Il papa si sofferma sulla vita quotidiana di oggi, in cui “il troppo fare, invece di darci pienezza” diventa molto spesso “un vortice che ci stordisce, ci toglie serenità, ci impedisce di vivere al meglio ciò che è davvero importante per la nostra vita”. Ed è così che allora ci sentiamo "stanchi, insoddisfatti: il tempo pare disperdersi in mille cose pratiche che però non risolvono il significato ultimo della nostra esistenza. A volte, alla fine di giornate piene di attività, ci sentiamo vuoti. Perché?". E papa Leone XIV risponde allora a quest'altra domanda: "Perché noi non siamo macchine, abbiamo un "cuore", anzi, possiamo dire, siamo un cuore. Il cuore è il simbolo di tutta la nostra umanità, sintesi di pensieri, sentimenti e desideri, il centro invisibile delle nostre persone". E, in merito, cita l'evangelista Matteo che ci invita a “riflettere sull'importanza del cuore”: “Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”, così l'evangelista.
La meditazione, poi, si concentra sul cuore degli uomini che conserva - secondo il pontefice - “il vero tesoro, non nelle casseforti della terra, non nei grandi investimenti finanziari, mai come oggi impazziti e ingiustamente concentrati, idolatrati al sanguinoso prezzo di milioni di vite umane e della devastazione della creazione di Dio” sottolinea papa Leone XIV.
E poi, continua: “Leggere la vita nel segno della Pasqua, guardarla con Gesù Risorto, significa trovare l'accesso all'essenza della persona umana, al nostro cuore: cor inquietum”. Cor inquietum, espressione che il pontefice mutua da sant'Agostino: espressione che “ci fa comprendere lo slancio dell'essere umano proteso al suo pieno compimento”.
"L'inquietudine è il segno che il nostro cuore non si muove a caso, in modo disordinato, senza un fine o una meta, ma è orientato alla sua destinazione ultima, quella del "ritorno a casa". E l'approdo autentico del cuore non consiste nel possesso dei beni di questo mondo, ma nel conseguimento di ciò che può colmarlo pienamente, ovvero l'amore di Dio, o meglio, Dio Amore" ribadisce papa Leone XIV. Ed è in questo discorso che si inserisce l'amore per il prossimo: "Solo amando il prossimo che si incontra lungo il cammino: fratelli e le sorelle in carne e ossa, la cui presenza sollecita e interroga il nostro cuore, chiamandolo ad aprirsi ea donarsi. Il prossimo ti chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi, a volte di cambiare programma, forse anche di cambiare direzione" sottolinea il papa.
Infine, un invito che diviene anche esortazione: "Nessuno può vivere senza un significato che vada oltre il contingente, oltre ciò che passa. Il cuore umano non può vivere senza sperare, senza sapere di essere fatto per la pienezza, non per la mancanza".
Dopo i saluti e i riassunti della meditazione del papa nelle diverse lingue, nei saluti in lingua italiana il pontefice si è soffermato sull'importanza del Presepe, simbolo "non solo di fede ma anche della cultura e dell'arte cristiana". Poi, la recita del Pater noster e la benedizione finale.
Aggiornato alle 11,06
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