Mindong , giovedì, 6. febbraio, 2025 14:00 (ACI Stampa).
Le immagini diffuse da Asia News colpiscono perché raccontano una realtà che sembra non esistere. Perché mentre la Cina continua a nominare vescovi (tre nell’ultimo mese) sulla base dell’accordo provvisorio con la Santa Sede, e mentre la Santa Sede accetta di discutere con la Cina una nuova suddivisione delle diocesi più rispondenti ai criteri cinesi (una nuova diocesi eretta dall’inizio dell’anno), ancora ci sono vescovi agli arresti domiciliari perché non hanno aderito all’Associazione Patriottica, e da lì, tendendo una mano fuori dalla porta, sono costretti a celebrare anniversari importanti, come il loro quarantesimo di ordinazione.
È il caso del vescovo Vincenzo Guo Xijing. Questi, ai sensi dell’Accordo provvisorio tra Roman e Pechino, era stato indicato dalla Santa Sede nel ruolo di vescovo ausiliare di Mindong. Era vescovo sotterraneo della diocesi, ma il ruolo di vescovo “ufficiale” è andato a Vincenzo Zhan Silu, che era stato ordinato illegittimamente ma che, proprio a seguito dell’accordo, era stato riaccolto in comunione. -
Roma aveva dunque chiesto al vescovo che le era sempre stata fedele di fare un passo indietro, per permettere dunque una riuscita di un accordo che, sin dall’inizio, si era mostrato con diversi limiti, ma che comunque risultava necessario per poter avere un dialogo con Pechino e poter così creare una comunione con i vescovi cinesi.
Il vescovo Guo, nel 2020, aveva poi deciso di “abbandonare tutte le cariche della diocesi e di ritirarsi a vivere i preghiera”, perché – aveva affermato – “incapace di stare al passo con i tempi e con lo stile della Chiesa in Cina e specificamente nella diocesi di Mindong”.
La scelta derivava dalla sua volontà di non iscriversi all’Associazione Patriottica, l’agenzia di Stato dove tutti i vescovi sono chiamati da Pechino a registrarsi. Dopo la firma dell’accordo, c’era stata anche una crescente pressione da parte delle autorità di Pechino affinché i vescovi che non lo avevano ancora fatto si registrassero, pressioni cui il Cardinale Fernando Filoni, allora prefetto di Propaganda Fide, rispose con un articolo sull’Osservatore Romano in cui metteva in luce come niente nell’accordo prevedesse una affiliazione ad organismi statali.