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Papa Francesco, l'Intelligenza artificiale tra "nuova schiavitù" e libertà

Pubblicato il messaggio per la 58ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. La richiesta di uno sviluppo etico dell’intelligenza artificiale. L’importanza del fattore umano

Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali | Uno dei loghi che accompagnano il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali | Vatican Media Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali | Uno dei loghi che accompagnano il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali | Vatican Media

Tra l’essere cibo per gli algoritmi e il nutrire di libertà il cuore: è qui che oscilla oggi l’essere umano, secondo Papa Francesco, di fronte alla nuova ondata di intelligenza artificiale generativa che si presenta ricca di opportunità, ma anche di rischi. Il Papa delinea le sfide dell’intelligenza artificiale nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il cui tema è “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore. Per una comunicazione pienamente umana”. Papa Francesco denuncia: “Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva”.

È il secondo messaggio dell’anno dedicato all’intelligenza artificiale, dopo quello per la Giornata Mondiale per la Pace, ed è un tema su cui la Santa Sede riflette da tempo. Nel messaggio – la  Giornata si celebra il prossimo 12 maggio 2024 – si trovano molti dei temi che si sono sviluppati in questi anni: il rischio della fake news e delle guerre parallele di informazione; la necessità di una fondazione etica all’uso degli algoritmi; la necessità di una regolamentazione, che ha portato la Santa Sede a chiedere una Autorità Mondiale per l’Intelligenza Artificiale in un discorso alle Nazioni Unite.

Quello dell’intelligenza artificiale è “un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti”, e che non va visto con “letture catastrofiche”. Anzi, l’auspicio di Papa Francesco è che “in quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità”, si deve partire proprio dall’uomo, che è chiamato a dotarsi di “uno sguardo spirituale” e della “sapienza del cuore” – laddove il cuore è inteso “biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio”.

La sapienza del cuore non si può pretendere dalle macchine, nota Papa Francesco, che sottolinea anche che oggi si parla di intelligenza artificiale, ma il termine più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica è “machine learning”.

E questo perché “le macchine possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso”.

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Le macchine non sono chiamate a “sembrare umane”. Piuttosto, si deve “svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità”.

Perché è vero che “l’uomo da sempre sperimenta di non bastare a sé stesso e cerca di superare la propria vulnerabilità servendosi di ogni mezzo”, ma questo non deve contaminare con la “tentazione originaria di diventare come Dio senza Dio”.

Il Papa sottolinea che “ogni prolungamento tecnico dell’uomo può essere strumento di servizio amorevole o di dominio ostile”, possono liberare dall’ignoranza e scambiare informazioni, ma allo stesso tempo possono essere “strumenti dell’inquinamento cognitivo di alterazione della realtà, tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute e condivise come se fossero vere”.

Il tema sullo sfondo resta quello delle fake news, e addirittura del deep fake, che opera una simulazione che “può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà”.

Il Papa ricorda la prima ondata di intelligenza artificiale data dai social media, rimarca il “salto qualitativo” che si trova con il secondo livello di intelligenze artificiali generativa”, e mette in luce che è “importante quindi avere la possibilità di comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi”.

Gli algoritmi “non sono neutri”, si deve “agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico”.

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Non basta però la regolamentazione. Il salto di qualità è umano, e serve “per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale”, considerando che “grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici”.

Papa Francesco sottolinea che “la rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber”, che portano con sé il rischio “di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere”.

Denuncia il Papa: “Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva. La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità”.

L’informazione – si legge ancora nel messaggio – “non può essere separata dalla relazione esistenziale”, perché c’è bisogno di “volto, sguardo, compassione” oltre che di condivisione. Papa Francesco ricorda la “guerra parallela” delle campagne di disinformazione, ricorda i reporter muoiono sul campo per "permetterci di vedere quello che i loro occhi hanno visto", e ribadisce che “l’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione, se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa”.

Restano le domande di fondo, che riguardano la tutela dei lavoratori del campo della comunicazione e dell’informazione, ma anche la non anonimità degli scritti e la trasparenza dei processi informativo, fino alla necessaria trasparenza “alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture”

Il Papa nota che le risposte a queste domande faranno capire “se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista”.

Si oscilla tra “lo spettro di una nuova schiavitù” o “una conquista di libertà”, tra “la possibilità che pochi condizionino il pensiero di tutti” e la possibilità che “tutti partecipino all’elaborazione del pensiero”.

Conclude Papa Francesco: “La risposta non è scritta, dipende da noi. Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza”.

Una sapienza che “matura facendo tesoro del tempo e abbracciando le vulnerabilità. Cresce nell’alleanza fra le generazioni, fra chi ha memoria del passato e chi ha visione di futuro. Solo insieme cresce la capacità di discernere, di vigilare, di vedere le cose a partire dal loro compimento”.