatore Maria Fernanda Silva, mentre è notare la presenza del segretario generale del Ministro degli Esteri giordano Majid El Katerneh. La Giordania è Custode dei Luoghi Santi, e il rappresentante di Amman è stato inviato per celebrare la creazione a cardinale del Patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa. A testimonianza che la presenza di un porporato a Gerusalemme abbia una importanza particolare, va segnalata anche la delegazione palestinese, guidata da Moui Elias Yousef Khouri, del Comitato Presidenziale degli Affari delle Chiese. C’era anche il Governatore Generale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro Leonardo Visconti di Modrone, e Fra’ Emmanuel Roussaeu, Gran Commendatore del Sovrano Militare Ordine di Malta.

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Il Sud Sudan festeggia la creazione a cardinale del vescovo di Juba Ameyu Mulla, e il presidente della Repubblica ha scelto di essere rappresentato al concistoro da Benjamin Bol Mel Kuol, suo Inviato Speciale.

                                                           FOCUS MEDIO ORIENTE

Telefonata Gallagher – Cohen

L’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede ha informato che il 5 ottobre Eli Cohen, ministro degli Esteri di Israele, ha avuto un colloquio telefonico con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro per i Rapporti con gli Stati. I due si erano incontrati di persona lo scorso 13 luglio in Vaticano, in quella che era la prima visita alla Santa Sede di un ministro degli Esteri di Gerusalemme in 12 anni.  L’arcivescovo Gallagher, il prossimo mese, restituirà la visita.

Secondo il comunicato dell’Ambasciata, “nella loro conversazione telefonica, il Ministro Cohen ha ribadito la sua forte condanna dei vergognosi attacchi contro i cristiani, perpetrati da una minoranza della popolazione israeliana, e ha chiarito che Israele manterrà la libertà di religione e la libertà di culto per i membri di tutte le religioni”.

Inoltre, “il Ministro Cohen ha inoltre sottolineato l'importanza della recente nomina a Cardinale del Patriarca Latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, che indica la centralità di Gerusalemme per i credenti delle tre Religioni Abramitiche”.

                                                           FOCUS EUROPA

Situazione Nagorno Karabakh, l’appello dei vescovi di Europa

Più di 100 mila persone sono state sfollate dal Nagorno Karabakh dopo la “operazione anti-terrorismo” lanciata dall’Azerbaijan a seguito di mesi di blocco del corridoio di Lachin, unica via di accesso dalla capitale armena Yerevan all’antico Artsakh. La presa di controllo del territorio del Nagorno Karabakh da parte dell’Azerbaijan ha causato la fuga di centinaia di migliaia di persone di etnia armena, mentre da tempo si teme per il patrimonio cristiano nella regione.

Alla voce di Papa Francesco, che più volte è tornato sulla situazione, si è aggiunta quella del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa, che racchiude i presidenti di 35 Conferenze Episcopali del continente europeo più alcuni territori nazionali che non hanno una loro conferenza episcopale.

Scrivono i vescovi europei, in un comunicato della presidenza del CCEE: “Guardando con preoccupazione all’emergenza umanitaria che sta avendo luogo in Nagorno Karabakh, la Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa si unisce ai ripetuti appelli del Papa per una soluzione negoziata nella regione ormai da troppo tempo al centro di conflitto e chiede alla Comunità Internazionale di alleviare l’emergenza umanitaria delle centinaia di migliaia di sfollati”.

La dichiarazione  ricorda la fuga di circa 100 mila persone sono fuggite dal Nagorno Karabakh, regione “oggetto di un contenzioso internazionale per circa 30 anni, mettendo a rischio anche l’eredità cristiana che è nella regione”.
I vescovi europei denunciano che “dopo il conflitto del 2020, che aveva portato ad una pace dolorosa per l’Armenia con la perdita del controllo dei territori di alcuni monasteri storici, per mesi il corridoio di Lachin, unica via d’accesso tra la capitale del Nagorno Karabakh, Stepanakert, e la capitale armena Yerevan, è rimasto bloccato da attivisti, creando una prima crisi umanitaria”.

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Infine, si legge che “i vescovi del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa guardano con preoccupazione a questa tragedia umanitaria. Insieme a Papa Francesco, si appellano
“al dialogo tra l’Azerbaijan e l’Armenia, auspicando che i colloqui tra le parti, con il
sostegno della Comunità Internazionale, favoriscano un accordo duraturo, che ponga
fine alla questione umanitaria”.

Allo stesso tempo, il CCEE chiede “di monitorare il patrimonio cristiano che si trova in
Nagorno Karabakh
. Secondo una risoluzione del Parlamento Europeo del 10 marzo
2022, ci sono 1456 monumenti armeni che dopo il cessate il fuoco del 2020 sono passati
sotto il controllo dell’Azerbaijan e che già durante la guerra sono stati danneggiati”.

I vescovi auspicano infine che “gli attori internazionali trovino una soluzione negoziata che garantisca la sicurezza degli sfollati e il loro diritto a ritornare nelle terre in cui sono cresciuti con le
loro tradizioni; che vengano rispettate le risoluzioni internazionali che hanno chiesto il libero accesso al corridoio di Lachin; che sia risolta l’emergenza umanitaria con soluzioni che mettano la persona umana, e non l’interesse politico, al centro delle decisioni”.

                                               FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a New York, la prevenzione del crimine

Lo scorso 2 ottobre si è riunito il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, che si occupa di questioni riguardanti i diritti umani e i diritti umanitari e sociali. In quell’occasione, si è discusso di “Prevenzione del Crimine e Giustizia Criminale” e del “Contrasto all’uso dell’informazione e delle tecnologie di comunicazione per scopi criminali”.

La Missione della Santa Sede è intervenuta in entrambi i dibattiti. Parlando dalla questione della giustizia penale, la Santa Sede ha affermato che “la dignità della persona umana dovrebbe essere al centro di ogni sforzo di miglioramento della giustizia penale”, perché “la vera giustizia non include solo la punizione, ma anche riforma, miglioramento, educazione”, dato che “la reintegrazione dei perpetratori di violenza nella società dovrebbe essere l’obiettivo del sistema di giustizia penale”.

Parlando invece dell’uso delle tecnologie per scopi criminali, la Santa Sede ha messo in luce che lo sviluppo delle tecnologie di informazione e comunicazione ha “offerto nuove possibilità per educazione, salute, cura e crescita personale”, ma che il suo uso criminale “minaccia lo sviluppo umano integrale, la pace internazionale, la sicurezza, i diritti umani e la dignità”.

In particolare, la Santa Sede ha condannato la tratta degli esseri umani e la pornografia infantile, entrambi “facilitati e accelerati dalle nuove tecnologie”, e ha ribadito la richiesta di una regolamentazione etica dell’intelligenza artificiale. La scorsa settimana, nel suo discorso di apertura dell’Assemblea Generale, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, aveva chiesto una Organizzazione Internazionale per l’Intelligenza Artificiale.

La Santa Sede a New York, lo sviluppo sociale

Il 29 settembre, nell’ambito dei lavori del Terzo Comitato dell’Assemblea Generale, si è parlato dello sviluppo sociale. La Santa Sede ha sottolineato che la dimensione sociale dello sviluppo richiede la promozione dello sviluppo umano integrale, e che questo inizia con gli sforzi per sradicare la povertà e prendersi cura del benessere spirituale, sociale e culturale di ogni persona.

La Santa Sede ha enfatizzato in particolare l’importanza della famiglia, la necessità di un equo accesso all’educazione e un sistema economico giusto in cui la gente può aiutarsi l’un l’altro, e ha chiesto agli Stati di “porre la solidarietà in pratica”, specialmente guardando ai membri più vulnerabili della società”.

La Santa Sede alle Nazioni Unite, un recupero sostenibile

Il 4 ottobre, si è tenuto alle Nazioni Unite di New York un dibattito generale del Secondo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che affronta temi economici e finanziari, durante il quale si è parlato della “Costruzione di un recupero sostenibile per tutti”.

Nel suo intervento, la Santa Sede ha chiesto alla comunità internazionale di impegnarsi per gli obiettivi dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2023, descritta da Papa Francesco come “un importante segno di speranza”, e ha sottolineato che “accelerare gli sforzi per rimettersi in pari con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile richiede di affrontare la povertà e la fame, e combattere la cultura dello scarto secondo la quale non tutte le vite sono valorizzati”.

La Santa Sede ha anche messo in luce le dimensioni sociali, economiche ed ambientali dello sviluppo sostenibile che possono contribuire alla creazione di un nuovo modello di sviluppo con la persona umana al centro.

La Santa Sede alle Nazioni Unite, l’importanza delle donne

Era dedicata all’”avanzamento delle donne” la riunione del Terzo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si è riunita lo scorso 4 ottobre e che si occupa più in generale di diritti umani e affari sociali e umanitari.

La Santa Sede ha riconosciuto prima di tutto i significativi progressi fatti per garantire pari diritti a donne e uomini, particolarmente sul campo dell’educazione e sul luogo di lavoro. Eppure, il miglioramento della condizione della donna, ha aggiunto, non si può dire raggiunta finché le donne sono trattate come oggetti da acquistare, sfruttare, o messe da parte: devono essere amate e rispettate.

La Santa Sede ha notato che le donne e le ragazze hanno più probabilità di essere vittime di tratta e sono la maggioranza delle vittime della tratta per sfruttamento sessuale, e ha ribadito la posizione che ogni forma di pornografia è incompatibile con il rispetto della pari dignità della donna. La Santa Sede ha anche messo in guardia dalle politiche di prevenzione della gravidanza, l’aborto, la selezione prenatale del sesso, e la donazione di ovuli e maternità surrogata.

La Santa Sede alle Nazioni Unite, gli Stati in situazioni speciali

Altro tema di lavoro del Secondo Comitato delle Nazioni Unite che si è riunito lo scorso 4 ottobre riguardava i “Gruppi di nazioni in situazioni speciali”.  

Nel suo intervento, la Santa Sede ha messo in luce le molte sfide affrontate dalle nazioni meno sviluppate, dalle nazioni in via di sviluppo senza sbocco al mare e gli Stati In Via di Sviluppo racchiusi in piccole isole. Questi hanno “ampi debiti, lenti prospetti di crescita, insicurezza alimentare e vulnerabilità al cambiamento climatico”.

La Santa Sede definisce un “imperativo morale per la comunità internazionale” quello di “assicurare che gli specifici obiettivi di sviluppo delle nazioni in situazioni speciali”. Ci servono per questo politiche e programmi per il supporto di queste nazioni, a condizione che queste politiche mettano la persona umana al centro.

La sfida più urgente, ha aggiunto la Santa Sede, è comunque lo sradicamento della povertà, che si sviluppa anche nella promozione dell’educazione. Altre aree essenziali da affrontare per lo sviluppo sono la protezione dell’ambiente, l’uso sostenibile delle risorse naturali e la lotta al cambiamento climatico.

La Santa Sede alla FAO, verso un settore della pesca e acquacultura socialmente responsabile

Il 4 ottobre, Monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le agenzie ONU dell’Alimentazione, è intervenuto ai Dialoghi di Vigo, l’appuntamento annuale FAO sul settore della pesca. Tema di quest’anno è “Verso un settore della pesca e acquacultura socialmente responsabile”.

Monsignor Arellano ha sottolineato che la Santa Sede, con il suo apostolato del mare, ha messo in luce l’importanza che ha il settore della pesca “per la promozione di un settore peschiero veramente sostenibile, rispettoso dei diritti umani e della tutela dell’ambiente”.

Secondo la Santa Sede, le condizioni di lavoro dei lavoratori del mare devono essere affrontate con responsabilità sociale, perché questi lavoratori ogni momento devono lavorare per cercare “un lavoro decente, adeguate forme di protezione sociale e mezzi convenienti di sicurezza nell’esercizio dei suoi programmi efficaci”.

Monsignor Chica sottolinea che è in questa ottica che “si deve affrontare la spinosa questione dell’ambiente marino”, perché questo permette di mettere in luce “l’interconnessione esistente tra il grave problema della violazione dei diritti fondamentali dei pescatori e la pratica nociva della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata”.

Per quanto riguarda i diritti dei lavoratori, la Santa Sede ha sempre percepito “il vincolo tra il diritto fondamentale del lavorare ad un lavoro decente e degno in un ambiente sano”. Questo purtroppo, nota l’osservatore della Santa Sede, non succede, tanto che i lavoratori del mare sono colpiti da diverse privazioni. La Santa Sede ribadisce la richiesta di proteggere “quello che Benedetto XVI chiamò ecologia umana per riferirsi alla protezione della persona come base per la convivenza interpersonale e pacifica della società. Questa protezione va di pari passo con la protezione della “ecologia ambientale”. E “per promuovere l’ecologia umana, è necessario che il diritto al lavoro decente sia salvaguardato e implementato in tutti i contesti in cui si sviluppano quelli che vivono nel mare”.

Si tratta di un tema importante, spiega monsignor Chica, perché “il lavoro nel mare è estremamente arduo ed esigente, e in non poche occasioni rischioso e pericoloso”, come dimostrano i molti incidenti che accadono e che sono ignorati o disconosciuti dalla società.

La Santa Sede chiede di non dimenticare questa situazione, perché così si può creare “una catena di valori rispettosa con le persone dedicate al settore peschiero”.

La Santa Sede nota che alcune situazioni limite “sono state denunciate sia nei rapporti delle Ong che in articoli, interviste e video dei giornalisti”, e da qui si può apprendere che c’è un “sofisticato e crudele sistema di traffico e sfruttamento dei lavoratori migranti, “molti dei quali sono deportati forzatamente da alcune regione e zone marittime ad altre nel mondo, dipendendo esclusivamente nelle necessità dell’industria, senza alcun scrupolo”.

monsignor Chica nota che ci sono stati passi significativi per affrontare “queste penose condizioni lavorative della gente del mare”, ma manca ancora molto, mentre per quanto riguarda la protezione dell’ecologia ambientale “si è consolidata la sensibilità di tutti gli attori che operano nel settore peschiero al fine di garantire l’importanza della sostenibilità ambientale”, con l’elaborazione di strumenti giuridici internazionale sia di carattere non vincolanti che di carattere vincolante, secondo una normativa che “sta aiutando a creare nuovi modelli di pesca, che garantisca la qualità della pesca e il rispetto dell’ambiente”.

La Santa Sede ricorda che Papa Francesco ha chiesto “una conversione ecologica” che obblighi legalmente a “implementare tutti quei mezzi che la comunità internazionale ha negoziato nel tempo”, e che richiede che “l’industria ampli il suo sguardo, in modo che l’implementazione di una strategia corporativa di responsabilità sociale e di costante solidarietà prevalga”.

Solo “una etica rispettosa delle persone può condurre al corretto funzionamento dell’economia che permetterà di condurre al corretto funzionamento della economia, e permetterà di concentrarsi per il bene di tutta la comunità e non solo sul frenetico beneficio individuale”.

Solo in questo modo, sottolinea monsignor Chica, sarà possibile “recuperare il valore del lavoro che dà dignità ai pescatori come professionisti del mare”. E solo così “la solidarietà tra tutti i membri dell’unica famiglia umana prevarrà sull’egoismo e l’indifferenza”.

L’osservatore della Santa Sede alla FAO ha notato che “la Chiesa cattolica, per mezzo di cappellani, religiosi e religiosi, di agenti pastorali e volontari, si sforza per dare vicinanza umana e spirituale a pescatori e famiglie, alzando la voce perché il loro benessere aumenti”, mentre “la Santa Sede sostiene quelle iniziative che lascino conoscere la pesca come una uscita professionale degna e piena di opportunità per i giovani”.

Infine, la Santa Sede – ha concluso monsignor Chica – sta “vicino a quelli che lavorano quotidianamente nel settore della pesca e dell’acquicoltura e appoggia coloro che fanno tutto il possibile per creare una catena di valore del pescato che protegga il lavoro degno e che si consegua un salario giusto per tutti”, così come punta a favorire “l’implementazione della giustizia sociale della protezione dell’ambiente marino”.

La Santa Sede a Ginevra, l’impatto dei diritti umani sull’odio religioso

Il 5 ottobre, il Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra ha visto un aggiornamento verbale da parte dell’Alto Commissario su fattori scatenanti, cause alla radice e impatto dei diritti umani dell’odio religioso costituito da incitamento alla discriminazione, ostilità o violenza.

L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali di Ginevra, ha reiterato, a nome della Santa Sede, la “grave preoccupazione per la seria e sistematica natura della violenza e delle violazioni dei diritti umani perpetuati contro cristiani, ebrei, musulmani e membri di altre religioni”.

La Santa Sede ricorda i recenti incidenti che hanno portato a bruciare il Corano sono “la punta dell’iceberg”, che Papa Francesco ha fortemente condannato, e mette in luce che “oggi i membri di gruppi religiosi stanno tristemente sperimentando tolleranza e discriminazione rampante a causa del loro credo religioso”.

I cristiani, lo dicono le statistiche, sono il gruppo più perseguitato del mondo (uno su sette cristiani nel mondo è perseguitato), ma è anche preoccupante che in generale si viva in un mondo in cui si venga discriminati per aver professato la propria fede in pubblico.

Eppure – dice il nunzio – “questi atti di violenza e ostilità hanno spesso luogo nell’indifferenza”, e per questo la Santa Sede riafferma che “la libertà religiosa ha una dimensione individuale, che dovrebbe essere protetta e garantita a tutti gli esseri umani”, ma ha anche “una dimensione collettiva e istituzionale, che dovrebbe essere protetta e garantita allo stesso modo”.

Questo non succede, continua, perché ci sono ancora “leggi nazionali e politiche che restringono severamente le libertà dei gruppi di minoranza religiosa e permettono di lasciare impuniti discriminazione e molestie”.

La Santa Sede nota anche che la “discriminazione religiosa e l’intolleranza può anche mostrarsi come libertà di espressione e giustificata alla base di una errata nozione di tolleranza che tuttavia manca di tollerare quanti professano principi diversi, mentre vivono pacificamente secondo la loro fede”.

La Santa Sede, tuttavia, “afferma che il diritto alla libertà di religione e alla libertà di espressione si rafforzano mutuamente e devono essere protetti”, ed entrambi “devono esercitarsi con pieno rispetto per la dignità inerente di ogni persone umana”.

L'arcivescovo Balestrero infine nota che “tragicamente, il prezioso dono della libertà di espressione è spesso mal usato se non abusato per perpetrare atti di intolleranza religiosa, generando ulteriore odio e polarizzazione e mettendo a rischio la coesistenza pacifica”.

La religione, aggiunge, “non deve mai essere strumentalizzata per fomentare la violenza”, né il nome di Dio è chiamato mai ad essere usato per “giustificare atti di omicidio, esilio terrorismo e oppressione”.

                                               FOCUS AMERICA LATINA

Nicaragua, ancora due sacerdoti arrestati

Nonostante l’apertura della Santa Sede a una ripresa del dialogo diplomatico con il Nicaragua, espressa dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher nel suo discorso all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la persecuzione del governo di Daniel Ortega contro la Chiesa non cessa. Nel tardo pomeriggio dello scorso 2 ottobre, infatti, sono stati arrestati altri due sacerdoti, Iván Centeno e Julio Notori, prelevati dalle loro parrocchie (rispettivamente nelle diocesi di Nueva Segovia e di Estelì). Si parlava anche di un terzo sacerdote rapito, ma di questo non ci sono riscontri.

Il vescovo ausiliare di Managua Silvio Báez, dal suo esilio di Miami, ha chiesto di pregare per “il Nicaragua e per la nostra Chiesa perseguitata”.

Al momento, non c’è una rappresentanza diplomatica della Santa Sede a Managua. In una escalation, il governo nicaraguense ha prima abolito la funzione del decano del Corpo Diplomatico, tradizionalmente attribuita al nunzio apostolico, poi ha espulso il nunzio in un atto che ha provocato le proteste ufficiali della Santa Sede e quindi ha espulso tutti i membri della nunziatura. Gli officiali diplomatici vaticani precedentemente a Managua si trovano ora a Santo Domingo.

Argentina, la marcia indietro del candidato presidente contro il Papa

Javier Milei, candidato presidenziale argentino che si è mostrato profondamente critico nei confronti di Papa Francesco, ha fatto marcia indietro sulle sue dichiarazioni in un dibattito con l’altro candidato alla presidenza Sergio Massa lo scorso 2 ottobre.

Milei, parlando allo show Preguntas Cruzadas, domande incrociate, si è confrontato con l’altro candidato Segio Massa.

È stato Massa a cominciare a criticare Milei per quanto detto durante una intervista con l’ex reporter Fox Tucker Carlson, durante il quale ha accusato il Papa di avere “una forte ingerenza politica” e mostrare “un grande affinità con dittatori come Fidel Castro o Nicolas Maduro”.

Massa ha detto che “l’Argentina ha 45 milioni di cattolici e Milei ha offeso il capo della Chiesa. Chiedo che usi questi 45 secondi per chiedere perdono al Papa, che è l’argentino più importante della storia” .

Milei non si è riferito all’intervista, ha parlato delle critiche che ha già fatto a Papa Francesco quando non era ancora in politica, e sottolineato che Massa era “poco informato, perché ho già chiesto scusa per questo, e lo ritornerei a fare, perché non ho problemi”. Ha aggiunto che “una delle cose che ho detto è che se il Papa desidera venire in Argentina, lo andrò a rispettare non solo come capo di Stato, ma anche come leader della Chiesa cattolica”.

Milei aveva anche definito il Papa come “il rappresentante del diavolo in terra” e un “gesuita che promuove il comunismo”.

Il vescovo Oscar Ojea, presidente della Conferenza Episcopale di Argentina, durante una Messa organizzata per riparare alle offese al Papa ha detto che “è impossibile costruire un Paese senza il dialogo e con insulti, grida e squalificazioni”.