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Diplomazia pontificia, il quarantennale della Revisione dei Patti Lateranensi

L’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede celebra il trentennale della revisione dei Patti con una conferenza conclusa dal Cardinale Pietro Parolin. I cinque anni della Dichiarazione della Fraternità Umana. La situazione in Ucraina

Revisione Concordato | Il cardinale Parolin alla giornata di studi sui 40 anni della revisione del Concordato, 8 febbraio 2024 | X Revisione Concordato | Il cardinale Parolin alla giornata di studi sui 40 anni della revisione del Concordato, 8 febbraio 2024 | X

Ogni anno, in occasione dell’11 febbraio, giorno in cui si firmarono i Patti Lateranensi, l’Osservatore Romano pubblica un editoriale non firmato che fa il punto della situazione tra Santa Sede e Stato italiano. Quest’anno, però, l’anniversario, che cade di domenica, ha avuto una ricorrenza particolare, perché si tratta del 95esimo anniversario della firma dei Patti nel 1929 e del Trentesimo anniversario della Revisione del Concordato, firmata il 18 febbraio 1984.

L’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede ha festeggiato con una grande conferenza, organizzata insieme alla Fondazione Craxi, per fare il punto sui rapporti Stato e Chiesa, e il panel finale ha visto anche l’intervento del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che tra l’altro ha continuato una consuetudine, cominciata quando Gentiloni era ministro degli Esteri, di rendere noti i bilaterali periodici che si hanno tra Santa Sede e Italia a livello di ministero degli Esteri.

Altro giro, altro anniversario. Il 4 febbraio 2019, Papa Francesco firmò ad Abu Dhabi il Documento sulla Fraternità Umana insieme al Grande Imam di al Azhar. Quel documento ha portato alla stesura di una enciclica, Fratelli Tutti, alla creazione di un comitato sulla Fraternità Umana, di una Abrahamic House negli Emirati dove sorgono insieme una moschea, una chiesa e una sinagoga, e a varie altre iniziative con il mondo islamico, anche di marca sciita. Da subito, Papa Francesco prese a includere la Dichiarazione tra i documenti papali che regalava a capi di Stato e di governo che venivano in visita, facendone un particolare strumento diplomatico.

                                               FOCUS ITALIA – SANTA SEDE

Anniversario concordato, il Cardinale Parolin: “Si può cooperare insieme per la pace”

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Ci sarà martedì 13 febbraio il consueto bilaterale tra Santa Sede e Italia che serve a stabilire lo stato delle relazioni tra i due Paesi e a ricordare due anniversari: l’11 febbraio 1929 fu infatti firmato in Concordato tra Santa Sede e Italia, mentre il 18 febbraio 1984 fu firmata la revisione del Concordato, che fu sollecitata anche dalla presenza di una nuova Carta Costituzionale italiana.

Sono, dunque, 95 anni di concordato e 40 anni di revisione del concordato, due anniversari importanti, celebrati presso l’ambasciata di Italia presso la Santa Sede con una intera giornata di studi organizzata insieme con la Fondazione Craxi, e terminata con un panel che includeva il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, il vice primo ministro e ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano.

Nell’occasione, è stato firmato anche l’accordo quadro tra Santa Sede e Italia che prevede il trasferimento della sede dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù dalla storica sede di Sant’Onofrio sul Gianicolo alle strutture dell’ospedale Forlanini di Roma, ora dismesso.

Di particolare interesse l’intervento del Segretario di Stato vaticano, che può anche essere letto come una sorta di “linea guida” per quello che sarà il consueto articolo “11 febbraio” sull’Osservatore Romano (che sarà pubblicato il 12 febbraio, considerando che l’11 è una domenica).

Nel suo intervento, il Cardinale Pietro Parolin ha sottolineato che il Concordato ha delineato un “riconoscimento della reciproca autonomia” di Italia e Santa Sede, e che questa visione è stata anche alla base della visione concordataria degli Anni Ottanta. Secondo il Segretario di Stato vaticano, “le soluzioni adottate nel nuovo accordo per la disciplina di materie di comune interesse hanno retto molto bene alla prova del tempo anche grazie ai successivi interventi bilaterali”, i quali “hanno consentito dispiegarsi di collaborazione per bene dell’uomo e del Paese che rappresenta uno dei capisaldi dell’accordo del 1984”.

È in questa cornice, aggiunge il Cardinale Parolin, che si possono delineare alcune priorità da tenere in conto per lo sviluppo delle relazioni tra Italia e Santa Sede.

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La prima è la questione del finanziamento della Chiesa. Il Cardinale chiede, considerando le ricadute positive del sistema, di consolidarlo, e sottolinea “l’impegno della Chiesa nell’utilizzare le somme derivanti dall’8 per mille nel segno di una collettività nazionale e auspicare interventi relativi all’ambito possano realizzarsi secondo il canone di bilateralità e uno stile di dialogo che ne assicurano la condivisione e la tenuta nel tempo”.

Quindi, il Cardinale spiega che Italia e Santa Sede sono chiamati a collaborare insieme sul tema della pace, “rispetto al quale l’impegno umanitario rappresenta la stella polare”. E dunque, aggiunge, “di fronte al moltiplicarsi degli scenari di guerra e alle disumane sofferenze che derivano per interi popoli siamo chiamati a rinnovata assunzione di responsabilità e impegno alla ricerca di soluzioni giuste e realistiche per mettere fine ai conflitti”.

Il capo della diplomazia pontificia sottolinea che “è venuto il tempo di dire no alla guerra: solo la pace è giusta, stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio della deterrenza”.

Terzo campo di impegno comune è l’assistenza ai migranti e alle persone economicamente e socialmente più svantaggiate. L’urgenza del tema non consente “rimozione e disimpegno”, né giustifica “misure parziali o emotive”. Sembrano piuttosto “necessari interventi in grado di garantire il rispetto e la salvaguardia della persona umana”.

Ci vogliono, ammonisce Parolin, anche misure di sostegno per le persone socialmente più svantaggiate, da realizzare “con adeguate politiche per il lavoro, condizione necessaria per costruire una esistenza libera”.

Insomma, su “immigrazione e lavoro può svilupparsi un dialogo tra Chiesa e Stato, animato da uno spirito di doverosa e fattiva solidarietà”.

Il cardinale Parolin evoca anche una comune consapevolezza nel “contrastare il fenomeno della denatalità”, perché “una società che non genera figli è ripiegata su stessa, soffre la mancanza di ragioni ideali e ragioni pratiche”, e dunque si tratta di un “fenomeno preoccupante, che richiede una seria riflessione sulle ragioni profonde e rimedi”, nonché una inversione di tendenza da svolgere con “adeguate politiche di sostegno”.

Infine, c’è il grande tema della preparazione al Giubileo. Il cardinale Parolin sottolinea che si tratta di un “evento che per sua complessità e importanza non solo per la comunità ecclesiale richiede più di altri reale volontà di dialogo. Nelle occasioni precedenti, in particolare in Giubileo del 2000, le possibilità di utilizzare migliori risorse messe a disposizione ha consentito il raggiungimento di tutti gli obiettivi concordati, e resto fiducioso che grazie al comune impegno lo stesso risultato potrà essere raggiunto per Giubileo prossimo”.

Il cardinale Parolin, in Terrasanta “in corso trattative per la liberazione degli ostaggi”

A margine della giornata di studi per i 40 anni della revisione del Concordato, il Cardinale Parolin si è soffermato con i cronisti, commentando alcune notizie di attualità.

Rispondendo ad una domanda sulla protesta dei trattori che sta imperversando in Europa, il Cardinale ha affermato che “vanno ascoltati, ci deve essere un dialogo, una apertura al dialogo in vista della sostenibilità delle piccole e medie aziende e di un futuro per le aree rurali”. Il cardinale ha aggiunto che l’impegno è sempre “che la persona sia messa al centro di tutto, quindi sia salvaguardata nella sua dignità e possa davvero esprimere le migliori proposte”.

Per quanto riguarda la situazione in Medio Oriente, il segretario di Stato ha detto che ci sono delle trattative in corso per la liberazione degli ostaggi, e ha aggiunto: “Certo, non sembra che le speranze si concretizzino, queste speranze che ogni tanto si aprono. Però speriamo che lentamente si possa arrivare a un accordo e una soluzione con la liberazione degli ostaggi e un cessate il fuoco. E poi l’avvio di una trattativa per una soluzione definitiva del problema”.

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                                               FOCUS FRATERNITÀ UMANA

Papa Francesco in Arabia Saudita?

 In occasione del quinto anniversario della firma della Dichiarazione della Fraternità Umana insieme al Grande Imam di al Azhar, si è parlato anche di prossimi passi di dialogo di Papa Francesco nei confronti dell’Islam. Ancora non è ufficializzato un viaggio ad agosto, che Papa Francesco ha già fatto sapere dovrebbe toccare Papua Nuova Guinea, Timor Est e Indonesia, la più grande nazione islamica del mondo – e forse anche il Vietnam, perché c’è un invito ufficiale e un favorevole momento diplomatico.

Ma, in vista del quinto anniversario della Dichiarazione, mentre l’ultimo incontro del Papa con il Grande Imam di al Azhar risale ormai al viaggio in Kazakhstan nel 2022, si è parlato anche di un possibile viaggio del Papa in Arabia Saudita. Ipotesi suggestiva, ma in fondo inverosimile, considerando che l’Arabia Saudita non ha alcun rapporto diplomatico con la Santa Sede e nel suo territorio, considerato sacro dall’Islam, non sorge nemmeno una chiesa.

Eppure, i cardinali Bechara Rai e Jean Louis Tauran hanno fatto visita al Paese, e il secondo fu addirittura in grado di celebrare una Messa, mentre la Santa Sede è un osservatore del KAICIID, il centro per il Dialogo Interreligioso fondato e finanziato da Re Abdullah, che ha avuto una prima sede a Vienna e che ora si trova a Lisbona. Diversi anche i contatti con la Lega Musulmana Mondiale, che ha sede in Arabia Saudita: il Papa li ha ricevuti nel 2017, mentre recentemente è stato il Cardinale Schoneborn, su invito della Lega, a visitare l’Arabia Saudita nel marzo 2023.

Di un possibile viaggio del Papa in Arabia Saudita ha parlato anche Felix Körner, il quale, parlando il 2 febbraio con il portale Qantara di Deutsche Welle, ha notato che “non c’è alcuna amicizia speciale” tra Papa Francesco e alcun interlocutore saudita.

Körner, 61 anni, gesuita, professore all’università Humboldt di Berlino, tra i più grandi esperti cattolici di Islam ha sottolineato quanto Francesco sia impegnato nel dialogo con i musulmani, perché il Papa ha “voglia di superare i muri”, e ha descritto il documento sulla Fraternità Umana come “il miglior punto di partenza per incontri cristiano-islamici, soprattutto nelle università”.

Tuttavia, ha aggiunto il professore, il Grande Imam di al Azhar e il Papa hanno profili differenti, perché al Tayyb non è il leader religioso di tutti i musulmani del mondo, e inoltre “questa forma di “rappresentanza personale” coltivata dalla Chiesa cattolica è estranea anche all’Islam”.

A cinque anni dal documento della Fraternità Umana

A celebrare il quinto anniversario del documento sulla fraternità umana ad Abu Dhabi c’erano i Cardinali Leonardo Sandri, prefetto Emerito del Dicastero per le Chiese Orientali, e Miguel Ayuso, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso. E poi, una serie di studiosi, professionisti del dialogo, che hanno partecipato all’evento celebrativo “Human Fraternity Majlis”. Dal 4 al 7 febbraio, studiosi cristiani e musulmani appartenenti alla piattaforma universitaria di ricerca sull’Islam PLURIEL si sono incontrati nell’ambito delle celebrazioni.

A cinque anni della firma del Documento della Fraternità Universale, ci sono stati diversi sviluppi. Prima di tutto, Papa Francesco ha scritto una enciclica, la Fratelli Tutti, e poi ha fatto visite in altri paesi musulmani rafforzando il messaggio. La dichiarazione, infatti, è stata firmata con Grande Imam di al Azhar Ahmed bin Tayyb, e nasce all’interno dell’Islam sunnita, che ha avuto un movimento di riforma ampio cominciato con la Dichiarazione di Marrakech sulla cittadinanza, e culminato con una conferenza in Libano e poi una in Egitto, alla quale Papa Francesco ha partecipato durante il suo viaggio nel Paese nel 2017.

Durante il viaggio in Iraq nel 2021, dunque, Papa Francesco ha incontrato il Grande Ayatollah al Sistani, come caldeggiato dal Cardinale Rafael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, che chiedeva di aprire il documento anche all’Islam sciita e magari di siglarne un nuovo.

È stato un incontro di profondo dialogo: il 90enne leader dell’Islam sciita, ascoltatissimo in Iraq e nel mondo, portavoce di una visione “quietista” della religione, si è alzato in piedi per accogliere il Papa, lui che, a motivo della sua autorità, riceve ogni ospite da seduto. Il Papa ha tolto le scarpe in segno di rispetto, alla maniera araba.

Quell’incontro non ha portato alla firma di un nuovo documento della Fraternità Universale, come era successo ad Abu Dhabi. Ma ha portato di certo alla proclamazione di una “Giornata Nazionale della Tolleranza e della Coesistenza in Iraq”, annunciato da un tweet nella giornata di ieri dal Primo Ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi. E c’è già un logo per la giornata, disegnato da Chocolate Sarayi, che sarà celebrata dal prossimo anno.

Così, come il documento di Abu Dhabi ha portato alla celebrazione di una Giornata della Fraternità che è poi diventato un appuntamento nazionale delle Nazioni Unite, così il viaggio in Iraq di Papa Francesco, caratterizzata dall’incontro con al Sistani, ma anche dall’incontro interreligioso nella piana di Ur da dove Abramo partì per la terra promessa, ha dato nuovo peso al dialogo”.

Quindi, il viaggio in Bahrein, nel 2022, dove è stata inaugurata anche la Cattedrale di Nostra Signora di Arabia. Da sempre, il Bahrein mostra un volto tollerante nei confronti delle altre fedi, cercando di differenziarsi dalle altre nazioni del Golfo laddove la libertà religiosa sembra essere più a rischio. Così, di fronte agli sforzi del mondo sunnita di caratterizzarsi sul tema della fraternità, il Bahrein ha da tempo avviato un lavoro per la coesistenza pacifica delle fedi, passato un po’ sottotraccia, ma che vuole mostrare una attitudine precisa del reame bahreinita.

Il Papa durante il viaggio partecipò anche al “Global Interfaith Forum” si terrà nella capitale Manama il 3 e 4 novembre, sotto il patronato di Sua Maestà il Re Hamad bin Isa Al Khalifa, sul tema L’Est e l’Ovest per la coesistenza umana”. Il Forum era organizzato dal Consiglio Supremo per gli Affari Islamici del Bahrein, in cooperazione con il Consiglio Islamico degli Anziani e, appunto, il King Hamad Global Center for Peaceful coexistence.

Sono tutti questi i frutti del documento della Fraternità Umana firmato ad Abu Dhabi. Va segnalato anche il dialogo aperto con il Marocco durante il viaggio del Papa nel 2019. Il Marocco ha un Islam peculiare, guidato dal re, molto tollerante, e la visita di Papa Francesco nel Paese portò ad una dichiarazione congiunta su Gerusalemme, tema oggi quanto mai attuale.

                                                           FOCUS EUROPA

COMECE, ok con riserva alla condanna UE degli attacchi contro i cristiani in Nigeria

Tra il 23 e il 25 dicembre 2023, uomini armati hanno lanciato un attacco su larga scala in più di 160 villaggi nelle aree di competenza di Bokkos, Barkin Ladi e Magu dello stato di Plateau in Nigeria. Gli attacchi hanno provocato la morte di diverse persone e di almeno 200 cristiani.

L’8 febbraio, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione lo scorso 8 febbraio, in cui gli attacchi vengono condannati. La COMECE, pur apprezzando il testo, mette in luce come la risoluzione “minimizzi la dimensione religiosa del conflitto”.

La risoluzione mette in luce “il ruolo del cambiamento climatico, della competizione per le risorse scarse e della scomparsa di efficaci schemi di mediazione”. 

I vescovi della COMECE nota che sì, questi sono fattori contestuali del conflitto, ma che il conflitto ha anche una dimensione religiosa, come evidenziato dal cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, che è stata minimizzata nella risoluzione del Parlamento europeo.

Secondo un comunicato della Conferenza episcopale cattolica della Nigeriai continui disastri causati dai pastori armati in varie parti del nostro Paese, non possono più essere trattati come un semplice scontro tra pastori e agricoltori . Le loro attività [dovrebbero essere] trattate come atti di terrorismo”.

Commentando il recente voto al Parlamento europeo, padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece, afferma che “le pressioni ambientali ed economiche non possono spiegare a sufficienza la ferocia degli attacchi e le loro modalità coordinate e sistematiche commesse dai terroristi islamici Fulani”.

Gli attacchi della vigilia di Natale del 2023 menzionati nella risoluzione del Parlamento europeo non sono casi isolati. 

In un attacco del gennaio 2024, i terroristi infiltrati Fulani uccisero più di 30 persone e distrussero diverse case e centri di culto. Lo scorso settembre, il seminarista Na'Aman Danlami Stephen della diocesi di Kafanchan è stato bruciato vivo in un atroce attacco terroristico. Inoltre, oltre 2 milioni di cristiani nello stato di Benue sono stati sfollati interni a causa della violenza.

La COMECE sottolinea che “gli autori di questi crimini, gli estremisti islamici, compresi i jihadisti, godono dell’impunità, poiché raramente vengono perseguiti e condannati”.

Già nel 2020, il Parlamento europeo aveva denunciato che “oltre 6.000 cristiani sono stati assassinati dal 2015 da gruppi jihadisti o sono morti a causa della politica 'la tua terra o il tuo sangue' portata avanti dai militanti Fulani”.

La COMECE esprime profonda preoccupazione per la persecuzione subita dalle comunità cristiane in Nigeria e invita le istituzioni dell'Ue a dare una risposta più decisa e forte al terrorismo islamico in Nigeria.

Padre Barrios Prieto sottolinea che “non dovrebbe più essere tollerato che tutti questi crimini restino irresponsabili. Il governo nigeriano ha la responsabilità di proteggere i suoi cittadini, comprese le comunità cristiane sistematicamente perseguitate”.

Per questo – si legge nel comunicato – “la COMECE invita urgentemente l’Unione Europea ad adottare misure forti in linea con la sua legislazione e ad utilizzare canali diplomatici per garantire la protezione di tutti i cittadini in Nigeria. In questo contesto, anche l’inviato speciale dell’UE per la libertà di religione o di credo e il rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani potrebbero fornire un prezioso contributo”.

Già nel maggio 2020 la COMECE aveva invitato la comunità internazionale a fermare la crescente persecuzione dei cristiani in Nigeria. Nel maggio 2023 la COMECE ha ricevuto il vescovo Matthew Hassan Kukah di Sokoto, e ha facilitato un incontro di dialogo con i rappresentanti dell'UE e dei suoi Stati membri.

La commissione UE a colloquio con i rappresentanti religiosi

Lo scorso 18 gennaio, una delegazione della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (UE) ha preso parte all’incontro di alto livello tra la Commissione Europea e i leader religiosi, come previsto dall’articolo 17 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea”, che prevede un dialogo aperto, trasparente e regolare tra l’Unione e le Chiese, associazioni o comunità religiose. Responsabile del dialogo è il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas, che ha organizzato l’incontro.

Il tema dell’incontro è stato “Lo stile di vita europeo in tempi di instabilità”. La delegazione della COMECE era guidata dal vescovo Mariano Crociata, presidente dalla COMECE, e includeva anche il vescovo Hoogenboom, ausiliare di Utrecht.

Il vescovo Crociata ha notato che “le recenti crisi hanno anche rafforzato il senso di comunità in Europa, contribuendo a realizzare il valore profondo del progetto di integrazione europea e dei suoi valori fondamentali, vale a dire la dignità umana, la solidarietà, l’unità e la fraternità”.

Crociata ha anche fatto riferimento al conflitto in Ucraina, e ha voluto mettere in luce che questa guerra nel cuore dell’Europa “sembra offrire anche un’opportunità per riscoprire l’importanza strategica del processo di allargamento dell’Unione Europea per la stabilità, la prosperità e la pace in Europa”.

Il vescovo Hoogenboom, che nella COMECE presiede la commissione per gli Affari Giuridici, si è soffermato nel suo intervento dei conflitti attuali e delle crescenti tensioni internazionali.

“Come vescovi della COMECE – ha detto - abbiamo ripetutamente espresso la nostra gratitudine ai decisori europei per i loro instancabili sforzi nel mostrare solidarietà e fornire un’assistenza senza precedenti all’Ucraina e al suo popolo. Oggi vorremmo ribadire il nostro forte incoraggiamento ai leader europei a mantenere questa unità e a restare impegnati nel progetto europeo. Allo stesso tempo, però, non possiamo smettere di chiedere l’intensificazione degli sforzi diplomatici multilaterali per una soluzione duratura alla guerra in vista di una pace giusta, in conformità con il diritto internazionale e con i principi di sovranità, integrità territoriale e responsabilità”.

Hoogenboon si è soffermato anche su altri due aspetti. Il primo, la risposta dell’UE alla pandemia del COVID 19. C’è bisogno – ha detto il vescovo – di “rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri dell’UE e le istituzioni dell’UE per […] costruire una resilienza strategica per un’Europa della salute”, nonché di “lavorare per la salute pubblica globale come bene pubblico e a garantire l’accesso ai vaccini per tutti come imperativo morale globale”.

Quindi le migrazioni. L’UE ha appena siglato un patto su migrazione e asilo, e tuttavia secondo il vescovo alcuni aspetti dell’accordo potrebbero essere migliorati, perché “canno evitati possibili ritorni in paesi o aree non sicure. Il rispetto della dignità umana e la promozione del bene comune, che comprende solidarietà e responsabilità, devono essere i principi guida delle politiche di migrazione e asilo”.  

Il Cardinale Zuppi a Varsavia, le vittime civili in guerra non sono collaterali

Lo scorso 5 febbraio, il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e inviato speciale del Papa in Russia e Ucraina, ha partecipato a Varsavia la conferenza sull’emergenza dei profughi ucraini organizzata dall’Università Cardinale Wyszyński.

La conferenza aveva come titolo “Rifugiati in massa dall’Ucraina a causa dell’aggressione russa. Il modello polacco di accoglienza”. L’evento aveva il patrocinio dell’arcivescovo Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza Episcopale polacca, e l’obiettivo di discutere e analizzare la situazione dei rifugiati dall’Ucraina nel contesto del conflitto che va avanti dal febbraio 2022.

Il cardinale Zuppi ha annunciato che la CEI inviterà la prossima estate centinaia di bambini e adolescenti ucraini per passare un periodo in famiglie italiane, e ha commentato anche le tante iniziative umanitarie intraprese dalla Caritas e altre realtà e condividendo anche la sua esperienza della missione per la pace in Ucraina che ha svolto visitando Kyiv, Mosca, Washington e Pechino.

Il Cardinale Zuppi ha messo in luce che “una famiglia su tre ha dovuto lasciare la propria casa, sei milioni di persone sono in diversi Paesi Europei (dei quali un milione in Polonia), i poveri sono raddoppiati in due anni e le Nazioni Unite affermano che 7 milioni di ucraini stanno vivendo in emergenza alimentare”.

Sono numeri che permettono di comprendere “il dramma che stanno vivendo gli uomini dall’inizio della guerra in Ucraine”, dice il Cardinale. E mette in guardia dalla tentazione di abituarsi o stancarsi della guerra, affermando che non si può “accettare che le vittime civili, che sono la maggioranza in ogni guerra, siano considerate dei danni collaterali”.

Per quanto riguarda le iniziative della Santa Sede, il Cardinale Zuppi ha detto che esiste un vero e proprio piano o una mediazione, ma c’è piuttosto “la preoccupazione del Papa di creare tutte le opportunità, vedere, ascoltare e favorire tutto ciò che può portare verso la soluzione del conflitto”.

Riguardo la sua missione di creare un ponte per la restituzione dei minori alle famiglie ucraine, il Cardinale ha parlato di sviluppi positivi, ma ha anche ammesso che “sono troppo pochi i minori che sono tornati nelle loro famiglie”.

L’arcivescovo Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza Episcopale polacca, ha invece messo in luce le attività della polonia in favore della pace, notando che “milioni di polacchi hanno aperto le proprie case e il proprio cuore per i rifugiati dall’Ucraina. La Chiesa in Polonia ha organizzato molti posti disponibili per i rifugiati nei centri della Caritas e nelle case di riposo e di pellegrinaggio, nei monasteri maschili e femminili, nei seminari, nei centri di proprietà di movimenti e comunità e tramite le parrocchie”.

I profughi, ha aggiunto il presidente dei vescovi polacchi, hanno trovato rifugio anche nelle case private dei fedeli e di molti vescovi, e “non c’è stata parrocchia in Polonia che non abbia aiutato i rifugiati... Fenomenale è stata però in quel momento l’accoglienza su vasta scala dei rifugiati da parte delle famiglie polacche in case private”.

Secondo i dati, 525 mila rifugiati dall’Ucraina hanno trovato accoglienza in famiglie nelle dodici città principali della Polonia, superando la sfida della lingua ma anche il fatto che la maggioranza dei rifugiati dell’Ucraina era composta non da cattolici romani, ma da ortodossi e greco-cattolici.

Gądecki ha dunque rimarcato che il loro compito è stato di “condividere luoghi e permessi”, permettendo a confessioni cristiane differenti di celebrare la liturgia con rito orientale o persino ortodosso.

La vicepresidente del governo spagnolo da Papa Francesco

Il 2 febbraio, Yolanda Diaz, vicepresidente dell’Esecutivo spagnolo, ha avuto una udienza privata con Papa Francesco. È la seconda volta che avviene un incontro di questo genere. L’incontro è durato un po’ di più di una ora e – secondo una comunicazione dell’ufficio della vicepresidente – ha riguardato diversi temi, come le guerre in corso i problemi del lavoro.

Parlando con i giornalisti a margine dell’incontro, Diaz ha confermato di aver avuto con il Papa “una ampia conversazione sulla necessità di un tempo per la vita, un tempo di lavoro e un tempo di riposo”.

Diaz ha anche aggiunto di aver parlato “dei grandi debiti che abbiamo con l’umanità. Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire nuovi diritti sociali, ridurre la disuguaglianza e porre in comune le risorse pubbliche e private per avere un po’ di giustizia nel mondo”.

Diaz e Francesco – ha detto la vicepresidente del governo spagnolo – ha sottolineato che i temi del lavoro degno e della dignità nel mondo lavoro sono temi condivisi con Papa Francesco, il quale “è il miglior ambasciatore di un lavoro degno per tutti nel mondo”.

Diaz ha detto anche di aver parlato di diritti umani, guerre, e si è detta ottimista di una possibile visita di Papa Francesco alle Canarie, lì dove è stato invitato un paio di settimane fa dai vescovi delle Canarie e dal presidente delle isole.

                                                             FOCUS AFRICA   

Il Cardinale Czerny in Sud Sudan

Il Cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale,  stato negli scorsi giorni in visita in Sud Sudan, e ha presieduta una Messa nella cattedrale di Santa Teresa a Juba il 4 febbraio.

Il viaggio si iscrive nelle celebrazioni per il primo anniversario del pellegrinaggio ecumenico di Papa Francesco in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan insieme all’arcivescovo Justin Welby, primate della Chiesa Anglicana e arcivescovo di Canterbury, e Iain Greenshields, moderatore generale della Chiesa Presbiteriana Scozzese.

Nell’omelia, il cardinale Czerny ha sottolineato che la sua visita a nome del Papa “è un altro segno della solidarietà di tutta la Chiesa nella vostra lotta per la pace. Caro popolo di Dio, visto che poco è cambiato o migliorato dall’anno scorso, ripeto il messaggio del Santo Padre alle autorità civili e ai diplomatici a Juba”.

Il Cardinale Czerny ha anche rilanciato l’appello del Papa a costruire la pace. “Lasciatevi alle spalle il tempo della guerra e lasciate che sorga un tempo di pace!”, ha detto, ribadendo i discorsi del Papa di un anno fa.

Inoltre, il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha rimarcato l’invito di Papa Francesco ad ognuno perché “è giunto il momento di smettere di farsi trascinare dalle acque contaminate dell’odio, del tribalismo, del regionalismo e delle differenze etniche”, di generare cambiamenti che siano “sorgenti fresche e vivificanti”. Il cardinale ricorda che ci sono molti attori, tra questi anche la Chiesa, che stanno lavorando per la riconciliazione, che stanno pregando e lottando per la pace”,

                                                                FOCUS ASIA

Myanmar, a dicembre benedetta la sede della nunziatura apostolica

Santa Sede e Myanmar hanno stabilito piene relazioni diplomatiche nel 2017, cosa che ha permesso anche un viaggio del Papa nel Paese. Nel frattempo, la situazione è deteriorata, e il giogo militare ha ripreso il controllo, attaccando chiese e comunità cattoliche, oltre che tenendo il Paese sotto un controllo strettissimo. Le relazioni diplomatiche non si sono tuttavia interrotte, e il 16 dicembre 2023 è stata benedetta la Nunziatura apostolica, che ha sede a Yangon.

Erano presenti alla cerimonia il Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, il vescovo ausiliare di Yangon Noel Saw Naw Aye, e monsignor Andrea Ferrante, incaricato d’affari presso la nunziatura apostolica. Inoltre, erano presenti alcuni rappresentanti del comitato “Religions for Peace Myanmar”.

Monsignor Ferrante ha tenuto un intervento introduttivo, mentre il Cardinale Bo ha presieduto la preghiera di benedizione. È stato letto anche un messaggio del Santo Padre a firma del Cardinale Pietro Parolin.

Bo ha espresso gioia e gratitudine per l’apertura della rappresentanza pontificia in Myanmar. Secondo Bo, questo è un segno di speranza per il Paese, considerando la sua attuale condizione di instabilità.

Filippine, i vescovi chiedono prudenza prima di cambiare la costituzione

Nelle Filippine, è in corso una campagna di firme per cambiare la costituzione della legge del 1987.

I vescovi delle Filippine hanno chiesto confronto, riflessione e discernimento approfondito prima della modifica della Carta Costituzionale, definendo l’iniziativa popolare che chiede il cambiamento della costituzione “di cattivo gusto”.

Il vescovo Pablo Virgilio David di Kalookan, presidente della Conferenza Episcopale delle Filippine, insieme al vicepresidente Mylo Hubert Vergara, e poi a Pedro C. Quitorio III, direttore dell’ Ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale, Colin Bagaforo, presidente della Commissione episcopale per l’azione sociale, la giustizia e la pace, hanno esposto e spiegato le ragioni della Chiesa.

Il vescovo David ha sottolineato che “la modifica della Costituzione non deve essere presa alla leggera perché quella Carta è il frutto del sangue, del sudore e delle lacrime del popolo filippino”, e l’obiettivo è di “evitare che il Paese cada nell’autoritarismo”, dopo aver licenziato la Costituzione nel 1987 con la riconquista della democrazia dopo il governo e la dittatura di Ferdinand Marcos.

Attualmente, il presidente è Ferdinand Marcos Jr., figlio del presidente.

La Carta Costituzionale ha disegnato una repubblica presidenziale con un parlamento bicamerale.

Il progetto di revisione della Costituzione, invece, prevede che il Congresso (la Camera bassa) voti le leggi e decida sugli emendamenti, togliendo così al Senato il suo ruolo di ramo paritario.

Il vescovo David ha detto che “vorremmo avviare conversazioni, discussioni e approfondimenti nelle nostre parrocchie e comunità ecclesiali di base, soprattutto se ci sono ancora forze che spingono per il cambiamento della Carta in qualsiasi forma”.

E questo perché – ha aggiunto – “se mancano educazione e consapevolezza pubblica al riguardo, la petizione popolare sarà in qualche modo ingannevole”.

Il vescovo Hubert Vergara, vicepresidente, ha sottolineato che è necessario educare i giovani sull’argomento perché “quando si tratta di elezioni o di scelte politiche pubbliche, i giovani devono essere consapevoli di ciò che sta accadendo in modo da poter coltivare la giusta mentalità e prendere le giuste decisioni”.

 Il Vescovo Colin Bagaforo, presidente della Commissione episcopale per l’azione sociale, la giustizia e la pace della CBCP, ha osservato che “non è del tutto negativo modificare la Costituzione, ma questo richiede certamente un processo chiaro e ordinato. Se c’è questa intenzione, la componente educativa è fondamentale”. Ci vuole, insomma, una consultazione che raggiunga la base più ampia possibile, perché tutti possano valutare i pro e i contro.

Ufficialmente lo scopo principale della riforma costituzionale è quella di avere nuove disposizioni economiche favorevoli e vantaggiose per le imprese, ma, nota con Fides il redentorista Amado Picardal, “il Congresso, sotto la precedente amministrazione del Presidente Rodrigo Duterte, ha già approvato leggi ordinarie che hanno reso più facile per gli investitori stranieri operare nelle Filippine. Il cambiamento della Carta non è incluso nel piano economico a lungo/medio termine del governo. Se non è necessario per ragioni economiche, qual è realmente il motivo della mossa di Marcos-Romualdez? Possiamo solo sospettare che sia politico. Al di là delle misure economiche, l’obiettivo potrebbe essere quello di cambiare la forma di governo. Se ciò fosse vero, questo potrebbe essere un mezzo per perpetuarsi al potere”.

                                                                 FOCUS I.A.                               

Intelligenza artificiale, ad Hiroshima sarà firmato un appello

La Rome Call of AI Ethics, il documento che chiede di dare degli indirizzi morali all’intelligenza artificiale, sarà firmato anche dalle grandi religioni asiatiche in un incontro che avrà luogo a luglio a Hiroshima. Lì dove sono stati visti i devastanti danni della tecnologia quando usata contro l’uomo, dunque, sarà firmata la carta proposta nel 2020 dalla Pontificia Accademia per la Vita insieme alla FAO e ad alcune delle più importante aziende informatiche del mondo per promuovere la “algoretica”.

Quest’anno, la Santa Sede ha fatto dell’intelligenza artificiale un tema centrale della sua attività diplomatica. Già a settembre, durante l’assemblea generale delle nazioni Unite, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, aveva chiesto una autorità internazionale per regolare l’intelligenza artificiale. Poi, Papa Francesco ne ha fatto il centro del suo messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace, “Intelligenza artificiale e pace”, ponendo la questione al centro dell’agenda diplomatica della Santa Sede per il 2024.

L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha annunciato la firma del documento ad Hiroshima nel discorso che ha tenuto all’Assemblea plenaria della Conferenza dei Vescovi di Rito Latino della Chiesa Indiana.

L’arcivescovo ha ricordato che l’appello è stato già firmato nel 2022 da ebrei e musulmani. Paglia ha parlato di una responsabilità etica. “Siamo consapevoli - ha detto - che a questa domanda etica possono esserci risposte articolate e complesse, non necessariamente sempre univoche e semplici - ha commentato ancora il presidente della Pontificia Accademia per la vita -. Siamo chiamati a regolamentare un fenomeno in rapidissima crescita e globale, mettendo insieme culture e tradizioni molto diverse. Non può non farci riflettere il fatto che l'intelligenza artificiale sia fatta con minerali cinesi e africani, idee occidentali e amministratori delegati indiani”.