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Diplomazia pontificia, arrivato il rappresentante residente in Vietnam

Il 31 gennaio, l’arcivescovo Zalewski ha cominciato la sua missione, per ora in una sede provvisoria. Un viaggio del Papa in Vietnam in vista?

Vietnam - Santa Sede | Bilterale Vietnam - Santa Sede, luglio 2023 | Vatican Media Vietnam - Santa Sede | Bilterale Vietnam - Santa Sede, luglio 2023 | Vatican Media

Per ora, si parla di un viaggio in Indonesia, Papua Nuova Guinea e Timor Est, come era previsto nel 2020. Ma Papa Francesco potrebbe aggiungere a queste tre tappe un passaggio in Vietnam. C’è un invito, e c’è una occasione: lo stabilimento di un ufficio, dove un rappresentante residente della Santa Sede può lavorare nel Paese. È il passo appena prima delle relazioni diplomatiche, che sono interrotte dal 1975. Se il viaggio avesse luogo, Papa Fracesco sarebbe il primo Papa a visitare Hanoi, e sembra che si stia già lavorando su una bozza di possibile programma. Il viaggio avrebbe luogo ad agosto. Intanto, l’arcivescovo Gallagher sarà in Vietnam ad aprile, e dopo sarà la volta del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

La Missione della Santa Sede a Ginevra ha organizzato un incontro di preghiera interreligioso per presentare il Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace di Papa Francesco, e lo stesso messaggio è stato presentato dal sostituto della Segreteria di Stato in un incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.

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Vietnam, arrivato il 31 gennaio il primo rappresentante residente della Santa Sede

È arrivato il 31 gennaio il primo rappresentante della Santa Sede in Vietnam, segnando un nuovo passo nelle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Hanoi. L’arcivescovo Marek Zalewski è il primo rappresentante della Santa Sede a poter effettivamente risiedere nel Paese (c’era un rappresentante non residente dal 2011, e questo era stato lo stesso Zalewski negli ultimi anni).

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L’annuncio dell’arrivo di Zalewski è stato dato dall’arcivescovo Joseph Nguyen Nang, presidente della Conferenza Episcopale vietnamita. L’arcivescovo Nang ha anche comunicato che Zalewski risiederà temporaneamente in un albergo, il Pan Pacific Hotel nel distretto di Bah Dinh, a due chilometri della Curia Arcivescovile di Hanoi. È una soluzione provvisoria. Al momento il governo e gli officiali vaticani stanno finalizzando un posto dove possa essere stabilita la nunziatura, e sembra che il governo concederà un appezzamento di terreno nel distretto di Tay Ho dove la Santa Sede possa costruire l’ufficio.

Tuttavia, in molti hanno chiesto al governo comunista attraverso i social media di restituire un vecchio edificio della Chiesa che era usato dai delegati apostolici che hanno risieduto nel Paese dal 1951 al 1959, in un gesto che dovrebbe mostrare concretamente la volontà di avere buone relazioni con la Chiesa Cattolica. Lo ha rivelato ad UCA News padre James Dinh Xuan Toan, redentorista che risiede a Hue.

L'edificio è proprio a fianco alla Casa Arcivescovile di Hanoi. Confiscata dal governo, è stata usata come una biblioteca pubblica dal 2008, ma prima è stato usato come ristorante, discoteca e bar. Secondo padre Toan, tuttavia, la restituzione dell’edificio potrebbe creare un precedente difficile da gestire per il governo, dato che poi si potrebbe chiedere la restituzione di diverse proprietà della Chiesa.

A partire dal 1954, infatti, il governo comunista ha ufficialmente “preso in prestito” innumerevoli strutture gestite da gruppi religiosi nel Nord, e ha fatto lo stesso con quelli presenti nel Sud a partire dal 1975. Molte di quelle proprietà sono ancora utilizzate come edifici pubblici, mentre altri sono stati già veduti a privati, e così la concessione di un terreno da parte del governo permetterebbe di mantenere buoni rapporti con la Chiesa cattolica ma allo stesso tempo aggirare un movimento che chiede la restituzione degli edifici della Chiesa.

Il primo delegato apostolico in Indocina, che comprendeva anche il Vietnam, fu nominato nel 1925: si trattava del vescovo Constantino Ayuti, che risiedette a Hue. Il trasferimento ad Hanoi della delegazione pontificia avvenne nel 1950, su decisione del vescovo John Dooley. La residenza è stata utilizzata fino al 1959, quando il delegato fu espulso dal Vietnam.

I delegati apostolici si stabilirono dunque in un altro edificio della Chiesa a Saigon, l’attuale Ho Chi Minh, dove risiedettero dal 1959 al 1975, quando la nazione fu poi riunificata sotto il cojntrollo comunista.

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Tra il 1925 e il 1975, la Santa Sede ha nominato ben nove delegati apostolici in Vietnam. L’ultimo delegato apostolico fu l’arcivescovo Henri Lemaitre. Questi fu espulso dal Vietnam del Sud nel 1975, e da allora non ci sono state formali relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Vietnam.

A metà degli anni Novanta del secolo scorso furono ripristinati i contatti, e nel primo decennio degli anni 2000 cominciò un intenso scambio bilaterale che ha portato a dieci tavoli di lavoro tra Vietnam e Santa Sede. Il dialogo ha portato prima alla nomina di un rappresentante non residente e poi, lo scorso luglio, alla definizione di un rappresentante residente. La sede della nunziatura resta per ora a Singapore.

Santa Sede a Ginevra, un servizio interreligioso sulla pace

Lo scorso 30 gennaio, presso la chiesa di Saint Nicolas de Flue a Ginevra, si è tenuto un incontro di preghiera con la diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo organizzato dalla Missione della Santa Sede a Ginevra. L’incontro di preghiera è una tradizione che si protrae ormai dal 2009. Quest’anno, l’incontro ha posto la riflessione sul tema della pace, e ha visto la partecipazione di diversi membri della comunità internazionale.

In questo senso, la scelta di Saint Nicolas de Flue come luogo della cerimonia è simbolica, perché questa è parte della parrocchia dedicata a San Giovanni XXIII.

Il Cardiale Miguel Angel Ayuso, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, ha partecipato all’incontro, che – sottolinea un comunicato della Missione della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali di Ginevra – “ha fornito l’occasione per riflettere sul messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace e condividerlo più ampiamente con la comunità diplomatica di Ginevra”.

In effetti, l’incontro ha visto la partecipazione di diversi ambasciatori e leader di varie organizzazioni interreligiose, ma anche rappresentanti religiosi delle comunità cristiane, ebrea, musulmana e buddista, delegati delle Ong.

Il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace è quest’anno dedicato su “Intelligenza artificiale e pace”, e vale la pena notare il lavoro della missione in questi ultimi anni su temi cruciali per la pace connessi con l’intelligenza artificiale, come la riflessione sulle cosiddette LAWS, le armi letali autonome, o quelle sul profilo morale dei droni assassini.

L’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore permanente della Santa Sede a Ginevra, ha dato un indirizzo di benvenuto, mentre il Cardinale Ayuso si è soffermato, nel suo discorso, sul tema del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, e ha sottolineato che solo il progresso tecnologico potrà ispirare una cultura di pace solo se è accompagnato da una cornice etica, ispirata dalla dignità della persona umana, il bene comune e la fraternità.

Oltre al Cardinale Ayuso, hanno condiviso delle brevi riflessioni altri esponenti delle comunità religiose di Ginevra: il Gran Rabbino Benadmon, la presidente della Chiesa Protestante di Ginevra Eberlé, il direttore dell’International Buddhist Center di Ginevra Dhammika, il metropolita Maxime della Chiesa Greco Cattolica, e il presidente onorario di AISA International Cheikh Bentounès.

Le riflessioni sono state intervallate da invocazioni di preghiera in arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo, e dalla musica dei cori filippino e africano della parrocchia. Ad ognuno degli ospiti è stato donato un ramoscello di ulivo, come ricordo dell’occasione e segno di uno sforzo comune per la pace.

Il vescovo Charles Morerod di Losanna, Friburgo e Ginevra ha concluso la serata recitando la preghiera per la pace attribuita a San Francesco di Assisi.

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                                               FOCUS SEGRETERIA DI STATO          

Il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace

Il 29 gennaio, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, ha incontrato il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede nell’Aula Vecchia del Sinodo. A tutti gli ambasciatori è stato consegnato il Messaggio del Papa per le 57esima Giornata Mondiale della Pace, sul tema “Intelligenza artificiale e pace”.

Il sostituto, commentando brevemente il messaggio, ha sottolineato come sia necessaria una regolamentazione dell’intelligenza artificiale, mettendo in luce come però questa regolamentazione potrebbe essere difficilmente applicabile ad organizzazioni terroristiche o in conflitto.

Sarà il grande tema del futuro.

Gallagher a Marsiglia, la diplomazia della Santa Sede nell’attuale contesto

Il 2 febbraio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, ha partecipato a Marsiglia ad una conferenza che si è tenuta nella Basilica di Notre-Dame-de-la-Garde. Partecipavano alla conferenza membri del corpo consolare, rappresentanti delle comunità orientali, sacerdoti, diaconi e responsabili dei servizi arcidiocesani di Marsiglia, diocesi guidata dal Cardinale Jean-Marc Aveline.

Il “ministro degli Esteri” ha tenuto una relazione sulla diplomazia della Santa Sede nell’attuale contesto internazionale. Gallagher si è soffermato sul Medio Oriente lacerato dalle divisioni; ha parlato delle sofferenze dei popoli iracheno e siriano e dei rifugiati in Giordania e Libano; ha notato  il “radicamento del conflitto della Federazione Russa in Ucraina, dopo quasi due anni di guerra e centinaia di migliaia di vittime innocenti”.

Ma la panoramica – che ricalca un po’ quella dell’urbi et orbi di Natale di Papa Francesco -guarda anche ai rapporti tesi tra Armenia e Azerbaigian nel Caucaso meridionale, con il dramma degli sfollati nel Nagorno-Karabakh; alle forti tensioni nelle Americhe, “in particolare tra Venezuela e Guyana, in Perú e in Nicaragua, dove anche se non c’è una guerra aperta»” si riscontrano “fenomeni di polarizzazione che indeboliscono le istituzioni democratiche”; fino al “continente africano, colpito da molteplici crisi umanitarie dovute al terrorismo internazionale (in particolare nel Sahel), da complessi problemi socio-politici e dagli effetti devastanti del cambiamento climatico, nonché dalle conseguenze di colpi di stato militari e di alcuni risultati di processi elettorali caratterizzati da corruzione, intimidazione e violenza”.

Cosa può fare la diplomazia della Santa Sede in tempi come questi, forte comunque di piene relazioni diplomatiche con 184 Paesi?

Gallagher ha spiegato che gli obiettivi “fondamentali e immutabili” della diplomazia pontificia “sono la difesa della libertà di culto e libertà religiosa; la promozione di una visione etica delle grandi questioni che riguardano l’umanità; la difesa della dignità e dei diritti fondamentali; la promozione della riconciliazione, della pace e dello sviluppo integrale della persona”.

Ma prima di tutto, si lavora per la pace, attraverso quella che Gallagher chiama “una diplomazia atipica”, perché “libera da ogni ambizione politica, economica o militare”.

“La nostra azione – ha spiegato Gallagher - consiste nel tessere reti; promuovere il dialogo tra i belligeranti, chiunque essi siano; contribuire a risolvere i conflitti geopolitici senza umiliare i vinti, per ottenere una pace duratura; lottare per l’eliminazione della povertà; invocare una politica di disarmo, una transizione ecologica, tutelare la dignità umana per risparmiare la sofferenza delle popolazioni”.

Può sembrare che la diplomazia sia inattiva, ma non è così, dice l’arcivescovo Gallagher. E cita segnali di speranza, dalla nomina di un rappresentante pontificio residente ad Hanoi, alla ratifica dell’Accordo supplementare tra Santa Sede e Kazakhstan, che facilita la presenza di agenti pastorali nel Paese dell’Asia centrale.

E poi, gli anniversari: il centenario delle relazioni diplomatiche con la Repubblica di Panamá, il 70° di quelle con la Repubblica Islamica dell’Iran, il 60° delle relazioni con la Repubblica di Corea e il 50° di quelle con l’Australia.

La mediazione diretta del Papa, che avviene negli incontri che ha con capi di Stato e di governo, ha comunque il suo peso.

Gallagher aveva iniziato la giornata del 2 novembre partecipando alla tradizionale processione nella festa della Presentazione del Signore, e celebrato la Messa.

Nel giorno della presentazione di Gesù al tempio, Gallagher ha notato che i personaggi principali dell’incontro nel tempio sono “testimoni di speranza”, un po’ come Marsiglia, definita invece “mosaico di speranza”.

                                                           FOCUS EUROPA

L’arcivescovo Peña Parra a Cipro, l’incontro con la presidente del Parlamento

L’arcivescovo Edgar Peña Parra, a Cipro per l’apertura della nuova nunziatura apostolica, ha anche avuto diversi incontri con le autorità locali. Il particolare, il sostituto ha avuto un colloquio con Annita Dimotriou, presidente del Parlamento Cipriota.

Dimitriou ha descritto come “un passo molto positivo” l’apertura dell’ambasciata a Cipro, che sarà retta da monsignor Mauro Lalli, commissario della Santa Sede a Nicosia.

Secondo quanto comunicato dall’ufficio stampa del Parlamento Cipriota, la presidente ha ricordato l’importanza della visita di Papa Francesco nel 2021 e i suoi messaggi sulla necessità che pace e riconciliazione prevalgano nel mondo – messaggi, ha sottolineato la presidente del Parlamento, che “devono guidare i leader nell’affrontare le molteplici sfide attuali e nella ricerca di soluzioni pacifiche, attraverso il dialogo e la cooperazione, che si tratti di Cipro, dell’Ucraina o del Medio Oriente”.

Dimitriou, continua la nota della presidenza del Parlamento di Nicosia, ha anche messo in luce che “non esistono conflitti congelati”. Ha affrontato anche la questione cipriota, la cui parte nord è sotto occupazione turca da 40 anni, laddove è stato costituito uno Stato riconosciuto solo dalla Turchia.

Presto sarà a Cipro l’inviato personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres. Secondo Dimitriou, Nicosia intende riprendere i colloqui dal punto in cui sono stati interrotti, al fine di raggiungere una soluzione reciprocamente vantaggiosa, basata sul quadro concordato e sulle risoluzioni delle Nazioni Unite che riguardano Cipro. Questa cornice, secondo la presidente, permetterà di “riunire il Paese a beneficio del popolo cipriota e soprattutto dei giovani, che sperano in una situazione migliore, in condizioni di pace, di sicurezza e prosperità durature”.

Dimitriou ha anche sottolineato che “la pretesa della parte turca di accettare una soluzione a due Stati come condizione per la ripresa dei colloqui mina la possibilità di raggiungere una soluzione e non può essere accettata, perché legittimerebbe i risultati dell’invasione turca e il proseguimento dell’occupazione”.

La presidente del Parlamento ha sottolineato che “non è possibile realizzare grandi visioni in patrie divise”. Inoltre, Dimitriou ha sottolineato l’importanza che Cipro attribuisce al dialogo interreligioso

Il sostituto della Segreteria di Stato ha portato i saluti di Papa Francesco e si è soffermato sul costante aumento della tensione e della violenza nel mondo, sottolineando l’importanza del dialogo, della cooperazione e della solidarietà per raggiungere condizioni di pace e stabilità a Cipro e altrove.

Nunziatura a Cipro, l’omelia della Messa di inaugurazione

Il 28 gennaio, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, ha inaugurato la nunziatura con un Messa celebrata per la comunità cattolica latina di Cipro.

Nella sua omelia, il sostituto ha ricordato che Cipro e Santa Sede hanno stabilito relazioni diplomatiche, e che il suo compito era di inaugurare i nuovi uffici della nunziatura apostolica nel Paese.

Commentando le parole del Vangelo, l’arcivescovo Peña Parra si è soffermato sul passaggio in cui Gesù insegna con autorità e amore. “Nelle nostre vite quotidiane – ha detto – possiamo trovarci davanti alcune attitudini o tentazioni. Una di questa è sentirsi sicuri di noi stessi, sentire che sappiamo tutto e tutto da soli. Spesso, possiamo essere condizionati da un certo numero di opinioni o suggerimenti visti in televisione, nei mass media, in internet”.

Il sostituto nota che “quando si parla di mondo digitale, i giovani possono essere più saggi degli adulti, dei loro genitori e insegnanti, e questo può portare a un senso di auto sufficienza, e un certo senso di inferiorità nei confronti dei vecchi”.

Ma il Vangelo “ci mostra Gesù che insegna” e le persone che restano “sconvolte dal suo insegnamento”, perché Gesù “insegna con autorità”, una autorità che gli viene dal fatto  che “conosce la verità sulla vita, la verità su Dio, la verità sull’uomo, il significato autentico della realtà”.

E poi, perché Gesù “prima vive cosa insegna, sempre e in maniera consistente. Parla senza interesse personale. Quello che traspira è il suo amore, la sua compassione per le persone individuali e la gente. Si pone completamente al loro servizio e mostra il potere del suo amore nel suo incontro con i malati, i posseduti, i peccatori”.

In questo modo di insegnare, aggiunge il sostituto, è “l’amore che trionfa”, buttando giù il muro dell’orgoglio, e il muro che “cresce lentamente nel cuore dell’uomo, grazie a uno spirito di violenza e odio deviato che se non viene riconosciuto in tempo prende residenza lì finché non oscura ogni traccia di umanità”.

Rivolgendosi alla popolazione di Cipro, Peña Parra ha detto loro che sono “un segno di unità nella diversità, di comunione nella pluralità, di armonia nella differenza”.

Il sostituto ha poi ricordato che San Giovanni XXIII, nella Pacem In Terris, chiese che gli uomini si “impegnassero continuamente a trasmettere agli altri ciò che è il meglio per loro stessi” , e ha fatto propria questa preghiera, rinnovando l’impegno a “lavorare coraggiosamente e vigorosamente per contrastare ogni spirito di divisione ed egoismo, ogni spirito non chiaro che possa rovinare la bellezza della comunione tra noi e intorno a noi”.

Il vescovo Crociata, presidente della COMECE, incontra Papa Francesco per parlare di Europa

Il vescovo Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, è stato ricevuto in udienza da Papa Francesco lo scorso 26 gennaio. La COMECE comunica che il loro dialogo ha riguardato l’integrazione europea, la pace, il patto sulle migrazioni recentemente siglato con l’Unione Europea e il ruolo dei giovani nella società.

In una intervista con il SIR, il vescovo Crociata ha detto che “Papa Francesco, come sempre, si è mostrato sensibile e a tratti pensoso sul cammino dell’Unione europea, soprattutto in questa fase. Parte sempre dall’ispirazione iniziale dell’Unione, quale si ritrova nelle grandi figure che le hanno dato avvio subito dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.

Secondo il presidente della COMECE, Papa Francesco “ha a cuore la libertà dell’Europa, intesa soprattutto come respiro dei popoli”, e ha sottolineato che un ruolo importante per la crescita dell’Unione può venire, senza ombra di dubbio, dall’allargamento dei Paesi che sono in attesa di entrarvi”.

Il vescovo Crociata sottolinea che “quanto più l’Unione Europea assume le dimensioni dell’Europa, tanto più allontana la possibilità di guerre nel nostro continente e si rafforza la dinamica che conduce verso una unità sempre più forte e verso un solido equilibrio tra organismi dell’Unione e cittadinanza dei popoli”.

Il presidente della COMECE ha anche sottolineato che c’è una “preoccupazione costante” per le guerre in corso, e ha descritto la situazione delle migrazioni come “una spina che fa molto soffrire”.

“Diventa incomprensibile – ha detto Crociata – come un’Europa sempre più immersa in un inverno demografico possa non vedere anche solo la necessità per la sua sopravvivenza di un apporto come quello degli immigrati”.

Crociata nota che “le stesse misure adottate, come il recente Patto su migrazioni e asilo, sono l’espressione della volontà di trovare una linea comune, da parte di tutti i Paesi membri, e nello stesso tempo, però, di una tendenza a scaricare su altri il carico e gli effetti dei flussi immigratori e di mettere la sicurezza e la difesa dei confini al di sopra del dovere di accoglienza e di solidarietà”, L’obiettivo è di andare “verso una visione che dia ordine insieme ai flussi migratori e ai processi di inserimento e di integrazione nei vari Paesi secondo possibilità e in misura proporzionata”.

Il vescovo Crociata ha anche affrontato il tema della prossima tornata elettorale europea, da lui definita “un passaggio critico”. Secondo il presidente della COMECE, “è necessario ravvivare una coscienza diffusa di partecipazione”, anche perché “purtroppo pesa un’immagine, e tante volte una realtà, di un centro dell’Unione europea che procede ignorando sensibilità, attese, bisogni e problemi dei popoli di cui dovrebbe essere espressione e guida, quanto meno nelle materie che sono di competenza comunitaria ma a volte anche oltre. Questo alimenta insofferenza, rifiuto, e quindi anche anti-europeismo e assenteismo”.

Il vescovo Crociata ha detto di aver parlato con Papa Francesco anche del dialogo istituzionale della Chiesa con le istituzioni europee, un dialogo che a volte viene portato avanti in maniera proficua, altre volte corre il rischio di diventare una formalità. È importante che esso venga rafforzato con il nuovo Parlamento e la nuova Commissione che usciranno dalle elezioni di giugno”.

Il vescovo Crociata ha poi messo in luce che il cammino di integrazione dell’Unione Europea “è cresciuto nel corso dei decenni”, e che non si può “parlare di passi indietro”, ma piuttosto di “allentamento o in certi momenti di arresto”. Ma, aggiunge, “purtroppo l’Unione Europea appare debole nel contesto geopolitico, pur avendo assunto posizioni nette e coerenti come, per esempio, nel caso della guerra in Ucraina e nella lotta al cambiamento climatico”.

La crescita dell’Europa, ha aggiunto, “richiederebbe un superamento di egoismi di parte, da non confondere con la legittima libertà e identità culturale e valoriale di ciascun popolo. Il nodo è riuscire a raccordare volontà di unità che viene dalle istituzioni europee e dall’oggettiva esigenza di integrazione e di crescita dell’Unione e, dall’altro lato, condivisione e partecipazione consapevole da parte dei cittadini europei. Il rischio della divaricazione è grande”.

Conclude il vescovo Crociata: “Ai più giovani si deve dire che l’Europa è il loro domani, che sono chiamati a costruire fin da ora, perché il loro presente anticipi il meglio di ciò desiderano per se stessi e per tutti in avvenire. Il voto è il primo decisivo passo nella giusta direzione”.

Protesta degli agricoltori in Europa, la posizione della COMECE

Di fronte alle proteste di agricoltori in tutta Europa, che sono arrivate anche a Bruxelles, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea ha rilasciato una dichiarazione in cui ha affermato che “un futuro sostenibile del nostro sistema alimentare e un futuro sicuro e florido per gli agricoltori possono coesistere2.

La dichiarazione è stata diffusa lo scorso 30 gennaio. Nella dichiarazione, i delegati delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea notano che “anche se alcune delle attuali proteste sono state innescate dai previsti tagli dei sussidi o dalle agevolazioni fiscali, il malcontento nel settore agricolo nei confronti delle politiche che affrontano il cambiamento climatico e le crisi ambientali è in crescita da un po’, come nei Paesi Bassi nel 2022-2023”.

La COMECE sottolinea che “pur sostenendo fermamente l'obiettivo di un futuro sostenibile per tutti nell'Unione europea, condividiamo le preoccupazioni degli agricoltori per la sostenibilità delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni e per il futuro delle nostre aree rurali”.

I vescovi mettono in luce che “il settore agricolo svolge un ruolo essenziale nel fornirci cibo accessibile e di alta qualità, nel dare vita alle nostre zone rurali e nella gestione dei nostri paesaggi”, e che “le statistiche mostrano una continua diminuzione del numero di aziende agricole di piccole e medie dimensioni, insieme al rischio di invecchiamento della popolazione agricola”.

Nota la COMECE: “Oggi gli agricoltori devono far fronte a redditi relativamente bassi e orari di lavoro lunghi, concorrenza sul mercato (anche con importazioni da paesi terzi), costi energetici elevati e inflazione, crescente incertezza dovuta ai cambiamenti climatici, ma anche ciò che viene percepito come un’eccessiva regolamentazione e un afflusso di nuove politiche con conseguenze finanziarie concrete”.

Molti agricoltori “sentono che la loro stessa esistenza è minacciata”, e tra l’altro “per gli agricoltori l’agricoltura è più che un semplice lavoro, è il cuore della loro identità”.

Secondo la COMECE “occorre trovare soluzioni che garantiscano entrambi e superino le divisioni partitiche: ciò sarà possibile solo se gli agricoltori saranno posti al centro di queste considerazioni”, perché “solo attraverso l’ascolto e un dialogo onesto e faccia a faccia potremmo cogliere un senso migliore della realtà degli agricoltori nell’Unione europea, un maggiore riconoscimento per il loro duro lavoro, una comprensione delle loro preoccupazioni e, soprattutto, un apprezzamento per coloro che ci nutrono”.

La COMECE accoglie con favore l’avvio del dialogo strategico tra UE e principali parti interessate nella filiera agroalimentare avviato il 25 gennaio 2024, e invita “i policy maker a mettere la persona umana al centro delle loro considerazioni politiche, garantendo una maggiore trasparenza dei processi decisionali, tenendo conto delle potenziali conseguenze per coloro che ne sono colpiti e, infine, consentendo un maggiore coinvolgimento dei cittadini. tutti gli attori rilevanti”.

Ucraina, la situazione nelle parole del nunzio

In una intervista alla tv dei vescovi italiani TV2000 andata in onda lo scorso 30 gennaio, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, ha auspicato che un gruppo di Paesi accompagni e aiuti Kyiv e Mosca in un lavoro umanitario per arrivare alla pace.

Il nunzio ha sottolineato che “una guerra così non si risolve facilmente, ma la Santa Sede, avendo un ruolo particolare in quanto Chiesa, ha la possibilità di proporre dei meccanismi. I tentativi proseguono. Quando si capisce che un formato non funziona, si comincia a cercarne un altro facendo delle verifiche. È un lavoro continuo”.

L’arcivescovo Kulbokas ha anche sottolineato che “non possiamo lasciare l’Ucraina da sola”, perché “una guerra così feroce distrugge i meccanismi di dialogo e i contatti. Sicuramente ci vuole un gruppo di Paesi che accompagni Kyiv e Mosca. Non solo l’Ucraina in quanto Paese aggredito, ma anche la Russia, perché umanamente parlando c’è la necessità di sederci tutti intorno a un tavolo in nome dell’umanità”.

Dal punto di vista politico, la Chiesa “non ha proposte specifiche. Noi ci concentriamo sugli aspetti umani, ma se trovassimo un tavolo di lavoro congiunto sugli aspetti umanitari questo potrebbe anche incoraggiare altri aspetti di dialogo”.

Per quanto riguarda la Santa Sede, questa “non può rinunciare ai tentativi di ritrovare la pace”, e la missione del Cardinale Zuppi “non è rimasta confinata solo ad alcune visite, ma queste visite hanno creato canali e meccanismi sui quali il lavoro prosegue. Quello più importante, ad esempio, è il lavoro che riguarda i bambini, speriamo possano rientrare in Ucraina”.

Si tratta – ha aggiunto Kulbokas – “di un lavoro molto complesso, che coinvolge diversi uffici: le nunziature apostoliche di Kyiv e Mosca e la Segreteria di Stato vaticana. Per il momento si sta lavorando su un centinaio di bambini”.

Slovacchia, i vescovi prendono una posizione sulle proteste

In Slovacchia, ci sono state massive proteste contro la riforma giudiziaria del nuovo presidente del Consiglio Robert Fico. L’1 febbraio, la Conferenza Episcopale Slovacca ha rilasciato una dichiarazione, pubblicata sulla sua agenzia ufficiale, la KBS.

“Noi vescovi della Slovacchia – si legge nella dichiarazione - invitiamo tutti a rafforzare responsabilmente quei principi che non ci allontanano gli uni dagli altri, ma ci aiutano a ritornare al legame originario che ci rende fratelli e sorelle. Siamo convinti che tutti abbiamo bisogno di una conversione interiore per creare una società nuova e migliore, costruita sui valori del rispetto, della solidarietà, della coesione e della verità”.

I vescovi chiedono di non perdere la visione di un Paese “dove l’odio, la malizia, la corruzione e l’ingiustizia non avranno”, e di ripartire da noi stessi, contribuendo “concretamente alla realizzazione di una società in cui non si alimentano le passioni dell'estremismo e della polarizzazione, ma si sviluppa il potenziale spirituale, culturale, sociale ed economico”. 

“Crediamo – concludono i vescovi - che la Slovacchia abbia la forza di resistere in ogni lotta per i pilastri legali e democratici del suo stato”.

                                                           FOCUS ASIA

La presidente di Taiwan scrive a Papa Francesco

La presidente uscente di Taiwan Tsai Ing-wen ha scritto un messaggio a Papa Francesco come risposta al suo messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace 2024, dedicato a Intelligenza Artificiale e Pace. La presidente, il cui mandato termina quest’anno, ha supportato il Papa nella sua preoccupazione e si è impegnata a una più profonda cooperazione con la sola alleata di Taiwan.

La lettera della presidente non è una novità, perché anche lo scorso anno aveva inviato un messaggio come risposta al Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace. Tuttavia, la lettera cade in un contesto complesso per Taiwan.

Nel discorso di inizio anno, il presidente cinese Xi Jinping ha fatto sapere di voler moltiplicare gli sforzi per riprendere il controllo su Taiwan, che per Pechino è una provincia ribelle. Nel frattempo, dopo un momento di difficoltà dovuto a due decisioni unilaterali cinesi (la nomina del vescovo di Shanghai, poi sanata dal Papa, e l’ordinazione di un vescovo come ausiliare di Jianxi, diocesi non riconosciuta dalla Santa Sede), c’è stata una accelerazione nei rapporti tra Pechino e Santa Sede, testimoniata dalla ordinazione di tre vescovi nel quadro dell’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi. A fine anno, si dovrà decidere se rendere l’accordo permanente.

Per ora, i rapporti di Taiwan e Santa Sede restano saldi, perché la Santa Sede non si sta muovendo per intrecciare relazioni diplomatiche con Pechino – al massimo è stato chiesto un rappresentante residente a Pechino. Ma qualora la Santa Sede decidesse di abbracciare Pechino, sarebbe costretta a lasciare le relazioni con Taipei, e così Taiwan perderebbe uno dei 12 Stati che ne riconoscono la sovranità, e l’unico europeo.

La lettera di Tsai argomenta sulle parole del Papa, che ha messo in guardia da una “dittatura tecnologica” che minaccia l’esistenza umana.

Secondo la presidente Tsai, le false informazioni sono diventate una delle più difficili sfide che le democrazie come Taiwan devono affrontare. La presidente ha scritto che “abbiamo un profondo riconoscimento dell’appello della Santa Sede perché i diritti umani non siano determinati dagli algoritmi”.

Tsai ha anche sottolineato che Taiwan porterà avanti lo sviluppo dell’Intelligenza artificia con “un cuore umano e un cervello tecnologico”, unendosi a partner che la pensano allo stesso modo per ridurre il possibile impatto della intelligenza artificiale.

La presidente ha anche affermato di voler “approfondire la cooperazione con la Santa Sede a tutti i livelli”.  

Terrasanta, il Papa riceve l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede

Il 2 febbraio, Rafael Schutz, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco. Secondo l’account X dell’ambasciatore, Schutz ha donato al Papa una cartolina disegnata dal fumettista israeliano Zeev Engelmayer, il quale “con i suoi disegni vuole esprimere la pena e l’angoscia vissuta dal popolo di Israele dal massacro del 7 ottobre”.

Spesso l’ambasciatore Schutz ha preso posizione riguardo il modo in cui da parte cristiana ci si era riferita alla reazione di Israele dopo il massacro del 7 ottobre.

La Santa Sede ha mantenuto una posizione di equilibrio, condannando inequivocabilmente gli attacchi ma anche cercando di sostenere i palestinesi che sono vittime di un nuovo conflitto, guardando ai bisogni concreti della popolazione