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Francia, verso la riapertura di Notre Dame. L’arcivescovo di Parigi: “È un rinascimento”

L’arcivescovo Ulrich commenta con ACI Stampa il senso dell’apertura della cattedrale di Parigi, a cinque anni dall’incendio

Arcivescovo Ulrich | L'arcivescovo di Parigi Ulrich davanti l'altare in ricostruzione di Notre Dame, immagine da un documentario | Vatican News Arcivescovo Ulrich | L'arcivescovo di Parigi Ulrich davanti l'altare in ricostruzione di Notre Dame, immagine da un documentario | Vatican News

A cinque anni dall’incendio che colpì Parigi e la Francia come un pugno in pieno viso, Notre Dame de Paris, la cattedrale di Parigi, un simbolo dell’unità nazionale, viene riaperta al culto. Tutto è pronto per la celebrazione dell’8 dicembre, quando l’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich riconsegnerà la cattedrale ai parigini. I lavori, in quel momento, non saranno del tutto terminati, ma sarà già visibile una cattedrale rinnovata nei colori, più ariosa, ma tutto sommato sempre lo stesso cuore spirituale della Francia.

Per l’arcivescovo Ulrich, la riapertura si può considerare un vero Rinascimento, e si tratterà di un giorno molto importante. L’arcivescovo di Parigi ne parla con ACI Stampa.

Che significato ha la riapertura di Notre Dame?

È un rinascimento. Una riscoperta per i sacerdoti e per i fedeli di Parigi, che aspettano questo momento da cinque anni. Ci sono una quarantina di sacerdoti recentemente ordinati che non hanno mai avuto l’opportunità di celebrare o assistere ad una celebrazione nella nostra cattedrale. Si tratta di un giorno che sarà certamente memorabile, di una gioia profonda, al dilà di Parigi, in Francia e nel mondo. Notre Dame, infatti, è punto di riferimento anche per chi nell’arcidiocesi di Parigi è di passaggio. Tutti conoscono Notre Dame, anche gli stranieri le sono molto affezionati.

Perché questo affetto?

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È una chiesa che ha una architettura molto equilibrata. Soprattutto, è una chiesa che rappresenta un simbolo dell’Europa cristiana, e dell’Europa Medievale, che ha superato i secoli. È da notare che Notre Dame de Paris è solo recentemente diventata un simbolo nazionale.

Come e quando è avvenuto che Notre Dame è diventata simbolo nazionale?

Notre Dame ha cominciato ad avere un rilievo nazionale a partire dal XIX secolo, quando Napoleone scelse la cattedrale per farsi incoronare come imperatore dei Francesi. E poi, dopo Prima Guerra Mondiale e dopo la Seconda Guerra Mondiale, si sono tenute a Notre Dame diverse cerimonie per ringraziare della Liberazione di Parigi, nell’agosto 1944, e alla fine della guerra nel maggio 1945. Fu in quel momento che prese definitivamente una dimensione nazionale.

La rinascita di Notre Dame di oggi si può paragonare alla rinascita di dopo la guerra?

Il sentimento nazionale è lo stesso, ma la situazione è diversa. Nel 1944-45, molti francesi erano ancora praticanti regolari, frequentavano la Messa regolarmente. Oggi non è più lo stesso. Per molti andare Notre Dame è una scoperta, a volte spirituale, ma sopratutto culturale. Io però desidero che le persone che vengono a Notre Dame non scoprano solo un monumento nazionale, ma un luogo di preghiera cristiana, e che il percorso di visita – che abbiamo ripensato per questa riapertura – faccia conoscere a tutti qualcosa della fede cristiana. Tutti non diventeranno cristiani, ma tutti hanno il diritto di sentir parlare della fede cristiana.

La visita di Notre Dame restaurata porterà delle sorprese?

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Credo che la sorpresa sarà nell’architettura. Chi la visiterà, potrà trovare uno spazio che appare più grande, perché è diventato di nuovo chiaro. Notre Dame sarà chiara, ritroverà i suoi colori originali, e questi colori la renderanno più larga e spaziosa. Il nuovo mobilio liturgico – l’altare, il battistero, etc. –, il percorso della visita, poi, porteranno a scoprire la fede ebraico-cristiana attraverso le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, si percorreranno le vite dei Santi della Chiesa di Parigi. Sarà la storia della Chiesa che si renderà presente a Notre Dame.

Che messaggio può dare Notre Dame all’Europa?

Spero sia un messaggio di pace. Spero che la riapertura di Notre Dame, riunendo numerosi capi di Stato, vescovi di diversi paesi del mondo, darà il segno che la fede cristiana è portatrice di pace e fratellanza.

Notre Dame ha assunto particolare importanza anche per le conferenze della Quaresima. Di cosa si tratta?

Prima di tutto, vorrei ricordare che in questi anni le conferenze di Quaresima non sono state sospese, ma trasferite nella chiesa di St. Germain l’Auxerrois dal 2020 al 2024. È infatti importante per Notre Dame non perdere questa tradizione, iniziata dal beato Frédéric Ozanam nel 1835. Per l’edizione del 2025, la prima nella cattedrale rinnovata, tratteremo della figura della Vergine Maria, madre della Chiesa, madre dei popoli, madre dei cristiani, regina degli apostoli.

C’è una speranza per la fede in una Francia sempre più secolarizzata?

La fede della gente non dipende certo da me, ma quello che posso fare è lavorare perché la fede cristiana sia conosciuta meglio, sia più visibile, possa essere proposta. Io sono un sostenitore di quella che nella Chiesa di Francia chiamiamo la proposta di fede nella società. Per fare questa proposta, dobbiamo partire da un vero ascolto dei nostri contemporanei, che sono alla ricerca di un senso alla loro vita, del senso di una vita data, aperta agli altri e a Dio. Perché la nostra vita non è soltanto una somma di azioni, consumi, piaceri. Il valore di una vita si misura a quanto viene donata per gli altri. Spero che l’incendio di Notre-Dame e soprattutto la sua ricostruzione possano cambiare qualcosa nel cuore dei nostri contemporanei. Devo dire che un segno forte è la crescita dei catecumeni in Francia. I catecumeni adulti sono numerosi, anche se non è il numero che a noi interessa. Quello che conta è che nel nostro mondo di oggi, ci sono uomini e donne che testimoniano che una vita di consumi, puramente materialista, fatta di soddisfazioni passeggere, non gli basta. Dicono “abbiamo bisogno di una profondità nella nostra esistenza, abbiamo bisogno di sperare nell’avvenire, abbiamo bisogno di pensare che il nostro mondo puo non rinchiudersi sui propri conflitti, ma al contrario aprirsi verso gli altri e verso Dio”.