Beirut , domenica, 30. novembre, 2025 17:20 (ACI Stampa).
“Beati gli operatori di pace”. L’esordio di Leone XIV davanti al corpo diplomatico e alla società civile di Beirut racconta già, in qualche modo, il senso del passaggio del pontefice nella Terra dei Cedri, nel “Paese messaggio”, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II. Un messaggio di pace che si lega idealmente al messaggio di unità della prima tappa del viaggio, laddove, insieme al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, ha anche ribadito che nessuna religione può fare la guerra in nome di Dio. Un messaggio che il Papa unisce ad un diritto che sembrava messo da parte in questi ultimi anni: quello di restare nella propria terra, prima ancora che di migrare.
C’è, dunque, un filo rosso che unisce Libano e Turchia. Leone XIV arriva a Beirut nel giorno di Sant’Andrea, dopo un’intensa prima parte della giornata che lo ha visto, ancora una volta, con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo. L’accoglienza in aeroporto, l’incontro con il presidente Joseph Aoun eletto dopo due anni di stallo istituzionale, la piantumazione di un albero di cedro, fanno da preludio all’incontro del Papa con il corpo diplomatico, il primo appuntamento di tutti i viaggi apostolici del Papa.
A loro, Leone XIV offre un discorso denso, tutto dedicato alla pace e agli operatori di pace, a questa “speciale beatitudine” che riguarda proprio gli uomini della società civile libanese, a fronte di “milioni di libanesi, qui e nel mondo intero, che servono la pace silenziosamente, giorno dopo giorno”. Perché in quella terra “pace è molto più di una parola”, ma è piuttosto “un desiderio e una vocazione, è un dono e un cantiere sempre aperto”.
Nel suo discorso, il presidente Joseph Aoun ha notato che la devozione a Maria in Libano è tale che il giorno dell’annunciazione è diventata festa nazionale, “con celebrazioni che non hanno eguali”. E ricorda che il Libano è anche terra “di grandi santi, tra i quali San Charbel”, la devozione per il quale ha incarnato la sua unità. Ad accogliere il Papa, dice il presidente, è “un Paese unico nel suo governo”, un Paese concepito sulla libertà e che “si fonda su una costituzione” che sancisce l’uguaglianza tra le religioni, e in questo “risiede l’unicità del Libano”. E sottolinea che “se in Libano i cristiani scomparissero”, ma anche “ogni danno alla comunità musulmana” andrebbe a destabilizzare il Paese e “mettere a rischio la giustizia”, e la caduta del Libano “andrebbe a favorire la crescita dell’estremismo, della violenza e dello spargimento di sangue nella nostra regione e nel mondo”.
Il presidente Aoun ribadisce che la Santa Sede ha sempre compreso questa unicità del Libano, notando l’apporto dei Papi – fino a Benedetto XVI che consegnò proprio in Libano l’esortazione post-sinodale per il Medio Oriente. E implora il Papa di dire al mondo che i libanesi “resteranno lì”, non moriranno e creeranno “giorno dopo giorno una vita degna di essere vissuta”, e di dire al mondo allo stesso modo che il Libano resta “l’unica comunità di dialogo” non solo nel Medio Oriente, ma nel mondo intero, perché “ciò che in Libano tiene insieme il mondo stesso non può tenere, e ciò che il Libano unisce nessuna forza può separare”.





