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Diplomazia pontificia, la Santa Sede per la pace, Parolin a New York

Mediazione pontificia in Russia – Ucraina? Per ora, forse più una facilitazione. Il Cardinale Parolin a New York. Una speranza per il Vietnam?

Cardinale PIetro Parolin | Il cardinale Parolin, con il cardinale Dolan, riceve dall'arcivescovo Caccia il premio Path to Peace | Holy See Mission Cardinale PIetro Parolin | Il cardinale Parolin, con il cardinale Dolan, riceve dall'arcivescovo Caccia il premio Path to Peace | Holy See Mission

Si è parlato a lungo della possibilità che la Santa Sede sia una sede per i dialoghi di pace tra Ucraina e Russia. Leone XIV ha dato la sua disponibilità, e il Cardinale Pietro Parolin ha spiegato che piuttosto si parlerebbe di offrire uno spazio per le trattative, in cui la Santa Sede non sia mediatore, ma piuttosto osservatore.

Tuttavia, la proposta resta ancora molto vaga. L’idea iniziale è stata del presidente ucraino Volodymir Zelensky, che aveva chiesto alla Santa Sede anche di “apparecchiare” l’incontro con il presidente USA Donald Trump nella Basilica di San Pietro il 26 aprile, prima dei funerali del Papa. Leone XIV ha dato la sua disponibilità, che si inserisce nella linea della Santa Sede di offrire un tavolo per la mediazione attuato sin dall’inizio del conflitto. Sia Stati Uniti che Italia hanno mostrato favore pe questa possibilità. Mosca, però, è più tiepida all’idea.

Sebbene si sia registrato una timida apertura al ruolo della Santa Sede da parte del patriarca di Mosca Kirill, la Russia non vedrebbe con favore il Vaticano come territorio neutrale, mentre guarderebbe più alla possibilità di una repubblica islamica, che risponderebbe anche all’esigenza di mostrare una vicinanza all’Islam in crescita in alcune zone dell’immenso Stato russo, anche se si fa largo anche l’ipotesi di Ginevra.

In più, le frizioni tra cattolici e ortodossi, la rottura dei rapporti teologici in seguito al fatto che il Cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, abbia definito una eresia quella di riferirsi ad una guerra santa, creerebbe una sorta di sbilanciamento nei rapporti, secondo Mosca. La Russia sceglie sempre terreni in cui senta i suoi interessi pienamente rispettati.

Si è collegato a questo impegno il viaggio del Cardinale Pietro Parolin a New York, per ritirare il premio della Fondazione Path to Peace assegnato alla Segreteria di Stato. La fondazione supporta la missione della Santa Sede alle Nazioni Unite. Il viaggio di Parolin era previsto da tempo, e il tema dei suoi discorsi è stato “ritarato” sulla recente elezione di Leone XIV. Nelle comunicazioni ufficiali non c’è stato riferimento ad un impegno per la pace in Ucraina. È stato piuttosto enfatizzato l’impegno della Santa Sede in favore di un maggiore impegno nel multilaterale.

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                                                           FOCUS NEW YORK

Parolin a New York, il ricevimento per l’elezione di Leone XIV

Il 19 maggio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, ha partecipato ad un ricevimento alle Nazioni Unite in occasione dell’elezione di Leone XIV.

Nel suo discorso, il cardinale ha sottolineato che “l’elezione di un nuovo Papa è un occasione di rinnovamento, non solo per i cattolici, ma per tutti quelli che cercano un mondo di più grande giustizia, solidarietà e pace”. In particolare, Leone XIV ha espresso, sin dall’inizio, “il suo profondo impegno a costruire ponti, sottolineando il bisogno di incontrarsi, dialogare e negoziare”.

Da parte sua, la Santa Sede riafferma il “supporto affinché la Missione delle Nazioni Unite sia un forum dove gli Stati si impegnino nel dialogo, portando avanti le voci dei loro popoli, e dove le soluzioni alle più grandi sfide dell’umanità vengano forgiate”.

Questo perché – dice il Cardinale Parolin – “in un mondo segnato da divisione, conflitto e questioni globali pressanti, dal cambiamento climatico all’intelligenza artificiale – Leone ci chiede di abbracciare una diplomazia dell’incontro, ovvero una diplomazia che ascolta con umiltà, agisce con compassione e cerca prima di tutto il bene comune”.

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Insomma, “la Santa Sede si impegna a lavorare con voi, i rappresentanti delle nazioni, per promuovere la dignità umana, proteggere i vulnerabili e costruire ponti dove altrimenti prevarrebbe la sfiducia”.

Rivolgendosi poi ai partecipanti all’incontro, il cardinale Parolin ha enfatizzato il loro ruolo come “rappresentanti delle nazioni” nel portare avanti “il tessuto della cooperazione internazionale”, notando come la Santa Sede “riconosca i sacrifici che avete fatto per portare avanti pace e giustizia, spesso di fronte a grande complessità”.

La Santa Sede – ha aggiunto il Segretario di Stato vaticano – “la Santa Sede, impegnata alla verità e alla giustizia, continuerà a offrire la sua voce morale in difesa del povero e di quanti sono nel bisogno, nella ricerca della pace e dello sviluppo umano integrale”.

Parolin a New York, il premio Path to Peace

In una serata di Gala all’Hotel Plaza di New York, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha ricevuto il premio della Fondazione Path to Peace.

Ricevendo il premio, il cardinale ha ricordato che le settimane passate sono state “settimane storiche”, cominciate con la morte di Papa Francesco e culminate con l’elezione di Leone XIV, un tempo di “tristezza e cambiamento, ma anche una celebrazione di continuità e speranza”.

Parolin sottolinea di accettare il premio prima di tutto a nome del Papa e, in particolare, a nome della “Segreteria di Stato, che lavora senza sosta per il Papa per portare avanti la causa della pace e della giustizia nel mondo”. Questo premio, ha aggiunto, è “il riconoscimento della relazione del Santo Padre con le Nazioni Unite”, una relazione “di supporto, sebbene a volte critica”, ma è anche “un tributo a tuti quelli che sono dedicati ad assistere il Papa in questa missione”.

Il Cardinale Parolin ha notato che, al momento, si commemorano “un numero di pietre miliari” nella storia delle relazioni tra Santa Sede e Nazioni Unite: il 60esimo anniversario della visita di Paolo VI al Palazzo di Vetro, il 30esimo anniversario della seconda visita di San Giovanni Paolo II, il decimo anniversario della visita di Papa Francesco.

Ogni Papa – nota il Cardinale – “ha messo in luce il percorso di un mondo più giusto e pacifico, offrendo una salute che trascende i confini del tempo e parla delle eterne ispirazioni dell’animo umano”.

Il segretario di Stato vaticano ricorda in particolare il discorso di Paolo VI, il suo grido “mai più la guerra,” il suo insegnamento che “la pace autentica non può essere meramente assenza di conflitto, ma deve fiorire dalla mutua fiducia e dall’umiltà”, la sua richiesta di fondare su principi spirituali “l’edificio della civiltà odierna” – parole che “hanno ancora oggi la loro urgenza.

Trenta anni fa, invece – sottolinea Giovanni Paolo II – ha fatto eco a quanto aveva detto nel 1979, mettendo l’umanità di fronte alla sfida di affrontare la sua abilità di fare “del gran bene e dell’indicibile crudeltà”, partendo dal presupposto che “ogni individuo ha una dignità inerente e inviolabile”, e articolando la visione di una libertà “fondata sulla verità morale che si iscrive nell’animo umano”, chiedendo “una famiglia di nazioni” basata su fiducia, solidarietà, e mutuo rispetto”.

Benedetto XVI continuò questa tradizione nel 2008, focalizzandosi “sulle sfide di un mondo sempre più globalizzato” e affermando che “la cooperazione internazionale deve essere guidata da discernimento etico e rispetto genuino della dignità umana, piuttosto che dal mero calcolo di interessi o l’arbitrario esercizio di potere”, perché i diritti umani “hanno radice nelle verità universali e immutabili”.

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Papa Francesco, da parte sua, ha definito le Nazioni Unite “necessarie” per affrontare le complesse sfide di fronte all’umanità, e ha parlato dell’interconnessione tra la protezione ambientale e la giustizia sociale, criticando anche la “prevalente cultura dello scarto”.

Quella stessa tradizione – ha detto il Cardinale Parolin – vive ancora oggi, tanto che le prime parole di Leone XIV sono state una invocazione di pace. Non solo. Il Segretario di Stato nota che “la scelta del nome di Leone XIV evoca l’eredità di Leone XIII, e in particolare l’impegno per la dottrina sociale e le nuove sfide dell’industrializzazione date dall’intelligenza artificiale.

Il cardinale Parolin ha sottolineato che “il percorso per la pace deve essere percorso con pazienza e perseveranza, con coraggio e creatività”, e che “i Papi ci hanno mostrato la strada, e ci chiedono che riconosciamo la nostra fondamentale interconnessione tra membri della famiglia umana”.

Aggiunge Parolin: “Mentre siamo sulle spalle di quanti hanno lavorato instancabilmente per la pace prima di noi, ricordiamo che le Nazioni Unite, questa nobile famiglia di nazioni, deve continuamente rinnovarsi, non meramente in senso istituzionale, ma moralmente e spiritualmente. La vera misura del nostro successo sarà trovata non solo in trattati e risoluzioni, ma nella genuina trasformazione del cuore umano verso una più grande giustizia, compassione e reverenza per la dignità di ogni persona”.

Infine, il cardinale Parolin si dice grato alla fondazione Path to Peace, che supporta il lavoro della Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede, e la cui generosità “permette alla missione di funzionare efficacemente, e permette alla voce del Papa di essere ascoltata nella famiglia delle nazioni”.

Il cardinale ricorda in particolare il Cardinale Renato Martino, recentemente scomparso, che ha dato forma alla fondazione.

Il cardinale Parolin alle Nazioni Unite, gli incontri con Guterres e Yunji Yang

Il 20 maggio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha incontrato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, e Philémon Yunji Yang, presidente della 79esimaa sessione dell’Assemblea Generale.

Secondo un comunicato delle Nazioni Unite, “durante la cordiale conversazione, il Cardinale Parolin ha espresso gratitudine per le condoglianza che la famiglia delle Nazioni Unite ha inviato per la morte di Papa Francesco”, e ha espresso apprezzamento per le congratulazioni e i messaggi di speranza con i quali è stata accolta l’elezione di Leone XIV. Inoltre, il Cardinale Parolin ha ribadito il supporto della Santa Sede per le Nazioni Unite come un forum per il dialogo e per la ricerca di soluzioni comuni alle sfide globali.

                                                           FOCUS ELEZIONE PAPALE

Le delegazioni e i bilaterali all’elezione papale

C’erano più di 150 delegazioni alla Messa di inizio pontificato di Leone XIV il 18 maggio. Tra le delegazioni, quella degli Stati Uniti era guidata dal vicepresidente JD Vance e dal segretario di Stato Marco Rubio, entrambi cattolici. Rubio ha avuto un bilaterale con Gallagher il 17, mentre Vance ha avuto un bilaterale dopo l’udienza con Papa Francesco, cui ha partecipato anche Rubio. Una curiosità: nella delegazione degli Stati Uniti, sebbene non annunciato dalle liste vaticane, c’era anche Louis Prevost, il fratello del Papa, con sua moglie. Louis Prevost ha poi salutato Leone XIV come terzo.

Nel bilaterale in Segreteria di Stato tra Vance, Rubio e Gallagher “si è rinnovato il compiacimento per le buone relazioni bilaterali e ci si è soffermati sulla collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, come pure su alcune questioni di speciale rilevanza per la vita ecclesiale e la libertà religiosa”, e si è “avuto uno scambio di vedute su alcuni temi attinenti all’attualità internazionale, auspicando per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale e una soluzione negoziale tra le parti coinvolte”. Come sempre, il testo va letto in controluce. Non si sono affrontati i temi dirimenti, ma soprattutto i temi su cui c’è convergenza, a partire dalla libertà religiosa.

Il 19 maggio, Leone XIV ha ricevuto anche Gustavo Francisco Petro Urrego, presidente di Colombia. Anche questi ha avuto poi un colloquio in Segreteria di Stato, durante i quali è stata sottolineata “la positiva e duratura collaborazione tra la Chiesa e lo Stato a sostegno dei processi di pace e riconciliazione”, e si è parlato della “situazione socio-politica della Colombia e della Regione, con particolare attenzione alle sfide legate alla sicurezza, alle migrazioni e al cambiamento climatico”.

Anche Anthony Albanese, primo ministro di Australia, ha incontrato Leone XIV il 19 maggio. “Durante i cordiali colloqui in Segreteria di Stato – si legge nel comunicato finale  - è stato espresso vivo apprezzamento per le buone relazioni bilaterali fra la Santa Sede e l’Australia, nonché per il contributo della Chiesa cattolica al servizio della società, specialmente nell’ambito educativo. Si è proceduto ad uno scambio di vedute sulla situazione socio-politica del Paese, soffermandosi in modo particolare su temi di comune interesse, tra i quali, la tutela dell'ambiente, lo sviluppo umano integrale e la libertà religiosa”. Il tema della libertà religiosa è dirimente, specialmente in una Australia dove le raccomandazioni per la lotta agli abusi della Royal Commission erano arrivate a mettere in discussione il segreto della confessione.

Sempre il 19 maggio, Leone XIV ha ricevuto Mikheil Kavelashvili, presidente della Repubblica di Georgia, con la consorte, e seguito. Non c’è stato in seguito un bilaterale in Segreteria di Stato, e dunque non ci sono state segnalazioni particolari di temi da trattare.

                                                           FOCUS EUROPA

La COMECE ricevuta dal Papa

Lo scorso 23 maggio, la presidenza della Commissione delle Conferenze Episcopali di Europa, guidata dal presidente, il vescovo Mariano Crociata, è stata ricevuta da Leone XIV. Oltre al presidente Crociata, hanno partecipato all’udienza l’arcivescovo Bernardito Auza, nunzio presso l’UE; i vescovi Antoine Hérouard, Rimantas Norvila, Nuno Brás da Silva Martins, Czeslaw Kozon, vicepresidenti; padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della COMECE, e l’assistente del segretario generale Alessandro Calcagno.

I colloqui si sono concentrati, hanno poi spiegato i partecipanti in una conferenza stampa successiva, sulla preoccupazione per la pace, in particolare in merito alla crisi in Ucraina, e la questione del riarmo, "sul quale il Papa ha espresso il timore che una maggiore attenzione per la spesa in armamenti vada a discapito del sostegno ai più bisognosi e ai più fragili".

Crociata ha detto che il Papa "ha voluto soprattutto ascoltarci liberamente, senza fornire indicazioni precise in questa fase, e in ciò abbiamo notato una grande attenzione da parte sua per l’Europa-istituzione, nata come progetto di pace, e per il suo funzionamento".

Crociata ha aggiunto che l’Europa "affronta un momento delicato di confronto con la nuova amministrazione statunitense, insediatasi a inizio anno, e anche con un cambiamento di paradigmi nell’opinione pubblica, che vede l’espandersi in tanti Paesi di fenomeni preoccupanti come il populismo, spesso in contrasto con gli stessi principi cardine dell’Unione europea".

L’arcivescovo Antoine Hérouard si è detto colpito da come Leone XIV ha fatto riferimento “alle conseguenze economiche e sociali del conflitto ucraino sulla vita delle persone. Più fondi per rinforzare i sistemi di difesa e di sicurezza non possono corrispondere a meno aiuti per chi soffre o vive in difficoltà". Il vescovo lituano Rimantas Norvila, ha evidenziato come "pur non vedendosi ancora soluzioni concrete, oggi tutti i Paesi europei devono sentirsi coinvolti nell’obiettivo di fermare la guerra quanto prima".

Altro tema dell’udienza, le migrazioni. Il vescovo Nuno Brás da Silva Martins ha spiegato che da un lato, "c’è la necessità per l’Europa di accogliere i migranti anche per contrastare il calo demografico", dall’altra però si evince "una certa incapacità di integrare chi arriva ai nostri confini". Si tratta di una "problematica che riguarda il rispetto della persona in tutta la sua dignità", e che coinvolge "anche il tema delle radici cristiane dell’Europa". 

Leone XIV ha insistito molto sull’accompagnamento dei giovani e la trasmissione della fede. Il vescovo Kozon ha ricordato che in molti Paesi come Belgio e Paesi Bassi è in aumento la cancellazione dei registri battesimali, tema che riguarda sia i figli che si ribellano ai genitori dicendo di aver imposto loro una scelta di fede, sia l’ingerenza degli Stati nella vita della Chiesa e nell’organizzazione delle strutture della Chiesa, che rischia di mettere in discussione la libertà religiosa.

Secondo Kozon, "si potrebbe addirittura arrivare a una decisione da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo su questo punto, perché le persone che vogliono cancellarsi dai registri, spesso per motivi ideologici, lo fanno anche invocando la normativa europea sul trattamento dei dati personali".

Dunque, in pratica, ha spiegato padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece, se invece della "sola annotazione della volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica ('sbattezzo') a margine del nome, si andasse verso una cancellazione vera e propria del registro battesimale, questo sì porterebbe a un attacco alla libertà della Chiesa e a un mancato rispetto della sua autonomia".

Crociata ha poi notato che il Papa ha mostrato grande attenzione verso l’intelligenza artificiale, un argomento che “che coinvolge la disinformazione; il rispetto della dignità, della riservatezza, dell’identità e della libertà della persona; e che ha conseguenze sul piano del lavoro".

Messaggio congiunto COMECE – SECAM

La Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) e il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagar (SECAM) hanno rilasciato una dichiarazione comune in vista del Terzo Incontro Ministeriale tra l’Unione Africana e l’Unione Europea, che si è tenuto a Bruxelles lo scorso 21 maggio.

La dichiarazione aveva come titolo: “Perché sappiamo che le cose possono cambiare”. Nel testo, COMECE e SECAM chiedono una partnership rinnovata, giusta e centrata sulla popolazione tra l’Unione Europea e l’Unione Africana. Le due organizzazioni si dicono “preoccupate” del recente cambiamento nelle relazioni euro-africane, perché questo “rischia di mettere da parte la promozione della solidarietà e dello sviluppo umano integrale in favore di alcuni interessi definiti strettamente economici e geopolitici.

COMECE e SECAM lanciano quattro messaggi chiave: riorientare le politiche per proteggere gli ecosistemi africani e le comunità dalle pratiche di sfruttamento; promuovere la agroecologia; proteggere i sistemi di sementi gestiti dai fattori bannando l’esportazione di pesticidi molto pericolosi in africa; porre una fine al fenomeno del land grabbing e proteggere i sistemi generali che rispettano la sacralità della terra; supportare una visione di partnership che si basa sulla dignità di ogni popolo, il mutuo rispetto e l’ecologia integrale.

L’Africa – si legge nel messaggio – “non ha bisogno di carità, né ha bisogno di essere un campo di battaglia per interessi esterni. Ha bisogno di giustizia e di una partnership basata sul rispetto mutuo, sull’assistenza ambientale e sulla centralità della dignità umana”.

COMECE e SECAM hanno anche riconosciuto le buone intenzioni e i risultati positivi di alcuni progetti dell’Unione Europea che promuovono lo sviluppo umano, e hanno messo in guardia da “iniziativa che rischiano di replicare modelli estrattivi del passato, privilegiando aziende europee e obiettivi strategici al di sopra dei bisogni reali e le aspirazioni della popolazione africana.

                                                           FOCUS NUNZI

Il nunzio in Belarus ordinato vescovo

Ignazio Ceffalia, nominato lo scorso 25 marzo nunzio apostolico in Belarus, è stato ordinato arcivescovo il 22 maggio dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, appena tornato dal viaggio negli Stati Uniti. Ceffalia, ha detto Parolin, va ad assumere un impegno che consta di diverse sfide interne “di natura politica e socio-economica, ma anche religiosa per i rapporti con i nostri fratelli ortodossi, e di fronte alle tensioni regionali e continentali legate alla tragica guerra in corso in Ucraina, di cui non si vede purtroppo ancora la fine”.

Ceffalia è incardinato nella Chiesa cattolica greco bizantina degli Albanesi in Italia, e ha avuto comunque una lunga carriera diplomatica.

 “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano”. Il cardinale Parolin riprende questa citazione di Sant’Agostino, menzionata di recente da Leone XIV, per sottolineare come il ministero episcopale “è un dono del Signore per l'edificazione del suo corpo, che comporta una dedizione illimitata, per cui l'eletto non pensa più al proprio interesse, ma al bene di tutti”. Per il segretario di Stato i rappresentanti pontifici partecipano “in modo del tutto speciale a quella sollecitudine per tutte le Chiese che i Vescovi devono esercitare in forza della loro appartenenza al Collegio episcopale”.

Nell’omelia ripercorre infatti le varie esperienze del nunzio Ceffalia che, dopo aver completato i suoi studi, dal 2006 in poi è stato “in Ecuador, a Strasburgo, nella missione permanente presso il Consiglio d'Europa, in Segreteria di Stato come ufficiale della sezione per i rapporti con gli Stati, e infine in Venezuela” dove svolgeva il ruolo di incaricato d'affari della nunziatura Apostolica. Parolin, che è stato nunzio in Venezuela prima di essere chiamato a guidare la Segreteria di Stato della Santa Sede, ha ricordato che la missione a Caracas “è stata una missione particolarmente complessa per la situazione politica e socio-economica del Paese nella quale tuttavia hai potuto sperimentare la grazia del Signore, che secondo la dottrina tradizionale della Chiesa non fa mai mancare nulla a coloro che svolgono un compito particolare”.

Il Segretario di Stato vaticano ha esortato Ceffalia a custodire il dono dello Spirito Santo, lo ha incoraggiato a prendere ispirazione da Ignazio di Antiochia, ha ricordato che “il vescovo deve “mettere in conto la logica della croce” ma il suo cuore è “destinato a plasmarsi sul cuore di Cristo e a perpetuare nel mondo e nel tempo il prodigio della carità di Gesù”, prosegue il segretario di Stato riprendendo un discorso di Paolo VI ai vescovi italiani nel 1973. “È davvero bello, esaltante, è capace di riempire una vita l'essere messaggero, apostolo e maestro della manifestazione del Salvatore nostro Gesù Cristo”. Per il cardinale questa gioia e certezza di Gesù risorto che custodisce ogni persona, si riflette anche nel motto episcopale scelto del nuovo arcivescovo: “Ego autem in te speravi”, “io invece ho sperato in te”.

Va in pensione il nunzio Ivo Scapolo

L’arcivescovo Ivo Scapolo, nunzio in Portogallo, è andato in pensione lo scorso 23 maggio. Il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede ha sottolineato che l’arcivescovo ha rinunciato all’incarico avvalendosi della possibilità offerta dall’articolo 20 paragrafo 2 del regolamento presso le Rappresentanze Pontificie.

I nunzi hanno il privilegio di poter rinunciare al loro incarico al termine dei 70 anni, in anticipo rispetto agli altri arcivescovi, perché la loro posizione è parificata a quella dei diplomatici. Scapolo, 71 anni, ha deciso di avvalersi di questo privilegio. Entrato al servizio diplomatico della Santa Sede nel 1984, è stato nunzio in Bolivia, Rwanda, Cile e Portogallo.

Le rinunce dei nunzi apostolici sono pubblicate dal bollettino della Sala Stampa della Sede in seguito alle nuove norme stabilite dal Motu proprio “Imparare a congedarsi”, pubblicato il 15 febbraio 2018. Secondo il motu proprio, i nunzi seguono la stessa procedura di vescovi e capi Dicastero della Curia non cardinali: anche i rappresentanti pontifici “non cessano ipso facto dal loro ufficio al compimento dei settantacinque anni di età, ma in tale circostanza devono presentare la rinuncia al Sommo Pontefice”. Per essere efficace, la rinuncia dev’essere accettata dal Papa.

                                                           FOCUS ASIA

Che futuro per le relazioni Vietnam – Santa Sede?

Vietnam e Santa Sede sono ad un passo dal pieno stabilimento delle relazioni diplomatiche, e fino allo scorso anno era previsto un viaggio nel Paese del Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che portava ad un livello completamente successivo il rango delle relazioni. La visita sarebbe venuta a seguito dello stabilimento del primo rappresentante vaticano residente nel Paese, e non ebbe luogo per via di una difficile situazione sociopolitica.

I cattolici nel Paese, circa sei milioni, sperano in una visita del Papa, e c’era stata la possibilità di un passaggio di Francesco ad Hanoi per qualche ora nel suo lungo, ultimo viaggio in Asia a settembre 2024. Tuttavia, questo viaggio non ha potuto avere luogo.

Le relazioni tra Santa Sede e Vietnam erano deteriorate a partire dal 1975, specialmente nel tardo 1990 e l’inizio del 2000, quando ci furono tensioni riguardo la gestione di terre appartenenti alla Chiesa, in particolare quelle che riguardavano la parrocchia Thai Ha e la proprietà della ex delegazione apostolica vicina alla cattedrale di Hanoi. I cattolici protestarono pacificamente, le proteste furono soppresse con la forza, e Chiesa e Stato cominciarono così un’era di mancanza di fiducia reciproca.

A partire dal 2010, le cose cambiarono e si cominciò un silenzio, ma spedito, processo diplomatico. Nel 2011, la Santa Sede ha nominato un rappresentante non residente ad Hanoi, e nel 2023 è stato nominato l’arcivescovo Marek Zalewski come primo rappresentante papale permanente ad Hanoi.

Il Vietnam è stato portato a cambiare la sua posizione sia dalla pressione esterna di migliorare i diritti umani, e dal fatto che i cattolici in Vietnam sono sempre più importanti nello sviluppo socio economico. Così, per il Vietnam impegnarsi con il Vaticano migliora l’immagine diplomatica all’esterno e rafforza le relazioni all’interno.

Leone XIV ha mostrato da subito il forte impegno a continuare la mano tesa della Chiesa verso nazioni comuniste post-comuniste, ha viaggiato molto in Asia da cardinale, e conosce la Cina. Così, il Vietnam potrebbe diventare una delle prime nazioni asiatiche prese in considerazione per un viaggio da Leone XIV.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra, “un mondo per la salute”

Il 20 maggio, la Santa Sede ha preso parte alla 78esima Assemblea Mondiale della Sanità a Ginevra, intervenendo nel dibattito a seguito del rapporto del Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul tema “Un mondo per la salute”.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Balestrero ha sottolineato che “il diritto alla salute è un diritto umano fondamentale, fondato sulla dignità intrinseca data da Dio a ogni persona,” ma che questo diritto è “innegabilmente compromesso” in un momento di accresciute tensioni globali.

La Santa Sede considera l’Accordo Pandemico dell’OMS come “una opportunità per procedere su un percorso fondato sulla cooperazione multilaterale, sulla giustizia sociale o sull’unità”, e per questo la Santa Sede “incoraggia tutti gli Stati membri a lavorare con urgenza e in modo costruttivo”.

Secondo la Santa Sede, “un impegno veramente globale per la salute richiede la disponibilità a «intraprendere un nuovo cammino, fiduciosi che, lavorando insieme, ciascuno secondo la propria sensibilità e responsabilità, può costruire un mondo in cui tutti possano condurre una vita autenticamente umana nella verità, nella giustizia e nella pace”

La Santa Sede all’ONU di New York, la protezione dei civili in guerra

Il 23 maggio 2025, l'Arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha rilasciato una dichiarazione durante il Dibattito Aperto del Consiglio di Sicurezza sulla Protezione dei civili nei conflitti armati.

Il nunzio si è detto preoccupato per il crescente numero e intensità dei conflitti armati in tutto il mondo, sottolineando in particolare le sofferenze inflitte alle popolazioni civili.

L’arcivescovo Caccia ha messo in luce la necessità di concentrare gli sforzi sulla protezione della persona umana e ha ribadito la necessità di porre fine all’uso di armi che colpiscono indiscriminatamente civili e militari, come mine antiuomo, e munizioni a grappolo, interrompendo l’impiego di armi esplosive nelle aree popolate.

L'Arcivescovo ha inoltre espresso preoccupazione per il crescente utilizzo di tecnologie nuove ed emergenti a fini militari, soprattutto quando tale uso potrebbe danneggiare i civili. Ha sottolineato il sostegno della Santa Sede a uno strumento giuridicamente vincolante che proibisca i sistemi d'arma autonomi letali (LAWS).